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#IostoconAmina: continua la disperata lotta contro la burocrazia di una mamma per salvare la figlia

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“Una vita rovinata da errori medici, iniziati quando aveva appena due anni. Nessuno potrà mai ridare la salute ad Amina, che adesso ha 33 anni e vive costretta in un letto. Ma qualcuno deve ridarle la dignità che le vogliono continuare a strappare. L’appello disperato arriva da Rita Basso, mamma e tutore legale di Amina, che sta combattendo una battaglia contro la Asl per veder riconosciuto il diritto di sua figlia ad avere un’assistenza medico-sanitaria adeguata e specifica, l’unica che le permetterebbe di continuare a vivere. L’alternativa, come spiega in maniera chiarissima Rita, è la morte.” Con queste parole iniziava il servizio pubblicato dalla nostra redazione lo scorso dicembre e ad oggi, a distanza di altri due mesi ancora nulla o quasi è cambiato. In tanti si sono mossi, anche al livello economico, per aiutare la mamma di Amina ma è al livello delle Istituzioni che si registra ancora un assurdo quanto inspiegabile immobilismo. 

La storia di Amina è ormai nota a molte persone grazie a Facebook, dove è stata creata la pagina “Io sto con Amina”: seguita da 4200 persone, qui ogni giorni arrivano numerosi messaggi di persone che incoraggiano la famiglia e si espongono per richiedere alla Asl e alla Regione Lazio un intervento immediato. A comunicare le ultime novità è ancora la mamma con una lunga lettera recapitata alla nostra redazione. 

Non c’è pace per la mamma di Amina: continua il ‘braccio di ferro’ con le istituzioni, tra un silenzio e l’altro, ecco la sua storia

“Dal licenziamento dell’ultima badante per problemi familiari – racconta la mamma di Amina – il sussidio era stato temporaneamente sospeso, con l’accordo che sarebbe ripartito nel momento in cui avessi trovato una badante in grado di gestire Amina. Ho passato più di un anno nella estenuante ricerca di una badante ma viste le condizioni serie di Amina, in molte sono venute a fare la prova, per poi andare via dopo pochi giorni. Prove chiaramente pagate da me e documentate. Nel frattempo proseguivo con la richiesta dell’assistenza infermieristica domiciliare. Nello stesso mese in cui ci concedono gli infermieri, troviamo la persona giusta per aiutare sia la mia famiglia e sia le infermiere. Un angelo nel vero senso della parola, che ha accettato di lavorare anche grazie alla presenza del personale infermieristico. Premetto che per un errore da parte della ragioneria del comune di roma mi erano stati versati tre mesi di sussidio dopo la sospensione (soldi rimasti sul conto di Amina e, sempre da accordo, sarebbero stati usati nei primi 3 mesi con la nuova assunzione)”.

Iniziano i problemi

“Inizio a mandare mail all’unico contatto che avevo del servizio assistenza indiretta e a provare a telefonare. Nessuno rispondeva mai al telefono e né tanto meno alle mail. Alla badante regolarmente assunta, inizio a pagare lo stipendio con le mensilità erogate per errore dal Comune: confidando nel fatto che a breve qualcuno mi rispondesse o via mail o per telefono e venisse riattivato il sussidio. Scopro per caso dopo quasi 2 mesi, che la persona alla quale inviavo le mail non era più responsabile del servizio assistenza indiretta. Mi vengono dati i nuovi riferimenti (nome e numero di telefono di un’altra referent), provo a chiamare per sapere quando poter portare la documentazione utile per il ripristino del sussidio; inutile dire che tra telefono che squillava a vuoto o occupato è stata un odissea.”

