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ASSISTENTI DOMICILIARI: BOTTA E RISPOSTA SULLA POLEMICA DEI PAGAMENTI

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Assistenza domiciliare a pagamento per chi supera il reddito ISEE di 7500 euro annui. Su questa decisione presa dall’Amministrazione comunale di Pomezia si sono scatenate le polemiche ed anche le denunce, partite da Giampiero Castriciano, presidente di della Onlus Vialibera, e da Città Nuove.”

“Con tanto di lettera formale – ha spiegato Castriciano – il Comune di Pomezia  invita gli utenti del servizio di assistenza domiciliare e le loro famiglie a dichiarare l’ammontare del reddito familiare ai fini di stabilire una quota contributiva a carico dell’assistito. La medesima lettera minaccia che, qualora tali redditi non vengano tempestivamente comunicati, il Comune provvederà a far pagare per intero allo stesso assistito il servizio erogato. Insomma, centinaia di famiglie e di assistiti, talora anche gravissimi e con notevoli disagi economici, potrebbero rischiare l’abbandono totale o l’accollo di cifre non sostenibili. Norma illegittima quella del Comune, sancita tra l’altro dal Regolamento comunale per l’assistenza e da una delibera consiliare (la n. 19 del 17.01.2012). Tale illegittimità è stata sottolineata con una nota ufficiale inviata dall’Associazione Vialibera Onlus al sindaco, al presidente del Consiglio comunale, all’assessore alle Politiche sociali e al dirigente del relativo Settore che, prima di firmare i provvedimenti amministrativi, avrebbe il dovere di verificarne la rispondenza alle norme in materia”.

A rimarcare la situazione Città Nuove. “Dopo i proclami dell’assessore al bilancio che poco tempo fa rassicurava la cittadinanza della buona tenuta finanziaria del Comune di Pomezia, oggi dobbiamo ricrederci allorquando apprendiamo che per fare cassa si chiede ai malati di contribuire al servizio di asssistenza domiciliare. Un grave atto contra legem che ci ha spinti ha promuovere una diffida formale nei confronti del Settore V del Comune e chiedere un intervento immediato del Prefetto di Roma e del Ministro. La richiesta formulata, apparentemente sembra legittima salvo celare una velata minaccia a coloro che nel termine prestabilito non forniscano la documentazione. Ad essi  verrá applicata la somma di contribuzione pari al 100% del servizio cioè 19 euro l’ora. Un’enormità se si pensa che un malato affetto da infermità usufruisce di almeno 6 ore settimanali di assistenza che al mese fanno quasi 500 euro”. “L’aspetto più grave tuttavia è un altro – proseguono da Città Nuove – Il settore V nell’emettere il dispositivo viola palesemnete l’articolo 3 comma 2-ter del Decreto Legislativo 109/98 che prevede in riferimento al reddito la base di calcolo non deve avvenire in base ai dati finanziari del nucleo familiare ma occorre considerare la situazione economica del solo assistito. I destinatari non devono fornire l’Isee del proprio nucleo familiare ma solo quello riferito alla persona che gode del servizio di assistenza. Impropriamente, quindi il Comune avanza tale richiesta al solo fine di allargare la base di contribuenti e coprire i costi in spregio alla normativa nazionale che costituisce legge quadro di settore. Si aggiunga che i destinatari del dispositivo sono persone in difficoltà, fasce deboli della società che oltre a lottare quotidianamente debbono anche difendersi da quelle istituzionali che dovrebbero tutelarli. l’enormità del provvedimento è aberrante. Questo è il motivo che ci ha portato ha presentare formale diffida al Comune ed a richiedere l’intervento urgente del Prefetto e degli uffici di controllo della pubblica amministrazione del sig. Ministro anche perchè non si comprende come un Ufficio amministrativo possa agire oltre la legge spingendosi a violarla”

Alle dure accuse oggi è arrivata la risposta dell’Assessorato alle Politiche Sociali, che ha indetto una conferenza stampa proprio sulla modifica al regolamento in materia di assistenza domiciliare. “Dopo le polemiche dei giorni scorsi – hanno dichiarato l’Assessore Rosaria Del Buono e il Dirigente Trabocchini  – vogliamo spiegare le ragioni che hanno spinto l’Amministrazione comunale a modificare il regolamento comunale in materia introducendo un contributo a carico degli utenti che usufruiscono dell’assistenza domiciliare in base all’ISEE del nucleo familiare convivente”. “La modifica al regolamento, condivisa con le parti sociali – ha dichiarato Rosaria Del Buono – ha come principale obiettivo quello di smaltire la lista che conta circa 150 cittadini in attesa di ricevere ore di socioassistenza, a fronte di 104 cittadini che usufruiscono invece del servizio, completamente gratuito. Viste le condizioni economiche in cui versano i Comuni e i tagli al Fondo sociale nazionale, l’Amministrazione ha scelto di mantenere intatto lo stanziamento annuale in bilancio, che ammonta a1 milione e 700 mila euro tra assistenza domiciliare e scolastica, ma di agganciare al reddito la prestazione sociale, chiedendo un contributo in base all’ISEE del nucleo familiare convivente”. Fino a 7.500 euro ISEE il servizio rimane quindi totalmente gratuito, mentre da quella soglia in poi sono previste percentuali di contribuzione in base alle fasce di reddito. “Contributi  -hanno proseguito l’assessore ed il dirigente – che verranno reinvestiti nel servizio per smaltire la lista di attesa e ridistribuire il monte ore garantendo la socioassistenza a quanti più cittadini possibile. La scelta sul nucleo familiare convivente piuttosto che su quello dell’assistito è pensata per evitare discriminazioni nei confronti di quegli utenti che vivono soli o di quei nuclei familiari in cui è solo l’assistito a percepire reddito. Una scelta dettata da una politica di giustizia sociale, che ci permetterà inoltre di avere un quadro chiaro sui redditi di coloro che usufruiscono da anni del servizio, con la volontà, se necessario, di rivedere le fasce di reddito e le percentuali di contribuzione”.

Il dubbio da chiarire – magari da parte delle forze dell’ordine – è soprattutto quello relativo all’effettivo utilizzo delle assistenti, oltre che, ovviamente, capire se chi usufruisce del servizio ha possibilità economiche talmente alte da potersi rivolgere all’assistenza privata, per permettere così a chi è ancora in lista di accedere all’assistenza domiciliare pubblica.

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