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Diego Perotti: “Non basta vincere molte partite, bisogna provare vincerle tutte”

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Questa mattina ai microfoni di Roma Radio è intervenuto il calciatore Diego Perotti. Queste le sue dichiarazioni:
 
Ciao Diego, come stai? 
Bene. Stiamo recuperando dopo una partita dura come quella di domenica. Abbiamo avuto due giorni liberi e ci siamo riposati.
 
In questa stagione hai avuto qualche piccolo infortunio.
L’ultimo stop non è stato proprio un infortunio, sono rimasto fermo una sola partita. Avrei anche potuto rischiare e giocarla, ma il rischio era grosso. Meglio fermarsi per un turno, ora sto bene, posso allenarmi e giocare con continuità.
 
Se non giochi tu, in campo va qualcuno del tuo livello. Quanto è importante la competizione all’interno di una squadra?
E’ importantissima. Prima di tutto perché un giocatore non si può rilassare e dire “oggi mi alleno di meno”. La competizione è importante per avere tutti al cento per cento. In passato nelle squadre in cui ho giocato non è sempre stato così. Qui se abbassi il livello vai in panchina. La competizione fa bene perché è sana, anche perché poi nello spogliatoio abbiamo tutti un buon rapporto.
 
Si parla molto di questa nuova mentalità della Roma. Una squadra diventata più pratica. Voi vi accorgete di questo cambiamento?
Sì, abbiamo giocato tante partite senza subire gol. Ed è importante. Noi di solito ne segnavamo tanti, 2 o 3 a partita, ma ne prendevamo anche qualcuno di troppo. Meglio non farne tanti, come succede ora, ma non subirne. Tenere la porta imbattuta è importante anche per la fiducia che dà alla difesa ma anche a tutto il resto della squadra.
 
Ti aspettavi una Roma così quando sei arrivato?
No. Non mi aspettavo tutto questo. Dal momento del mio arrivo è stato tutto positivo. Sapevo di venire in una squadra importante passando del Genoa alla Roma. Non mi aspettavo di giocare subito, due giorni dopo il mio arrivo. E poi l’impatto con i nuovi compagni è stato magnifico. Ho avuto un buon rapporto con tutti fin dall’inizio. E questo mi ha dato tanta fiducia. Non pensavo fosse così bello in una grande squadra. E poi abbiamo conquistato tante vittorie, abbiamo mancato il secondo posto per soli due punti. Per me il primo anno è stato bellissimo.
 
Nel cambio di mentalità c’è anche il fatto di pensare alla vittoria come ad una esigenza. Anche quello fa la differenza?
Sì, è lo stesso discorso che facevo poco fa. Lo scorso anno abbiamo vinto tante partite e da un certo punto in poi non ne abbiamo persa nessuna,  ma non abbiamo raggiunto il secondo posto o il primo. Non basta vincerne 5 o 6 di fila, devi vincerle tutte. O almeno provarci. Devi abituarti a vincere, se ti rilassi è pericoloso. Dopo aver vinto la domenica devi pensare di giocare allo stesso modo il mercoledì contro qualsiasi squadra ti trovi di fronte. Pensare solo a vincere ti dà quel qualcosa in più per vincere lo scudetto o per arrivare in una finale di coppa. Non può bastare fare 10 o 12 vittorie. Devi vincerle tutte. Noi siamo in buon momento, ma siamo ancora secondi. Non abbiamo fatto nulla. Anche se fossimo primi non avremmo ancora fatto nulla. C’è il campionato, c’è il Cesena e poi il Villarreal, manca tanto. Bisogna solo vincere.
 
Storicamente la Roma è stata sempre molto brasiliana. Ora è anche molto argentina. Fazio ad esempio…
Federico lo conosco ormai da 10 anni. L’altro giorno alla fine della partita contro la Samp in coppa, quando siamo rientrati nello spogliatoio eravamo seduti uno vicino all’altro e gli ho detto che in passato neanche nel suo miglior momento era stato così bravo. Ho sempre saputo che era forte. Sono cresciuto calcisticamente con lui, lo conosco, ma il livello di gioco di oggi, la sicurezza, la capacità di rubare palla… quello non lo avevo mai visto. Sono contento per lui perché per me è come un fratello.
 
Siviglia e Roma sono città un po’ simili?
Calcisticamente sono due città molto calde. La gente ti chiede sempre la vittoria. Roma è più grande e con più tifosi, ha più voglia di vincere, ma Siviglia pure è molto esigente. Per strada ti dicono di fare le cose per bene. Siviglia è una città calda e bellissima, ne ho un bel ricordo.
 
Cosa significa per un calciatore argentino Diego Maradona?
Non l’ho visto dal vivo, però per me è il migliore. Mio papà ha giocato con lui e mi racconta delle storie, di come vinceva la partite sa solo, di quello che faceva in allenamento. Lui è stato il primo a chiamarmi in nazionale, avevo 21 anni. Mi arrivò la chiamata di Maradona e pensavo che fosse uno scherzo. Ho visto quello che è successo qualche giorno fa quando è andato a Napoli. Non posso credere che un calciatore possa far sentire così le persone e questo mi piace moltissimo.
 
Tu che tipo sei? Sei uno tranquillo?
Dopo l’allenamento sto con la famiglia, con mia moglie e il bambino. Sento dire che sono sempre serio, che non rido e non scherzo, ma chiedete ai miei compagni, sono uno che scherza, mi piace stare con gli amici. Forse è vero che in campo sono un po’ serio, me lo dice anche Strootman, che è un altro che nello spogliatoio scherza. A volte dall’esterno si ha una visione diversa da quello che siamo in realtà.
 
Domenica sarà una partita dura. Per te una partita speciale visto che in passato è stato anche un derby.
Sarà durissima. Sicuramente avranno voglia di rivincita dopo aver perso in Coppa. Sarà dura come col Genoa, come a Udine e col Cagliari. Queste sono le partite che ti possono dare lo scudetto. Può sembrare facile perché hai vinto 4-0 in coppa ma lì è diverso. Lì c’è un tifo caldo e sono una squadra che gioca bene.
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