La pratica va rifatta: l’incontro in Municipio

“A metà gennaio finalmente risponde la sig.ra Battistoni e mi anticipa che Amina dovrà fare di nuovo tutta la procedura per l’attivazione del sussidio. Resto sbalordita, le spiego quanto accaduto per contattarla, le spiego che se non mi riattivano il sussidio sarò costretta a licenziare la badante perché non ho possibilità finanziarie per pagarle io lo stipendio e le ricordo che il sussidio non è stato erogato da loro, o meglio lo hanno erogato su sentenza del TAR del Lazio. Niente da fare, mi dà un appuntamento per chiarire il tutto. come da sua richiesta mi reco in municipio il 24/1/2017. Trovo 3 persone sconosciute ad attendermi. Dopo uno scambio di opinioni esco senza aver risolto nulla. Loro insistono per rifare il tutto, io continuo a ripetere che essendo il nostro sussidio una sentenza, loro non possono metterla in discussione, né verificarla e né tanto meno modificarla. Dopo 10 minuti vengono contattati dal mio avvocato per dei chiarimenti, cambiano versione e dicono che il problema non è la revisione a visita ma la mancanza di alcuni fogli di rendicontazione e chiedono un ulteriore incontro. Mi reco, dopo essere uscita dal loro ufficio, all’ufficio protocollo per consegnare i documenti della badante. Il problema dei fogli mancanti era già stato risolto all’epoca dei fatti con una mia autocertificazione dove dichiaravo che la badante era dovuta andare via su due piedi e che nel marasma del suo problema familiare avevamo dimenticato di firmare quei fogli; ho presentato insieme all’ autocertificazione le copie delle buste paga firmate, copia dei bonifici dei pagamenti delle mensilità e il pagamento dei contributi. Tutto era stato risolto.”

Poi più nulla

“Dopo una settimana di silenzio – continua la lettera – il mio avvocato invia una mail alla nuova referente per avere notizie in merito all’incontro: nulla. Passano altri 8 giorni senza nessuna notizia. Decido di recarmi nei giorni scorsi in municipio nella speranza di essere ricevuta da qualcuno. Ho aspettato invano fino alle 17.30 nella saletta d’attesa, dalla mattina alle 11:00, nessuna notizia e nessuno mi ha ricevuto.”

La badante fissa è di vitale importanza

Vorrei chiarire un altro aspetto fondamentale per la presenza della badante, le infermiere per legge non possono stare sole in casa, quindi se non ci sarà la badante fissa vitto e alloggio come ora, io sarò costretta a dei veri e propri “arresti domiciliari”. Non potrò mai più uscire ne per fare la spesa, ne per sbrigare pratiche burocratiche, ne per operarmi ( devo subire un intervento alla gola) ne per avere una vita sociale!!! Ricordo che Amina ha riconosciuta un invalidità al 100% senza più revisione a visita, un’assistenza infermieristica domiciliare h24, non comprendo cosa loro debbano verificare ancora. Preciso che dalla sentenza del TAR c’è stato comunque un lento peggioramento delle condizioni di Amina, prova ne sia la presenza delle infermiere.”

Cosa accadrà ora?

“Se non ci verrà riattivato il sussidio entro febbraio – conclude l’ennesimo appello disperato della mamma – sarò costretta a licenziare la badante, consapevole del fatto che tale sussidio sarà riattivato perché non c’è nessun motivo per interromperlo, per poi essere sospeso di nuovo per l’assenza di una badante, praticamente ricomincerò la ricerca spendendo soldi che ad oggi sinceramente non ho. E quando l’avrò ritrovata? riattiveranno il servizio? O troverò di nuovo tutto cambiato? Ci sarà di nuovo qualcuno che cercherà il pelo nell’uovo? Avremmo bisogno tutti di un po’ di serenità dopo 30 anni di ospedale e gli ultimi 9 passati a cercar di usufruire di aiuti sacrosanti da parte di quelle istituzioni che dovrebbero operare per alleviarci le sofferenze. La mia serenità è la serenità di Amina. Confido in una soluzione immediata. Grazie” .

Intanto è stato aperto un conto PostePay dove raccogliere i soldi almeno per pagare lo stipendio di marzo alla badante ed evitare il licenziamento, in attesa del riconoscimento dell’assunzione fatta ad ottobre.

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