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Conosciamo bene il nostro futuro?

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Oggi ci sentiamo bombardati da milioni di notizie prese da siti e giornali più o meno credibili e non sappiamo più con certezza se tali notizie sono attendibili. Pochi giorni fa sono rimasto colpito da un articolo molto interessante pubblicato su un noto giornale nazionale dal titolo “L’aumento dell’Iva è inevitabile” dove si parlava della nostra politica fiscale eccessivamente sperequativa e di un allarme lanciato dalla Corte dei Conti pubblicato nell’annuale rapporto sulla finanza pubblica. A quanto pare, le troppe agevolazioni ed esenzioni fiscali portano l’Italia ad essere il secondo Paese al mondo per erosione della base imponibile, il che riduce i margini di manovra della nostra politica fiscale. La legge di Stabilità 2016 ha previsto, per il 2017, l’aumento dell’IVA ordinaria dal 22 al 24% e quella agevolata dal 10 al 13%; nel 2018, invece, si passerà dal 24 al 25%. Il tutto senza bisogno di nuove disposizioni legislative: l’aumento è stato, infatti, già programmato nell’ ultima manovra di fine anno che ha vincolato lo scatto dell’IVA al mancato conseguimento dei risultati di bilancio collegati al recupero dell’evasione (voluntary disclosure). Ebbene, secondo la Corte dei Conti non si potrà evitare l’incremento dell’imposta sul valore aggiunto se non si tagliano le spese fiscali, strada che, invece, il governo dimostrerebbe di non voler intraprendere essendo piuttosto orientato a tentare soluzioni per ridurre l’Irpef e l’Irap. La Legge di Stabilità ha posto delle clausole di salvaguardia a garanzia di alcuni risultati economici posti dal governo riguardo ad esempio alla crescita del PIL e del  taglio alle spese per l’obbligo da parte  dell’Europa alla riduzione del debito pubblico italiano. In riferimento a queste notizie, secondo molti, visto l’andamento dell’economia italiana che non riesce a decollare, questo aumento dell’IVA porterebbe di nuovo ad uno stallo economico e ad una inflazione negativa e che danneggierebbe ancor di più le tasche degli italiani con il risultato di ridurre ancora di più il mercato ed i consumi dei cittadini. Siamo una delle nazioni con meno servizi ai cittadini e con la più alta tassazione. Questo innalzamento dell’IVA, se ci dovesse essere, comporterebbe sicuramente un decremento dei consumi, portando così meno soldi alle casse dell’erario. Se fosse vero, il tanto decantato governo Renzi, avrebbe sicuramente una brusca ricaduta in termini di consensi, rivitalizzando i partiti di protesta e contrari all’Europa e all’Euro, in ultima analisi il contesto sociale verrebbe ancor più frammentato con l’aumento della povertà delle famiglie italiane. Facciamo tutto questo per garantire interessi agli speculatori, per risanare banche che per anni hanno sperperato soldi, per alimentare la corruzione dai soldi pubblici a discapito della gente che fatica a crearsi un futuro e non ha più prospettive.

Quale ricetta? Forse io non sarò un economista eccelso, però mi sento di poter credere che le soluzioni non siano solo l’innalzamento della tassazione, è una logica medievale, e direi scoraggiante per i cittadini e per l’impresa italiana. Diciamo da anni che una delle problematiche italiane è proprio l’alta tassazione oltre alla certezza del diritto in tempi ragionevoli. Siamo imprigionati da leggi inadeguate e burocrazia, però non riusciamo da almeno 15 anni a fare delle leggi finanziarie (oggi legge di stabilità) per cominciare a ridurre sensibilmente la pressione fiscale.

Come fare? Il primo obiettivo è la razionalizzazione delle spese, nessun governo ha mai veramente potuto farlo oggi. Ci accorgiamo che i partiti e movimenti politici si sostengono grazie alle lobby (centri di potere economico) che impediscono di fare una politica di ridimensionamento dello stato. Oggi nemmeno l’incaricato dal governo  Raffaele Cantone magistrato in aspettativa, riesce a dare risposte significative per l’anticorruzione. Serve riformulare il diritto di società per le ditte che lavorano con il pubblico, come ad esempio snellire gli organi e  facilitare il controllo. Le imprese private che svolgono lavori/servizi per lo stato non devono fallire. E’ necessario che la procedura di fallimento comporti norme coercitive, forti sanzioni e procedure penali per i proprietari delle società,  per revisori e collegi sindacali dove previsti. Potrei andare troppo sul tecnico, credo fortemente che per uscire a testa alta da questa crisi e da questa situazione critica dobbiamo obbligatoriamente mettere persone adeguate e con capacità a gestire la cosa pubblica altrimenti saremo perdenti e soprattutto la nostra nazione non avrà futuro.

 Sperandio Nazareno

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