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CRISI HERLA: PRIME DECISIONI LA PROSSIMA SETTIMANA

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IN VIA CAMPOBELLO REGNA LA SFIDUCIA TRA I LAVORATORI, CHE TEMONO IL MANCATO PAGAMENTO DELLE RATE CON CUI LA HERLA DOVREBBE SANARE LA PROPRIA POSIZIONE\n\nIn attesa di essere nuovamente convocati dal Prefetto, cosa che avverrà con molta probabilità alla fine della prossima settimana, i dipendenti della Herla hanno riposto le loro speranze negli Ispettori della Direzione Provinciale del Lavoro, che ieri si sono recati in via Campobello, dove hanno incontrato i lavoratori e l’avvocato Marco Vilone, legale dell’azienda che da ormai più di un anno non paga gli stipendi ed i contributi. L’accordo che la DPL – durante un confronto con la società “faccia a faccia” con Vilone durato alcune ore – è riuscita a spuntare prevede che, da mercoledì 27 a venerdì 29 Ottobre, l’azienda incontrerà singolarmente tutti i lavoratori per una conciliazione monocratica. In pratica, ogni singola persona – sia attualmente in servizio che in malattia, aspettativa o maternità – discuterà con la società della propria posizione: l’azienda farà una proposta economica individuale, che il lavoratore sarà libero di accettare o meno. Le uniche certezze finora emerse sono che l’importo che la Herla offrirà non andrà a coprire l’intero pregresso, ma solo una percentuale consistente dello stesso, e che verrà ripartito in 5 rate: la prima al momento dell’accettazione della proposta e le altre a scadenza mensile. “Ed è proprio questo che ci preoccupa – sostiene Raffaella a nome dei 34 lavoratori che presidiano la sede giorno e notte – l’esperienza vissuta con l’azienda ci fa temere che, pagata la prima rata, “dimentichi” le altre, lasciandoci di nuovo a bocca asciutta. E’ quello che ha sempre fatto, è il motivo per cui ci troviamo adesso in questa condizione: pagamenti sempre rimandati, spezzettati, mancati. Ed è per questo che, se la proposta che ci verrà fatta sarà accettabile, continueremo in ogni caso il presidio fino al termine dei pagamenti”. In pratica resterete qui altri 4 mesi… “Sì, non ci muoveremo finché non ci verrà dato quanto ci spetta di diritto, feste comprese. Noi non vogliamo nulla che non ci competa, ma solo il frutto del nostro lavoro. Un lavoro logorante, che solo chi non ha mai prestato la sua opera in un call center può capire. Per far valere le nostre ragioni stiamo rinunciando al nostro tempo, alle nostre famiglie ed ai nostri figli, ma questa battaglia va combattuta fino in fondo, perché non è giusto che ci sia ancora, nel XXI secolo, chi si approfitta dei lavoratori. Lottiamo quindi per i diritti di tutti, perché si sveglino le coscienze e si trovino le soluzioni anche per i casi che verranno. Perché se oggi è toccato a noi, nulla vieta che un domani una situazione del genere possa colpire altra gente”.\n\nGli ispettori saranno quindi di nuovo nella sede pometina mercoledì prossimo e gestiranno il flusso dei lavoratori durante le contrattazioni. Nel frattempo la CGIL ha chiesto alla Provincia ed alla Regione un maggiore interesse, per far sì che possano essere avviate le procedure per gli ammortizzatori sociali. “Al momento – continua Raffaella – noi risultiamo in servizio, anche se non stiamo lavorando: infatti non abbiamo mai ricevuto né una lettera di licenziamento né altre comunicazioni in merito. Noi siamo qui pronti a metterci al computer con le cuffie alle orecchie, così come abbiamo sempre fatto e come invece adesso ci viene impedito di fare senza una motivazione ufficiale. Da un giorno all’altro ci siamo ritrovati con le porte degli uffici chiuse e nell’impossibilità di svolgere i nostri compiti, ma per noi il rapporto di lavoro non si è mai interrotto, quindi vorremmo che ci venissero riconosciuti anche gli stipendi di settembre ed ottobre, che sono al di fuori delle trattative in corso, e che si definisca il nostro futuro. Se l’azienda decidesse infatti di chiudere per fallimento od altro, vorremmo sapere se possiamo rientrare nei parametri della cassa integrazione, perché trovarsi da un momento all’altro senza nessuna certezza e senza speranze per il futuro immediato non è certo piacevole”. Ricordiamo che il 13 ottobre, davanti al Prefetto di Roma, l’azienda ha assicurato di essere attiva e funzionante, ma negli uffici in tutti questi giorni non si è mai visto un responsabile se non il legale, intervenuto soprattutto perché costretto dai Carabinieri e dal Sindaco di Pomezia. “Noi ringraziamo le autorità e le forze dell’ordine, perché con loro ci siamo sentiti protetti. Su 34 lavoratori, 29 sono donne e forse per questo l’azienda non ha tenuto in considerazione le nostre rimostranze, neanche quando qualcuna di noi ha minacciato gesti estremi. Hanno preso sottogamba quello che stavamo facendo, fino a che l’intervento di esponenti politici, primo fra tutti De Fusco, e dei Carabinieri non ha puntato l’attenzione sul dramma che stavamo e stiamo vivendo. Solo in quel momento la Herla ha capito che facciamo sul serio”.

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