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Ardea, mancano le figure specializzate per i disabili gravissimi, alunni senza assistenza durante la mensa (e non solo)

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Nuovi problemi ad Ardea per ciò che riguarda gli alunni con disabilità. Stavolta però non c’entrano i problemi legati all’erogazione del servizio dell’Aec, partito comunque in ritardo di qualche giorno quest’anno rispetto all’inizio dell’anno scolastico, bensì l’assenza di figure specializzate in grado di prendersi cura delle necessità dei bambini con disabilità gravissima.

Il caso riguarda tre piccoli alunni delle scuole di Ardea (2 iscritti alla scuola primaria di via Varese e uno alla scuola dell’infanzia di via Pratica di mare, ndr), non autosufficienti e non in grado di alimentarsi in modo autonomo, con nessuno che li aiuti durante l’orario della mensa (anche se la questione, come vedremo, è molto più ampia).

Secondo i genitori ad occuparsi di tali mansioni dovrebbe essere la figura dell’Assistente educativo culturale: “Sembra che, nel concreto, a beneficiare della figura dell’assistente educativo culturale siano, alla resa dei conti, soltanto gli alunni autosufficienti”, ci racconta una mamma di uno degli alunni.

“Per gli altri, quelli cioè con disabilità gravissima, il servizio si trasforma in una sorta di “part-time” dato che durante il servizio mensa nessuno può assisterli”.

Lo testimonia, ad esempio, il caso specifico di Gabriel, 7 anni, affetto da tetraparesi spastica a seguito di un problema neonatale, che non può contare su un’assistente che sia in grado di provvedere a lui dandogli da bere e da mangiare, oltre che dal punto di vista igienico. Gabriel, divenuto peraltro famoso alle cronache nazionali per la lettera al Papa che spinse il pontefice a visitare la struttura presso la quale è in cura dalla nascita, la fondazione Santa Lucia, non riesce a parlare e per nutrirsi necessita talvolta della nutrizione artificiale tramite PEG (come lui ci sono altri due bambini ad Ardea 3, ndr); ciò non ha influito però minimamente sul suo carattere, deciso e dirompente, e sulla sua intelligenza, come dimostra del resto la vicenda della lettera al Papa. 

“Lo scorso anno avevamo ‘bypassato’ il problema trovando un accordo con l’Aec di mio figlio, un’infermiera volontaria della croce rossa”, ci racconta la mamma di Gabriel.

“Quest’anno però, cambiando la cooperativa del Comune, le cose si sono maledettamente complicate. In poche parole le assistenti educative non possono provvedere a Gabriel cibo, acqua e il cambio del pannolino, quindi sono io a dovermi recare a scuola tutti i giorni per occuparmene”.

Gabriel è iscritto infatti al tempo pieno ed è la mamma, sin dall’inizio dell’anno scolastico, a dover fare avanti indietro con la scuola, alternando per di più le terapie. “Ho già perso un lavoro che avevo trovato”, aggiunge la mamma, “non so come conciliare le cose”. E come la mamma di Gabriel anche i genitori degli altri due bambini.

Ma come è possibile tutto questo? Tutto nascerebbe dall’assenza di figure specialistiche in grado di occuparsi di questi casi di disabilità gravissima.

“Gabriel non viene nemmeno accompagnato in bagno”, protesta infatti la mamma. “E non lo fanno nemmeno gli assistenti di base (la figura dell’ex bidello, ndr)”.

Eppure, aggiungiamo noi, “la funzione di tali figure dovrebbe essere quella […] di assistenza materiale nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale degli alunni con disabilità grave dal punto di vista fisico“. Il problema è che, anche qui, il compito di prendersi cura dell’igiene intima di un bambino portatore di handicap sembrerebbe rientrare in una sfera di mansioni particolari, la quale richiederebbe, tra i requisiti, l’accettazione da parte del collaboratore scolastico di un “incarico specifico” assegnato dal Dirigente Scolastico – talvolta remunerato a parte – a fronte di una formazione specializzata. Ma anche in questo caso il quadro non è chiaro e spesso il tutto si trasforma in un’aspra diatriba tra presidi e dipendenti, come dimostrano i molti casi registrati in tutta Italia. 

Nel caso della scuola di Gabriel in effetti nessuno sembrerebbe voler prendersi la responsabilità, con conseguenti effetti devastanti per la psicologia del bambino, trattato alla stregua di ‘corpo estraneo’ di cui nessuno vuole occuparsi. In barba a tutte le convenzioni umanitarie sull’integrazione scolastica degli alunni affetti da disabilità gravissime, diritto garantito peraltro da numerose sentenze dalla Corte Costituzionale. 

Per il Comune di Ardea, invece, dovrebbe essere proprio il personale ATA, dietro formazione fornita gratuitamente della ASL, a doversi occupare di questi bambini, e non la figura dell’AEC, dando di conseguenza ai Presidi l’onere di provvedere ad una soluzione. 

A tal proposito pubblichiamo le parole del Dirigente del Comune di Ardea preposto da noi interpellato: “Sono lieto di fare dichiarazioni se sono i dirigenti scolastici a rilasciarne prima di me in quanto è a loro che si dovrebbero rivolgere le richieste di chiarimenti e di attivazione del servizio”, precisa il funzionario. 

“Prima ancora di doverci sentire coinvolti come ente, dovrebbero essere gli effettivi referenti del servizio a dover intervenire, ossia i dirigenti scolastici. Questo servizio deve essere reso tramite personale ATA. Se in passato ci sono stati casi di personale AEC che si è prestato e per “comodità” genitori e dirigente scolastico ne hanno accettato la prestazione, questo non può ora essere considerato di norma. Sono profondamente dispiaciuto per questi tre bambini, ma sono confidente che nel giro di qualche ora i dirigenti scolastici risolvano il problema“.

Ad ogni modo la situazione di Gabriel e degli altri alunni portatori di handicap gravi va avanti praticamente dall’inizio dell’anno scolastico e il rimpallo di responsabilità fra i vari attori in gioco di certo non aiuta alla risoluzione del problema.

Sul caso si è espressa recentemente anche la Consulta per il superamento dell’handicap di Ardea: “Non sono chiare le soluzioni per mettere in condizioni gli alunni a partecipare alla mensa come tutti gli altri. Il gioco delle competenze sta degenerando in una condizione di caos. Le ore di assistenza non ancora ben definite nelle competenze, e in alcuni casi ancora con orari insufficienti utili a garantire l’intera permanenza dell’alunno H, rappresentano la messa rischio dell’applicazione della legge sull’integrazione scolastica. La consulta riprende la sua attività vista l’emergenza in cui versano i nostri piccoli cittadini con disabilità”.

“Basterebbe così poco, eppure”, conclude la mamma di Gabriel. “Nel circolo didattico dove va mio figlio ci sono altri due bambini nelle sue condizioni e uno frequenta la stessa scuola: con due assistenti specializzati si risolverebbe il problema”.

 

 

 

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