Home » News » Cronaca » Team antiviolenza nei pronto soccorso di tutti gli ospedali del Lazio

Team antiviolenza nei pronto soccorso di tutti gli ospedali del Lazio

Pubblicato il

Nei pronto soccorso di tutti gli ospedali del Lazio saranno operativi a breve team composti da personale medico e infermieristico capace di riconoscere subito i segni della violenza. E quanto prevede la “Campagna di formazione e implementazione del percorso clinico–assistenziale in emergenza delle vittime di violenza”, presentata questa mattina nella sede della Giunta regionale a tutti i responsabili delle strutture dell’emergenza da Cecilia D’Elia che presiede la Cabina di regia sulle violenze di genere e da Flori De Grassi, responsabile della Direzione salute e integrazione socio sanitaria. La formazione riguarderà in questa prima fase il personale in servizio nei Dea selezionati dalle direzioni sanitarie a loro poi spetterà il compito di “formare “ i colleghi. L’obiettivo è quello di consentire di conoscere il fenomeno della violenza di genere, di riconoscere i segnali della violenza subita, di interagire con i vari operatori coinvolti al fine di garantire l’attivazione di una “Rete” in grado di proteggere le donne e i bambini, coinvolgendo Forze dell’ordine, Polizia locale, servizi sociali territoriali, associazioni e centri anti stalking. Questa rete dovrà essere in grado di riconoscere e segnalare i casi di violenza anche se la vittima non ha necessità di ricorrere alle cure mediche.

“Medici ed infermieri – spiega Cecilia D’Elia – sono spesso le prime e non raramente le uniche persone, esterne al nucleo familiare, che arrivano a vedere le conseguenze fisiche e psichiche della violenza. E’ molto importante che sappiano quindi accogliere le domande delle donne“.

Il progetto prevede l’attivazione di una sorta di percorso assistito protetto. “La sospetta vittima – dice la dottoressa De Grassi- dovrà essere accompagnata in una stanza dedicata che garantisca tranquillità e dotata di tutto ciò che si rende necessario per la visita e l’eventuale accesso in borghese di polizia o carabinieri, per raccogliere testimonianza o denuncia. Questo per impedire lo stillicidio di domande ripetute all’infinito che acutizzano il trauma o anche solo per far si che la vittima non debba sentir dire ‘questo non è di mia competenza”. L’assistenza psicologica e “materiale” scatta invece nella presa in carico successiva, dove entreranno in gioco i centri anti-violenza o altre associazioni di aiuto.

Impostazioni privacy