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L’inchiesta. ‘Viaggio’ nel campo rom di Castel Romano: non solo rifiuti e roghi tossici

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Le operazioni propedeutiche agli sgomberi sono iniziate. Del campo rom di via Pontina in questi giorni si sta parlando tantissimo. Addirittura se ne sono occupati i media nazionali, dopo il servizio mandato in onda da “Le Iene”. Ma per noi che ce ne occupiamo da sempre e che da sempre viviamo questa situazione di disagio, la situazione è più complessa, rispetto a quello che si può vedere in pochi minuti di video. Abbiamo quindi deciso di tornare, per la seconda volta nel giro di una settimana, nell’insediamento di Castel Romano, per fare un’inchiesta più approfondita, aggiungendo nuove informazioni a quelle già in nostro possesso, girando nuove immagini all’interno del campo rom, andando anche nei punti che non eravamo riusciti a visitare la volta precedente. 

Abbiamo poi parlato con Luigi, detto “Rambo”, un ex poliziotto, la persona che più di tutti vive vicino all’insediamento e che – per questo – conosce bene sia le abitudini dei rom che le conseguenze sull’ambiente degli innumerevoli incendi che ci sono stati nel corso degli anni. Per mostrarvi quello che abbiamo raccolto suddivideremo il materiale in almeno 3 diversi articoli, tutti corredati da video.

Noi continueremo a seguire questa vicenda fino a quando non si risolverà: torneremo nel campo, scriveremo ancora, martelleremo affinché le istituzioni, i politici, non possano dire “io non lo sapevo”. Noi, come altri giornali, parliamo dei problemi di questo campo rom almeno da 6 anni. Certo, non siamo una grande testata e non suscitiamo di certo il clamore di un’emittente nazionale, ma speriamo che adesso, con i riflettori puntati, si possa avere un’attenzione diversa su questo argomento, che non è solo quello relativo agli sgomberi. Il problema reale è l’inquinamento ambientale che si è creato in questi 15 anni.

SGOMBERI VICINI?

Per motivi igienico sanitari e quindi a tutela della salute del suo nucleo e della collettività circostante anche in considerazione dei recenti incendi che hanno colpito l’area, l’amministrazione non potrà ulteriormente permettere la sosta in quell’area che per motivi di sicurezza dovrà essere liberata da cose e persone. La S.V. dovrà lasciare il modulo abitativo che attualmente occupa libero da cose e persone entro e non oltre il 10 settembre 2020″. Questo lo stralcio della lettera ricevuta il 3 luglio da 28 famiglie (ricordiamo che attualmente nel campo vivono, da quanto risulta dall’ultimo censimento, fatto a giugno del 2019, 542 persone, di cui 282 minorenni) dal Comune che, in cambio, li aiuterà a trovare una casa e un lavoro. Compito difficile da attuare in soli due mesi. Ma nel frattempo la Regione, in una sorta di “competizione” con l’amministrazione capitolina, oggi dovrebbe firmare un’ordinanza (è già pronta, manca solo la firma dell’Assessore alla Sanità Alessio D’Amato) per chiedere la bonifica e la messa in sicurezza propedeutica allo sgombero totale. Quindi stamattina sono già presenti sul posto personale appartenete a tutte le forze dell’ordine per delimitare l’area. Per questo Buzo, il portavoce del campo (non vuole essere chiamato capo), si rivolge direttamente alla sindaca Virginia Raggi davanti alla nostra telecamera. Lui sostiene di non sapere nulla dello sgombero, ma poi le sue parole, che si concludono con dei ringraziamenti alla sindaca, fanno capire che forse un contatto con l’amministrazione capitolina c’è stato. Ecco l’intervista.

La “notizia del giorno” è quindi quella della notifica di sgombero – da effettuarsi entro e non oltre il 10 settembre 2020 – a 28 famiglie residenti nel campo rom di via Pontina, a Castel Romano. Già, perché ormai i continui roghi tossici, gli scarichi quasi quotidiani di materiale inquinante e di rifiuti di ogni genere o le fogne a cielo aperto non fanno più notizia, come non la fanno più le auto di provenienza furtiva che vengono portate sia all’interno del campo che nella vallata circostante, dove i pezzi più pregiati e rivendibili vengono smontati, mentre il resto viene dato alle fiamme. 

VOGLIAMO LE CASE COME GLI ITALIANI

Nel video che vi mostriamo parla una ragazza, che ci racconta come vivono all’interno del campo. Ci dice che quello che vogliono è che vengano assegnate loro delle abitazioni, dei terreni, per andare ad abitare “in case belle come quelle degli italiani”. Non vogliono più stare in mezzo ai topi e ai maiali, tra i serpenti e i rifiuti, con l’acqua sporca e in una situazione di degrado. Quando chiedo chi è ad appiccare gli incendi, risponde che sono gli italiani e i rumeni, che vengono qui a “scaricare cose” e poi le bruciano. Verissimo. Ma un video in nostro possesso, girato poco tempo prima e montato all’interno di quello che potete vedere, mostra alcune rom che, provenienti dalla fermata Cotral, percorrendo la stradina parallela alla Pontina che conduce al campo rom, si chinano nella sterpaglia e danno fuoco a più punti, dando origine a un incendio, spento poi dal signor Luigi “Rambo”.

