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Sul caso Ecosystem dei rifiuti non conformi, la Regione ripassa la palla ai comuni, sta a loro vigilare

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Il caso Ecosystem, dei rifiuti non conformi,  non ha suscitato particolari reazioni dai comuni interessati e dagli organi competenti. E’ iniziato tutto con la decisione presa da diversi sindaci dei Castelli Romani e da quelli di Ardea e Pomezia, che hanno scelto di conferire (per risparmiare) i loro rifiuti presso un impianto, quello della Ecosystem di Pomezia, al posto di quello della Rida Ambiente di Aprilia. Una semplice scelta gestionale, se non fosse che l’impianto di Aprilia ha una linea di macchinari che si occupa della lavorazione del rifiuti umido (o biologico) e da qui l’appellativo di impianto di “trattamento biologico/meccanico”, mentre la Ecosystem ha un impianto meccanico privo della sezione di stabilizzazione biologica, per trattare l’organico. Conferire rifiuti di una determinata tipologia presso un impianto non in grado di trattare quei rifiuti è già di per sé una azione, che potrebbe esporre i comuni che si rendano protagonisti di questa condotta a contenziosi, le cui conseguenze ricadrebbero oltre che sulle amministrazioni, anche sui cittadini.

La Rida Ambiente ha così scritto una lettera a tutti gli organi competenti (compreso il Noe, il nucleo di investigazioni ambientali dei carabinieri) nella quale allegava una tabella con i dati dei valori di organico, presenti nei rifiuti conferiti da questi comuni e tutti superavano la soglia di legge prevista del 15% di frazione umida. Per intenderci, se un comune ha una frazione del 14.9% di organico e una raccolta differenziata maggiore del 65% allora può conferire i propri rifiuti in impianti idonei solo al trattamento meccanico ma se non è così, e questa cifra è superiore, allora il Comune in questione deve rivolgersi ad impianti di trattamento meccanico biologico (tbm o tmb). Basti pensare ad Ardea, che fa una raccolta differenziata del 35% che in base a questi criteri esce fuori da ogni linea guida, indicata dalla Regione.

Secondo i comuni sentiti in questi giorni, a vigilare su questo fatto dovrebbe essere la Regione. Secondo voci interne della Regione, invece sono i comuni e le società presso cui i rifiuti vengono conferiti ad avere il primario dovere di controllo, avendo presente i limiti già sanciti (quelli che abbiamo descritto in precedenza riguardi i valori di umido per tonnellata di rifiuto conferito). Insomma, tesi completamente opposte che affermano due verità diverse ma espongono il cittadino ad un semplice e univoco dato di fatto: le regole dei rifiuti nel Lazio sono talmente complicate che nemmeno gli enti sembrano avere le idee chiare sui limiti e su chi deve farli rispettare. I rifiuti prodotti dai Castelli, da Ardea e Pomezia non finiscono nel nostro territorio ma, dopo il trattamento se ne vanno nelle discariche di Colleferro o di Civitavecchia oppure alle discariche per rifiuti speciali. Ecco, sono proprio questi territori che potrebbero pagare lo scotto più grande, visto che si potrebbero veder arrivare nelle loro già problematiche aree, rifiuti con alte concentrazioni di umido, potenzialmente impattanti per l’ambiente e l’aria dei luoghi. L’unico dato certo, per il momento, resta sempre lo stesso: Il caos del sistema rifiuti del Lazio, non risiede solo nei cassonetti pieni di cui spesso ci lamentiamo, ma nelle denunce, nelle omissioni e nei silenzi delle stanze dei bottoni della politica locale.

Nel frattempo La Societa’ Ecosystem S.p.A. ha ricevuto l’Autorizzazione Integrata Ambientale della Regione Lazio (n. G01886) lo scorso 21.02.2019, per l’installazione per il recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi nel Comune di Pomezia per una capacità complessiva annuale pari a 191.100 tonnellate di cui fino a 6.000 tonnellate di rifiuti pericolosi. L’amministrazione di Pomezia, che ha una doppia responsabilità perché ospita l’impianto e conferisce i rifiuti ad Ecosystem, cosa risponde alla luce di questi nuovi fatti? 

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