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L’isola popolata più piccola al mondo, ecco dove si trova e la sua incredibile storia

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L’isola popolata più piccola al mondo si trova al largo dell’Oceano Pacifico Meridionale, per intenderci, precisamente tra Nuova Zelanda e Sud America. L’isola Pitcairn è la seconda isola per estensione del territorio britannico delle Isole Pitcairn e l’unica abitata; su di essa si trova la capitale, Adamstown. La superficie è di 4,6 km². La popolazione di Pitcairn ha raggiunto un picco di 223 abitanti immediatamente prima della Seconda Guerra Mondiale, ma ultimamente alla preoccupazione per la sovrappopolazione si è sostituita quella per lo spopolamento, in quanto gli isolani vanno in cerca di migliori opportunità in Nuova Zelanda e in altri paesi. Nel 1956 gli abitanti dell’isola erano 161, nel 1961: 126, nel 1966: 96 e nel 1976: 74. Per tutti gli anni ottanta e novanta la popolazione dell’isola ha oscillato tra i 40 e i 50 abitanti. Ora sono molte le case disabitate o cadenti e la carenza di opportunità potrebbe determinare un eccessivo peggioramento del tenore di vita. L’inaccessibilità dell’isola rappresenta da tempo il problema principale: successivamente alla scoperta dell’insediamento infatti, per anni le navi per la caccia alle foche e quelle passeggeri che seguivano la tratta da Panama alla Nuova Zelanda facevano regolarmente scalo a Pitcairn, ma i moderni viaggi aerei hanno ridotto i contatti dell’isola alla visita degli yacht ed a quella delle poche navi da carico che hanno motivi per attraccarvi, nonché a quella delle occasionali navi da crociera che vi sostano. È su questo lembo di terra, posto 2200 km a est di Tahiti, dove i famosi ammutinati del Bounty si stabilirono nel 1790. I loro discendenti hanno conservato le tombe dei loro antenati, e qualche oggetto proveniente dalla nave ribelle.

L’AMMUTINAMENTO DEL BOUNTY
Il Bounty era una nave mercantile acquisita dalla marina militare inglese per una missione botanica: doveva attraversare il globo per raggiungere Tahiti, prelevare alcuni esemplari di albero del pane e trasportarli nei Caraibi. Per comandare la missione venne scelto il capitano Bligh, un ufficiale al suo primo comando. All’ epoca Bligh aveva già 45 anni – un’età piuttosto avanzata per un primo comando, che di solito, agli ufficiali più brillanti, capitava molto prima in carriera. Il Bounty partì da Spithead in Inghilterra nel dicembre del 1787Il viaggio fino a Tahiti durò un anno e comprese un intero mese di tentativi infruttuosi di doppiare Capo Horn, sulla punta del Sud America. Il maltempo impedì al Bounty di passare nel Pacifico, e quindi Bligh fu costretto a scegliere la rotta più lunga, passando dal Capo di Buona Speranza (all’estremità meridionale del continente africano). Il ritardo accumulato costrinse la nave a restare ferma a Tahiti per cinque mesi, aspettando che gli alberi del pane arrivassero a una maturazione sufficiente per permetterne il trasporto.Quei cinque mesi, probabilmente, furono la causa dell’ammutinamento. L’equipaggio si trasferì a terra e visse insieme agli indigeni tahitiani – all’epoca a Tahiti non c’era un insediamento europeo. Stando al giornale di bordo, in quei cinque mesi di sosta l’equipaggiò si divertì parecchio. I 44 marinai avevano passato un intero anno, stretti l’uno contro l’altro, a bordo di una nave lunga appena una trentina di metri ed esposti per intere settimane al freddo e alle tempeste di Capo Horn. Gli abitanti di Tahiti si rivelarono sorprendentemente ospitali, tanto che il medico di bordo cominciò a preoccuparsi per la diffusione di malattie veneree tra i marinai. Da questo punto in poi, la ricostruzione degli storici diventa piuttosto divergente. Secondo il racconto popolare, immortalato nei vari film di Hollywood, Bligh per recuperare il ritardo accumulato raddoppiò il rigore e la disciplina a bordo. Già durante il viaggio di andata Bligh era stato un comandante piuttosto duro, ma una volta partiti da Tahiti Bligh punì e umiliò così tanto i suoi marinai da portarli all’ammutinamento. In realtà, stando al giornale di bordo, Bligh non era peggiore della media dei capitani di nave della Royal Navy dell’epoca. Anzi, era persino più tenero, non che oggi la chiameremmo tenerezza. Le fonti storiche sono più o meno concordi nel dire che Bligh non fosse un comandante proprio piacevole, ma nemmeno abbastanza duro da giustificare un ammutinamento, cioè il reato più grave che un marinaio potesse commettere: garantiva una caccia spietata da parte della Royal Navy, che non lesinava sforzi per catturare gli ammutinati, e una condanna a morte per impiccagione. Secondo questa ricostruzione – in qualche modo giustificata dagli eventi successivi – più che dalla dura disciplina di Bligh, l’ammutinamento fu giustificato dal desiderio di alcuni marinai, capeggiati da Christian Fletcher, di tornare a Tahiti dalle tahitiane: quasi tutti dopo l’ammutinamento si sposarono con una di loro. L’equipaggio, in fondo, era costituto da marinai inesperti che dopo un lungo viaggio erano stati sottoposti a un lungo periodo, diciamo, di mollezze. Quale che fosse il motivo, il 28 aprile del 1789 circa 16 marinai, guidati da Fletcher, si impossessarono delle armi di bordo, fecero irruzione nella cabina del capitano e lo fecero prigioniero. Il resto dell’equipaggio non era nemmeno stato informato dell’ammutinamento, ma quando vide Bligh legato e minacciato da Fletcher con una baionetta, non oppose alcuna resistenza.

