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Ecco gli “Stones”: ma non sono i Rolling… Angus & Julia Stone illuminano Villa Ada nella loro seconda data italiana

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Altro che Venere e Giove. Ad illuminare la prima notte di luglio nella cornice bucolica del festival “Villa Ada incontra il mondo” sono altri due astri, forse meno reclamizzati, ma di certo altrettanto brillanti. Sorti sulle spiagge di Newport, a nord di Sidney, i fratelli Stone hanno rubato la scena, con la loro attitudine indie ruvida e lenta, a qualsiasi fenomeno celeste. Più che un concerto, un vortice di colori, suoni ed emozioni che per un’ora abbondante travolge i molti accorsi, inondando l’aria di positive vibes. Al di là della parentela, al di là del sangue comune che scorre nelle loro vene, la sintonia è innegabile. E pensare che per apprezzare l’ultimo lavoro dei due, l’album “Down the way”, era necessario risalire addirittura al 2010, ben cinque anni fa. Da quel momento in poi ha inizio una fase di distacco, un periodo in cui Angus e Julia (e soprattutto quest’ultima) decidono di voler cercare dimensioni artistiche indipendenti l’una dall’altra. L’esito saranno un album da solista per lui (“Broken lights” del 2012) e un paio di lavori per lei (“The memory machine” e “By the horns”, rispettivamente del 2010 e del 2012). Ma il richiamo del DNA è troppo forte. E così eccoli di nuovo fianco a fianco, chitarra a chitarra su un palco, a cinque anni di distanza dall’ultimo successo, con l’aggiunta di un collante d’eccezione, quel Rick Rubin, produttore di mezza discografia mondiale (Johnny Cash, Red Hot Chili Peppers, Shakira solo per citarne alcuni), che dimostra ancora una volta di avere un orecchio indiscusso nel riconoscere un lavoro di qualità. E’ questo il background in cui vede la luce “Angus & Julia Stone”, album omonimo del duo australiano: 60’ e 7’’ di rock contemporaneo, con influenze che spaziano dal folk cantautoriale statunitense allo shoegaze di cui sono intrisi buona parte degli anni ’90. E se spesso può capitare che un CD carico di melodie interessanti non sia poi sostenuto e difeso da performances live all’altezza, non è di certo questo il caso. Sarà forse per l’aria tiepida di luglio, o forse – chissà – per la scenografia naturale cui prendono parte gli alberi e il lago di Villa Ada, ma lo spettacolo è di quelli che catturano gli occhi (e soprattutto le orecchie). Il graffio nella voce di Julia, per certi aspetti una sintesi fra il pathos puramente rock di matrice “jopliniana” e un’indole più soave ed intimistica, incanta il pubblico e lo coinvolge fino a renderlo protagonista nei cori della stravagante reinterpretazione di “You’re the one that I want”, brano portato al successo dal celebre musical Grease. Meno “ingombrante”, Angus padroneggia in ogni caso la scena con la sicurezza di chi sa di non avere nulla da invidiare a un Anthony Followill o a un Matty Healy qualsiasi, sempre in sincronia, ai limiti del telepatico, con la sorella e con gli altri membri della band. E’ musica che distende i nervi, è musica che fa ballare quella dei fratelli Stone e i fan presenti non si fanno di certo pregare e non disdegnano incontrollati movimenti d’anca. Ecco così l’erba di Roma tramutata in un dancefloor in piena regola, con la luna – quasi piena – a fare da sfera stroboscopica d’eccezione. In un crescendo tutt’altro che banale di ritmi e sound, lo show si chiude con “A Heartbreak”, secondo singolo estratto dal loro ultimo album: un brano dal gusto dolceamaro, una riflessione disillusa sugli amori dei nostri tempi. Ma il concerto termina in realtà sulle note incantate del bis, con “Santa Monica Dream”, una ninna-nanna più che una canzone, che accompagna tutti a casa o verso qualche nuova fantasia, in una shakespeariana notte di mezza estate in cui gli interpreti non hanno deluso le aspettative.
Angus & Julia Stone saranno sui palchi di tutta Europa e non solo fino ad ottobre, in un tour mondiale che toccherà Francia, Inghilterra, USA (dove saranno impegnati al Lollapalooza) e molti altri paesi prima di chiudersi a casa loro, il 2 ottobre 2015, al Caloundra Music Festival in Australia.

Andrea De Luca

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