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Roma, l’ultima proposta del M5S: «Reddito ai rom per superare i campi nomadi»

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Un’altra proposta, stavolta arrivata dalla delegata del Sindaco di Roma Virginia Raggi Monica Rossi, per tentare di svuotare i campi rom della Capitale che tanti problemi causano alla città e al suo hinterland. Criminalità, anche se chiaramente non si può fare di tutta un’erba un fascio, ma anche pericoli ambientali: a Castel Romano (a due passi da Pomezia) ad esempio i roghi tossici sono all’ordine del giorno.

E allora ecco una nuova idea dopo le altre carte giocate sin qui dall’amministrazione capitolina, dagli esiti poco incisivi per la verità, per mettere mano ad uno dei più grandi problemi contemporanei di Roma e per cui di soluzioni facili, inutile nasconderselo, non ce ne sono

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Stavolta l’idea è allora quella di erogare una sorta di reddito che sarebbe di all’incirca di 600 euro mensili, come riportato ad esempio da Libero Quotidiano stamani, a chi accetta di lasciare le baracche ma con l’obbligo, entro 6 mesi, di trovare una sistemazione alternativa. «Un contributo che i rom potrebbero usare per finanziare progetti di auto-recupero. E’ stato provato in altre zone d’Italia ed ha funzionato», spiega quindi la Rossi a Il Messaggero.

Roma: reddito ai rom e non solo. Le alterative provate sin qui

Come detto sin qui sono state battute diverse strade. Dal “bonus casa”, poco meno di 1.000 euro per mandare in affitto i rom, ai rientri volontari assistiti nel paese d’origine con tanto di «buonuscita» come fatto nel caso del Camping River smantellato l’estate scorsa (l’unico al momento ad essere stato chiuso e per di più tra mille polemiche). 

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Ma se nel primo caso non si sono trovati proprietari di immobili disposti ad affittare le abitazioni ai nomadi, nel secondo appena 6 famiglie nella Capitale hanno deciso di accettare la proposta (e il cospicuo assegno) del Comune. Poi c’era stato l’equivoco, chiamiamolo così, dell’assegnazione delle case popolari ai nomadi che secondo alcuni rappresentava un’ulteriore opzione che l’amministrazione capitolina intendeva giocare per mandare via gli occupanti degli insediamenti da chiudere entro nel 2021. Ma secca era stata la smentita del Campidoglio: «Le due cose non sono assolutamente collegate», nel senso che si trattava di due provvedimenti indipendenti l’uno dall’altro, avevano precisato da Roma. «L’assegnazione degli alloggi di Edilizia residenziale pubblica segue la normativa vigente e non è connessa, in alcun modo, con il Piano per il superamento dei campi rom», chiosavano dal Campidoglio.

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In questo caso peraltro, quando cioè ai rom la casa popolare spetterebbe di diritto, sono successi i vari “Casal Bruciato” o “Torre Maura” al momento dell’entrata in possesso degli immobili. Insomma: come la si rigira, la questione è potenzialmente distruttiva da qualsiasi punto di vista. 

Emergenza campi nomadi: tra strutture da chiudere e numeri “proibitivi”

Il compito è dunque dei più ardui. Due anni di tempo, che si aggiungono però a quelli già trascorsi, per superare i campi rom della Capitale. Dal più grande, Castel Romano, alle porte di Pomezia con i suoi 1.000 e più abitanti, a quelli della Barbuta (Ciampino) e Monachina (Aurelia). Totale: oltre 1.600 persone alle quali trovare una sistemazione e promuovere, fin dove possibile, l’inclusione sociale. E’ in questo scenario, in conclusione, che va inserita la nuova proposta del Movimento 5 Stelle: quella cioè di ipotizzare un reddito per dare la possibilità ai rom di trovarsi una soluzione alternativa. 

 

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