IL VIAGGIO DI BLIGH
Bligh venne costretto a imbarcarsi su una scialuppa lunga appena 7 metri insieme ad altri 16 marinai, tra cui anche il chirurgo di bordo. Gli ammutinati lasciarono a Bligh un sestante e un orologio da tasca, per permettergli di calcolare la longitudine e quindi riuscire a navigare, e provviste sufficienti per qualche settimana. Non c’erano insediamenti facili da raggiungere, così Bligh fu costretto a condurre la scialuppa in un lungo viaggio per cercare di raggiungere un porto sicuro. Nel corso del viaggio Bligh e gli altri 16 marinai soffrirono la sete e la fame, dovettero lottare contro il mare agitato e vennero inseguiti dai cannibali. Dopo 47 giorni di viaggio e più di seimila chilometri, Bligh riuscì a condurre la scialuppa dall’isoletta di Tofua, nel mezzo del Pacifico, per più di seimila chilometri fino all’isola di Timor, in Indonesia. Da lì tornò in Inghilterra, dove denunciò l’ammutinamento. Abbandonato Bligh, Fletcher diresse il Bounty verso Tahiti per fare rifornimento e imbarcare provviste e, soprattutto, le donne con cui i marinai avevano stabilito una relazione nei cinque mesi di sosta forzata nell’isola. Fletcher e gli altri non potevano rimanere a Tahiti: l’isola si trovava sulle rotte della marina britannica e non potevano correre il rischio di venire scoperti. Sedici uomini vennero sbarcati: si trattava di marinai che non avevano partecipato all’ ammutinamento oppure che avevano deciso di correre il rischio di farsi catturare dalla marina pur di restare a Tahiti. Fletcher riprese il mare con otto marinai a bordo, sei uomini tahitiani, 18 donne e un bambino.Nella loro ricerca di un posto sicuro dove nascondersi scartarono diverse isole fino a che non si imbatterono in Pitcairn, una piccola isola disabitata la cui posizione era stata registrata in maniera errata sulle carte geografiche. Fletcher fece sbarcare il suo equipaggio ed incendiò la nave. L’isola aveva abbastanza cibo ed acqua dolce per tutto il piccolo equipaggio e sembrava il luogo ideale dove cominciare una nuova esistenza, ma la vita degli ammutinati fu caratterizzata per molti anni successivi da omicidi e violenze.

