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APL: “Commercio in mano agli extracomunitari, “metodo alternativo di impresa” tra concorrenza sleale e truffa”

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Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa del Segretario Politico APL Emanuele Campilongo sull’allarmante situazione del commercio italiano.
La situazione relativa al commercio che viviamo nella nostra città e nel resto del Paese ogni giorno, appare sempre più incancrenita e frutto di un sistema avvitato su se stesso, che con evidenza è stato creato ad arte. La realtà cruda è fatta di negozi italiani costretti a chiudere mentre fioriscono attività commerciali gestite da cittadini extracomunitari. Solo gli “imbelli” non si sono mai chiesti il perché di tale situazione. E su tale argomento circolano anche tante dicerie che è bene smentire. Tutto si svolge alla luce del sole, e nella massima consapevolezza degli organi che dovrebbero combattere questo sistema criminale. Prima di tutto smentiamo la leggenda che vede gli stranieri utilizzare facilitazioni che agli italiani non vengono concesse. Questo non è vero. Essi, molto più semplicemente, utilizzano le pieghe del sistema normativo – debitamente indirizzati da ascari italiani – e le falle di quello di controllo. Allo stesso tempo smentiamo che gli stranieri siano più bravi, che lavorino più duramente o che facciano ciò che noi non vogliamo più fare. Molto semplicemente, adottano una condotta che a noi italiani non è quasi mai possibile portare avanti, azzerando in pratica ogni possibilità di pagare tasse e multe. Questa non è concorrenza sleale? Vediamo come funziona questo modo “alternativo” di fare impresa. Per la legge italiana a partire dall’apertura, il titolare ha tempo 18 mesi per regolarizzare la propria posizione davanti al fisco e questo intervallo di tempo viene sfruttato per non pagare assolutamente nulla e, poco prima della scadenza, chiudere l’azienda e riaprirla immediatamente sotto un nome diverso. Ciò senza sborsare un euro e lasciando un buco di tasse non pagate che chiaramente dovrà essere “riparato” da chi le tasse le paga. Ma non è tutto, infatti dietro il fenomeno dei market e delle frutterie extracomunitarie, cresciute alla pari dei bazar cinesi, non solo nella nostra città ma anche nella Capitale e in tutti i grandi centri urbani, c’è anche la truffa sull’iva agevolata. Molto spesso tali negozi vendono abusivamente anche altri generi alimentari tra cui alcoolici e lavorati in scatola o sfusi, in barba a qualsiasi controllo sanitario e di certificazione sulla tracciabilità. I dati di Confesercenti Roma ci dicono che è prassi consolidata per i gestori di tali negozi, battere scontrini con iva al 4% su prodotti dove l’imposta sarebbe al 22%, mettendosi in tasca direttamente la differenza. Qualche anima candida potrebbe obiettare che tali comportamenti possono essere adottati anche dagli italiani e che non sono prerogativa degli stranieri, peccato però che in pratica non è così. Infatti, presupposto essenziale per questa truffa è la completa mancanza di legami con il territorio, sia dal punto di vista sociale che finanziario infatti, basta essere proprietari di un immobile o altro per vedersi recapitati i verbali e le ingiunzioni. Mentre coloro che sono gli intestatari di tanti di questi negozi sono completamente sconosciuti allo Stato e al fisco e spariscono senza lasciare né tracce né beni su cui rivalersi. Ormai, chi dovrebbe controllare nemmeno ci va più poiché non si riesce mai a trovare alcuno che paga. Mentre nei negozi italiani ci vanno e come, poiché lì qualcuno che paga lo trovano di sicuro. Come definire una situazione del genere se non utilizzando il termine di “razzismo anti italiano”? Questi sono i giorni della Festa del Patrono di Aprilia e in città imperversano orde di abusivi in pieno centro, che vendono la loro merce davanti a quei negozianti e ambulanti che con sacrificio tengono duro. Non bastano sequestri sporadici debitamente pubblicizzati per lavare la coscienza di chi sta scientemente uccidendo non solo il commercio ma il futuro di questa città e di questo Paese.
Emanuele Campilongo – Segretario Politico APL

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