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Nicola Vicidomini, il comico morente dell’anti-teatro è in libreria

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Nicola Vicidomini

Si è tenuta presso il Caffè Letterario di Roma la presentazione del libro ‘Il più grande Comico Morente. La comicità e il teatro di Nicola Vicidomini’, edito da Mimesis. L’evento, organizzato da Kulturjam, ha visto la partecipazione di Vicidomini e di Enrico Bernard, Cochi Ponzoni che ne ha curato la prefazione insieme a Nino Frassica,lo scrittore Andrea Di Consoli, il saggista Gabriele Perretta e Maurizio Milani, autore della postfazione.

Una platea nutrita quella presente presso il celebre locale romano, in presenza del Vicedirettore Alexandro Sabetti e del Caporedattore Sira De Vanna di Kulturjam. Il progetto, come sottolineato da Sabetti, nasce in periodo di pandemia per mettere insieme personaggi della cultura, ed ha raggiunto le 160.000 letture mensili.

Nicola Vicidomini o ‘il collasso del senso’

Nicola Vicidomini, protagonista del saggio monografico a più voci a cura di Enrico Bernard è un attore di teatro, scrittore, pianista, fauno satirico che repelle, ‘esaspera la condizione umana e la porta alle estreme conseguenze’ e per dirla con Andrea Di Consoli – scrittore e Direttore del Caffè di Rai1- rispondendo alla domanda ‘cosa è il teatro e chi è l’attore’, ‘l’attore è chi lo fa ’.

‘Perché questo Paese non ha il coraggio di essere fuori dagli schemi?‘ Chiede Di Consoli alludendo allo stridìo dell’umorismo visionario, fuori dagli schemi appunto, surreale e dirompente di Vicidomini.  ‘E’ una questione organizzativo-politica, i teatri propongono testi del teatro classico. Ed il teatro di Vicidomini è ‘basso’, viscerale, appare insensato, per quanto un senso lo abbia. ‘Storce il collo all’idea narrativa del teatro classico’, continua Di Consoli, ‘è un teatro tremendo, blasfemo, animalesco, viscido’.

Il teatro Vicidominiano che attenta l’antropocentrismo

Si agita sul palco, Nicola Vicidomini, grugnisce, emette suoni gutturali, vocalizzi bestiali, è tragico e comico dove per comicità si intende quel cortocircuito tra il caos -meraviglioso- della natura e il tentativo di ‘schematizzare’ il reale che compie l’uomo. Nel suo teatro Vicidomini  estromette il tragico, perché non parla della morte; è la morte.

Egli è il teorico del Comico Morente che opera una palingenesi liberandosi, azzerando di continuo i retaggi strutturali, il ‘senso’. Egli è onnipotente e bambino, attrae e disgusta, ‘ha disgusto di sé’, repelle e affascina, in una commistione tra commedia e tragedia contemporanea.

Tra Artaud, Nietzsche e Pirandello

Per Di Consoli Vicidomini disprezza il suo talento, disprezza la sua vocazione. ‘Lui sale su quel palcoscenico, calpesta la nobiltà del teatro e si auto castra, si tortura, si mortifica. Vicidomini non si diverte, la sua è una forma estrema di anti-teatro’- cit.

Questo ‘comico morente’ sul palco del Caffè Letterario – mai nome fu più appropriato per descrivere il ‘salotto buono’ dove gli intellettuali si riuniscono per parlare di letteratura- ha stravolto paradossalmente il senso dei salotti letterari, perché egli è l’antiletteratura, in quanto demistifica il linguaggio, ‘affresca il collasso di ogni narrazione e senso’, racconta il suo tornare agli istinti primordiali, ‘perché non avrebbe saputo fare altro’.

‘Da bambino rientravo in casa sudicio, lordando del letame che avevo calpestato, il letto dei miei genitori’; come dire che la morale, il senso comune ci lobotomizza da troppo tempo. E’ ancora quel bambino, Vicidomini, che pone in essere una spoliazione delle sovrastrutture. ‘Il problema è che il quotidiano dilaga in maniera inesorabile. L’esistenza è un monolite che guardiamo da troppo tempo e sempre dal medesimo punto di vista’- cit. 

‘Diventate ciò che siete!’

‘Io mi assumo la fine, la mia inconsistenza, la morte, in quanto trapasso dell’Io’, come a dire che l’incategorizzabile, la sospensione di noi stessi, quel vuoto a perdere del linguaggio ‘è il mistero che ci precede e che ci segue, la sola cosa che non ci riesce di schematizzare, psicanalizzare, contenere nei ranghi del senso. E in quanto tale libera, primordiale -‘Ti amo perché non esisti’- Io mi assumo lo sfacelo che sono. Diventate ciò che siete!’

Eugenio Vicidomini

 

Scardinare il velo di Maya o ‘saremo solo dei ministeriali!’

Mai come oggi Vicidomini si rivela nascosto e necessario come quelle verità che appaiono a chi le merita o le ricerchi davvero. In una società ‘borghese’ come la nostra – che comprende spesso anche il teatro e la letteratura, coi suoi ‘salotti buoni’- dove si ride dinanzi al disgusto per operare una catarsi che liberi dall’imbarazzo, ‘per forma’, spesso mentre si stringono mani controvoglia, Vicidomini predica l’essere null’altro che ciò che si è per enucleare l’essenza dell’umano, del carnale, dell’istintivo. 

Nicola Vicidomini, ‘il dilagare inesorabile del quotidiano’

Dopo gli spettacoli ScapezzoVeni Vici Domini e Fauno, attraversando con i suoi “attentati” anche la televisione e la radio, in programmi come Stracult (Rai 2), Colorado (Italia 1), Programmone (Radio 2), Che tempo che fa (Rai 1), Uno Mattina Estate (Rai 1), Vicidomini esce dunque in libreria con questa monografia in cui 23 autori studiano il personaggio omaggiandolo mentre appunto attenta al reale, all’immagine borghese omologata del linguaggio e dell’immaginario, esce dalla glossa perpetua del quotidiano, boicottandolo. 

Gli autori della monografia

Tra gli autori citiamo il critico cinematografico Marco Giusti, padre e conduttore di Stracult,  il docente universitario Guido Barlozzetti, gli scrittori Fulvio Abbate, Andrea Di Consoli, Riccardo Rosa, Bruno Di Marino e Nando Vitali, il compianto Cosimo Cinieri, l’autrice umoristica Federica Cacciola alias Martina Dell’Ombra, i saggisti Alfonso Amendola e Gabriele Perretta, il direttore della fotografia Blasco Giurato.

Vicidomini, la sua cifra stilistica approda negli States

Recentemente, all’interno di un corso sulla Commedia dell’Arte presso la celebre Università privata Middlebury College del Vermont, si sono tenute tre lezioni su Nicola Vicidomini, unico contemporaneo analizzato, dalle quali è scaturita una tesi di laurea dagli interessanti contenuti.

Se esiste un pericolo per Nicola Vicidomini è quello di continuare a frequentarli, questi ‘salotti buoni’, per ‘spiegare’ la propria arte didascalizzandola, con il rischio di rientrare in una di quelle categorie di significato borghese che lui stesso demolisce.

 

Photo by Claudio Castello

 

 

 

 

 

 

 

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