Fletcher fu probabilmente uno dei primi ammutinati a morire, ucciso durante una ribellione dei maschi tahitiani. Nella stessa ribellione morirono altri quattro ammutinati, mentre tutti e sei i tahitiani furono uccisi per rappresaglia dagli altri tre ammutinati oppure dalle vedove dei marinai uccisi. I sopravvissuti si presero le mogli dei loro compagni morti. Alla rivolta seguì qualche anno di pace, fino a quando uno degli ammutinati riuscì a distillare una bevanda alcolica dalle piante dell’isola.I sopravvissuti, spesso ubriachi, cominciarono ad essere sempre più violenti, anche nei confronti delle loro mogli, che a loro volta si rivoltarono. Nel frattempo l’isola si popolava di decine di bambini. Gli ammutinati intanto, sempre per questioni di alcol o di donne, continuarono ad uccidersi tra di loro, fino a che rimase vivo soltanto uno di loro, John Adams. A quel punto la popolazione dell’isola contava un uomo, 8 donne e diverse decine di bambini. In pochi anni, su 15 maschi originariamente sbarcati a Pitcairn, soltanto due erano morti per cause naturali.

PITCAIRN OGGI 

L’isola venne riscoperta nel 1808 da una nave americana di passaggio e la notizia del rifugio trovato dagli ammutinati del Bounty si diffuse nel mondo. Nel 1825 Adams ricevette il perdono reale e morì quattro anni dopo. La sua tomba è l’unica ancora identificabile tra tutte quelle degli ammutinati del Bounty. Nel 1856 a Pitcairn abitavano 194 persone, tutti discendenti dei 9 marianai sbarcati dal Bounty. Quell’anno il governo britannico decise di trasferirli visto che l’isola non sembrava più in grado di mantenerli. La destinazione che venne scelta fu l’isola di Norfolk, un’ex colonia penale, dove i discendenti degli ammutinati arrivano l’8 giugno 1856, la data che da allora viene celebrata nel Bounty Day.

Oggi Norfolk appartiene all’Australia, ha circa duemila abitanti, di cui più o meno la metà sono diretti discendenti degli ammutinati del Bounty. Nell’Ottocento alcune famiglie ritornarono da Norfolk a Pitcairn – che invece appartiene al Regno Unito – dove ora vivono 50 persone, a loro volta tutte discendenti degli ammutinati. Il Bounty Day a Pitcairn si festeggia il 23 gennaio, il giorno in cui venne bruciato il Bounty. Sia a Norfolk che a Pitcairn si parla uno strano miscuglio di tahitiano e inglese settecentesco, infarcito di parole del gergo marinaresco. La religione più diffusa è l’Avventismo del settimo giorno, un movimento religioso protestante, importato da alcuni missionari alla fine dell’Ottocento. Nel 2003 è nato il primo bambino che appartiene alla nona generazione degli ammutinati del BountySia Pitcairn che Norfolk negli ultimi anni hanno avuto una storia travagliata che ha in qualche modo ricordato il passato burrascoso degli ammutinati. A Norfolk una donna australiana è stata uccisa nel 2002, il primo omicidio sull’isola dal 1893. Nel 2004 venne ucciso il governatore dell’isola. In entrambi i casi i colpevoli vennero trovati con molta fatica, secondo alcuni a causa della lealtà che lega i discendenti degli ammutinati e che ha reso difficili le indagini.

A Pitcairn, nel 2004, una commissione mista di giudici inglesi e australiani, ha condannato sei uomini (poco meno di metà dei maschi adulti dell’isola) per pedofilia e violenza sessuale. Nei mesi precedenti una ventina di donne avevano denunciato una lunga serie di abusi sessuali anche nei confronti di numerosi bambini. Secondo la sentenza l’isolamento di Pitcairn, che non ha una pista di atterraggio e può essere raggiunta soltanto in nave o con un idrovolante, ha permesso lo sviluppo nell’isola di una tolleranza per la promiscuità sessuale anche nei confronti dei più giovani. I sei condannati hanno passato 4 anni in una prigione sull’isola e sono stati rilasciati nel 2010. Il 29 ottobre 2012 la replica del Bounty, costruita per il film del 1962 (quello con Marlon Brando) è stata affondata dall’uragano Sandy. La Guardia costiera riuscìa salvare tutti i membri dell’equipaggio, tranne due. Oltre che nell’Ammutinamento del Bounty, la nave era comparsa anche nel film Pirati dei Caraibi.

 

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