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Usano i social network per estorsioni, intimidazioni e violenze: blitz contro il clan Ciarelli

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Ha prima provato a mettere a segno una rapina ma poi è stato bloccato da un passate: arrestato dalla polizia 20enne straniero

Avevano trovato il modo di seguire gli “affari” anche nei periodi in cui erano agli arresti. Utilizzavano i social network per gestire le estorsioni nei confronti nei confronti di imprenditori, commercianti e semplici cittadini. Le minacce viaggiavano su Facebook e su altri social e riuscivano ad avere effetto, vista la caratura di chi le formulava.

Estorsioni “social”

Ma il metodo mafioso 3.0 è stato scoperto dalla Polizia di Stato di Latina, a seguito di indagini dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. E questa mattina è in corso un’operazione della Polizia di Stato di Latina, finalizzata all’esecuzione di ordinanze di custodia cautelare nei confronti di persone ritenute a vario titolo gravemente indiziate di estorsione, truffa, violenza privata, danneggiamento e lesioni, reati aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolazione mafiosa.

L’indagine

Tutto nasce dalle risultanze delle indagini svolte dalla squadra mobile di Latina. Gli agenti sono riusciti a raccogliere elementi gravemente indiziari a dimostrazione di attività illecite svolte da membri della famiglia Ciarelli che nel 2010, durante gli anni della cosiddetta Guerra Criminale Pontina, si sarebbe resa protagonista, insieme alla famiglia Di Silvio, di omicidi e tentati omicidi, che hanno determinato l’affermarsi sul territorio pontino di clan familiari di origini Rom caratterizzati dalla capacità di porre in atto un potere di intimidazione tipico delle organizzazione mafiose.

L’utilizzo dei vari social network

Grazie alle indagini, gli agenti hanno potuto determinare, in termini di gravità indiziaria, come lo stato detentivo non abbia indebolito la capacità intimidatoria della famiglia Ciarelli, la quale, anche in carcere, ha continuato a formulare le richieste estorsive utilizzando vari social Network.

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