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Corruzione in Tribunale, il giudice del Riesame non scarcera l’aspirante avvocatessa

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Tribunale di Roma

La “talpa” del Tribunale di Roma è pericolosa. Il giudice del Riesame si è espresso sull’aspirante avvocatessa romana, che insieme al proprio compagno era accusata di passare informazioni top secret della Procura ad ambienti criminali e soprattutto a clan attivi sul territorio romano. Secondo le indagini, la giovane ragazza – con la complicità di un funzionario della sede giudiziaria ancora ignoto – riusciva ad avvertire i propri clienti sulle indagini in atto nei loro confronti o se fossero intercettati sulle vie telefoniche o nei beni di loro proprietà (con telecamere o microfoni nascosti).

La talpa del Tribunale di Roma rimane in carcere

Per il giudice del Riesame, la donna è pericolosissima a livello di sicurezza pubblica. Se non era il cervello per sabotare il sistema giustizia capitolino, quantomeno ne faceva parte e portava clienti per avere informazioni con segreto istruttorio. La donna, anche per 300 euro, riusciva a vendere tali dati con grande precisione, permettendo a malavitosi – che gli chiedevano consulenza – di anticipare le mosse della giustizia italiana. 

L’accusa di corruzione per l’aspirante avvocatessa

L’aspirante avvocatessa, che stava svolgendo il periodo da tirocinante prima di finire in carcere, è accusata di corruzione. Dopotutto, i suoi servigi all’interno della Procura di Roma avevano un costo. Per le informazioni sensibili che riportava, ma di rilevanza vitale per i clan malavitosi, la donna chiedeva anche pagamenti esigui. Sul suo complice dentro piazzale Clodio, la giovane ancora non ha mai fatto nomi.

I magistrati provano a incastrarlo da mesi, nonostante l’Ufficio Intercettazioni del Tribunale di Roma veda accessi limitati del personale in quell’area. Chi faceva uscire le informazioni dalla struttura giudiziaria romana, aveva libero accesso a quei locali, ma soprattutto la capacità di elaborare precisissimi dossier d’interesse ai criminali che chiedevano loro consulenza. Documenti così dettagliati, che “Mister X” era capace di spiegare anche in quali modalità la Procura intercettava gli eventuali indagati. 

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