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La complicata storia di Torvajanica: alberghi, favole e delusioni. Con l’Ecomostro sempre in bella vista

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Un mese fa abbiamo ripubblicato un vecchio intervento estratto da un articolo del luglio 2014. Non a caso si intitolava “una complicata storia di Torvajanica – alberghi, favole e delusioni. Si parlava della strana maledizione degli alberghi di Torvajanica che nel tempo hanno subìto un insopportabile declino fino a sparire per trasformarsi in cose molto diverse da quelle che erano originariamente. Tutti esiti deludenti o catastrofici, sia per quelle iniziative imprenditoriali, sia per la città che non dispone più di un sia pur modesto potenziale ricettivo alberghiero. Due anni e mezzo fa analizzai sommariamente alcune di queste vicende, tra le quali quella del vecchio “Hotel Miramare” (o “Biagio”), ora ribattezzato “L’ecomostro di Torvajanica”.

A una richiesta di notizie, rivolta al Comune di Pomezia, per capire cosa l’attuale amministrazione sta facendo o intende fare in merito, ci è pervenuta una sommaria risposta. Un paio di banalità per dire quello che comunque non serviva, in quanto risaputo. Quindi, niente di quello che poteva interessare.

Sappiamo bene che l’amministrazione ha una visione della città molto diversa da quella dei cittadini, in particolare per quella parte che si chiama Torvajanica. Vero è che l’oggetto è di proprietà privata, ma questo lo sanno tutti almeno dal 1949, banalmente, anno in cui la famiglia dell’omonimo signor Biagio iniziò a comprarsi l’attuale (più o meno) area di sedime. L’attività, dalla prima pietra fino alla cessazione dell’albergo, e al cambio di proprietà, durò cinquant’anni, segnati da tre anni giubilari. Il fallimento di un ipotetico moderno progetto ricettivo si materializzò proprio in vista del duemila per semplici valutazioni di fattibilità. In sostanza si trattava di ristrutturare l’albergo, e ci si poteva arrivare. Ma era evidente che il prestigio di Torvajanica non si ricostruiva da sé o per incanto, né con tanti soldi. D’altra parte, dopo oltre quindici anni, l’iniziativa dei subentrati non ha avuto esiti conclusivi. Si vede e lo sanno tutti, anche questo.

Quando l’amministrazione scrive per ridurre tutto a un discorso di “arredo urbano per schermare le impalcature e limitare, così, l’impatto visivo” (???), il cittadino cosciente capisce che essa non sa minimamente di cosa si lamentano lui e tutti quelli che lì si affacciano sconcertati. Come se, dovendo gettare le fondazioni di un fabbricato, ci si attardasse a scegliere il colore delle tendine dell’ultimo piano. Si può fare, ma, normalmente, no. Non scherzeremo oltre, cercando, invece, di dare all’amministrazione qualche riferimento utile che pare sfuggire. L’Ecomostro, a parte lo scenario surreale che ci dona, è un problema grosso. Vecchio, e fermo da almeno dieci anni.

L’Ecomostro è un biglietto da visita nero per questa città, noto in tutta Italia, foriero di ulteriori degrado e discredito, messo proprio nell’area che dovrebbe essere la più prestigiosa e qualificante. Trenta e più anni, quando una nota attrice assidua di questi luoghi confessaò che il posto, sì, è bello, però a invitare gente a Torvajanica… ci si vergogna sempre un po’… Solita levata di scudi contro “l’attrice snob”. Poi finì quell’estate, e allora e oggi continuiamo a vergognarci di ospitare a Torvajanica. Qui si continua a mettere la testa sotto la sabbia e a ignorare. Eppure si vede molto bene. Tanto che tutti quelli che ospito qui mi chiedono che cos’è quel rudere… ma proprio qui? Eh, sì ma tanto… è provvisorio!

Speriamo che l’amministrazione si renda conto che una notevolissima singolarità urbana deturpa e squalifica la piazza principale della Città. Speriamo anche che capisca che un tentativo a base di arredo urbano enfatizzerebbe la situazione che già così è ridicola in avanzo e continua. Naturalmente non è colpa di questa amministrazione, ma in vista dell’esaurimento del mandato, non è che ci si sia stata una grande attenzione. Né sfuggono gli aspetti civilistici che possono ostare a una soluzione. Ma un serio contatto con la proprietà del mostro dovrebbe avvenire, per sapere e informare di quale morte si deve morire. Per esempio, si potrebbe pensare di acquisire l’immobile per farne uffici pubblici e privati, visto che la sede distaccata della delegazione risulta, diciamo così, non utilizzabile da tempo, con l’ulteriore beneficio di far sparire un puro e inutile obrobrio. Certo, sono solo ipotesi: c’è pure chi vorrebbe rifarci la suggestiva nuova “Torre del Vajanico”. Si si potrà fare solo se e quando conosceremo i fatti. Questo competerebbe al Comune, ma, quel che davvero manca, è la politica.

Luigi Torreti

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