Tutto questo dura ormai da quasi 15 anni, dal lontano 2005, quando qui – area protetta, visto che ci troviamo nella riserva naturale di Decima Malafede – il 28 luglio 44 famiglie rom xoraxanè assegnatarie di roulotte nei pressi di viale Marconi accettano il trasferimento nel nuovo campo in allestimento (non ancora finito) di via Pontina. Si trasferiscono il 14 settembre e, dopo di loro, arrivano i rom del campo di Tor Pagnotta, seguiti poi da quelli di Tor dè Cenci. 

DA 400 A 1200 PERSONE

Nel giro di 4 anni gli abitanti del campo triplicano abbondantemente, passando da circa quattrocento a milleduecento. Il trasferimento dei rom fu una decisione presa dall’allora sindaco di Roma Walter Veltroni attraverso un’ordinanza, nella quale non vi era indicazione del luogo dove i Rom avrebbero dovuto essere trasferiti. Eppure il sindaco li fece installare a Castel Romano, nonostante «né Roma Natura – che ha competenza sulle aree protette ricadenti nel territorio comunale – né il XII Municipio vennero avvertiti delle intenzioni del Comune», come si legge in un’interrogazione presentata nel 2007 dall’allora Deputato AN Fabio Rampelli. C’è da dire che l’’insediamento doveva essere solo provvisorio: ma, dopo 15 anni, è ancora qui. E quante volte, in questi anni, il Comune di Roma e la Regione, hanno autorizzato servizi e installazioni in deroga alle misure di salvaguardia dell’ambiente, se già nel 2007 Rampelli nella sua interrogazione affermava che «La Regione inoltre, avrebbe autorizzato per la terza volta consecutiva l’installazione di prefabbricati per i nomadi nella riserva in deroga alle misure di salvaguardia»?

Di pari passo all’aumento della popolazione, aumentano i problemi. Già dopo i primi mesi di convivenza pacifica iniziano i primi accumuli di rifiuti e i primi arrivi di auto sospette, seguiti dai primi incendi. A questo si aggiungono gli episodi legati alla criminalità: nei vari blitz le forze dell’ordine hanno ritrovato refurtiva di vario tipo, oltre a sostanze stupefacenti. Per non parlare dei vari “fenomeni” che hanno contraddistinto – in varie fasi – il tratto antistante il campo rom sulla Pontina. Era infatti diventato pericolosissimo transitare con la propria auto, perché poteva arrivare di tutto, dalle uova sul parabrezza ai sassi. Si potevano poi trovare chiodi sull’asfalto, oppure si poteva essere aggrediti se ci si fermava a fare rifornimento – in orario di chiusura – nel distributore di carburate adiacente al campo rom. Tutti problemi segnalati in continuazione dai cittadini e dalla stampa, senza mai una soluzione. E senza mai che qualche politico prendesse seriamente in mano la situazione. Anzi, al contrario, tutto era utile per essere strumentalizzato.

L’INTRECCIO CON “MAFIA CAPITALE”

Ma di chi sono i terreni su cui sorge il campo rom? Una parte sono di Deodati, mentre per quanto riguarda un’altra la proprietà è riconducibile a Salvatore Buzzi. Ecco cosa riporta Il Fatto Quotidiano in data 23 dicembre 2014.

Tor de Cenci 2010, la Belviso fa la campagna elettorale sullo sgombero de Tor De Cenci”. Il problema è che i rom “non sanno dove cazzo portarli. Allora fanno quella famosa cena de Alemanno (…) e lì diciamo ‘Caro sindaco, ci allarghiamo noi a Castel Romano perché c’abbiamo lo spazio”. La gestione dei campi nomadi raccontata, come in una telecronaca, dalla viva voce di Salvatore Buzzi. […] “i nomadi vengono portati a Castel Romano dove c’era un accordo tra Veltroni (ai tempi sindaco della Capitale, ndr) e Deodati”, proprietario dei terreni. Una parte degli ospiti del campo, però, “vanno a finire” su un terreno adiacente la cui proprietà è riconducibile a Salvatore Buzzi: “Questo avviene il 18 settembre 2005”. Buzzi comincia a percepire dal Comune un affitto per il terreno, un rapporto che continua anche sotto l’amministrazione Alemanno: “Succede che prima pigliavamo 72 mila euro al mese perché prendevamo 40 mila euro sul campo K e 32 sul campo M perché finalmente Alemanno ce paga l’affitto”.

(Segue)

Inchiesta di Maria Corrao – Montaggio video Matteo Acitelli

 

 

 

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