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‘Ndrangheta a Roma: «Capitale ‘ambita’ dalle mafie», spaccio ma anche riciclaggio di denaro sporco. Tutti i dettagli sull’operazione chiusa stamattina

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Le mani della ‘ndrangheta sullo spaccio (e non solo) nella Capitale. Sono stati resi noti dall’Arma dei Carabinieri i dettagli della maxi operazione che ha portato all’arresto stamani di 33 persone. Un blitz scattato all’alba nelle province di Roma, Reggio Calabria (RC), Venezia (VE) e Grosseto (GR): sulle persone indagate pesano le accuse, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, cessione e detenzione ai fini di spaccio, estorsione aggravata dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto abusivo di armi.

‘Ndrangheta a Roma: le indagini

Il provvedimento cautelare si basa sulle risultanze acquisite dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Via in Selci nell’ambito dell’indagine convenzionalmente denominata “Enclave” sviluppata tra il 2017 e il 2018.

Le operazioni hanno consentito di individuare e disarticolare un sodalizio contiguo alla ‘ndrangheta, costituito da soggetti calabresi e romani, dedito al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana e hashish) ricostruendone i canali di approvvigionamento, il sistema di gestione delle “piazze di spaccio” e le modalità di cessione.

Al vertice di tale sodalizio, che espletava la maggior parte delle attività criminali nell’area nord-ovest di Roma (in particolare nelle zone di Casal del Marmo, Prima Porta, Borghesiana e nei Comuni di Sacrofano, Riano, Capena, Morlupo e Cerveteri), è stato individuato Pasquale Vitalone, classe 1976, soggetto pluripregiudicato, organico alla ‘ndrina ALVARO di Sinopoli (RC) e stabilitosi da tempo a Sacrofano (RM), da dove dirigeva da quel  le sue attività illecite avvalendosi anche di propri familiari.

L’uso della “famiglia”: «Più affidabili di altri»

I familiari venivano “considerati più affidabili e riservati rispetto ad altri componenti del sodalizio” e venivano “incaricati per le operazioni più delicate”. Tra queste: reperire canali di approvvigionamento, curare i rapporti con gli altri associati, trasferire il denaro contante, attuare per conto del capo azioni intimidatorie, garantire la riservatezza delle comunicazioni tra gli accoliti, cercando di eludere le eventuali captazioni delle Forze dell’Ordine.

I risultati delle indagini

Nel corso delle operazioni, oltre alle numerosissime cessioni, sono state ricostruite, in maniera dettagliata, svariate operazioni di narcotraffico tra le quali:

  • La negoziazione di una partita di 20 kg di cocaina proveniente dalla Colombia, operazione gestita mediante l’intermediazione di due broker italiani, una donna 65enne residente ad Orbetello (GR) e un uomo della provincia di Venezia, contiguo all’ex “Mala del Brenta”;
  • La compravendita di una partita di 12 kg di cocaina al prezzo di 312 mila euro, operazione gestita per conto del VITALONE da un soggetto di origini bulgare, il quale si recava in più occasioni in Spagna per gestire le trattative con un gruppo di colombiani che avrebbero dovuto far arrivare lo stupefacente in Italia direttamente dal Sudamerica;
  • La vendita di una partita di marijuana di 10 kg, fornita in conto vendita da PELLE Antonio, nipote del noto PELLE Antonio, soprannominato “Ntoni Gambazza”, ritenuto il capo dell’omonima cosca di San Luca (RC);
  • La trattativa per l’acquisto di 1.500 kg di hashish da cedere ad acquirenti già individuati e attivi nella zona Nord di Roma.

Gli arrestati

Le attività di spaccio al dettaglio e quelle connesse alla ricerca di nuovi e più lucrosi canali di approvvigionamento non trovavano mai sosta, nonostante durante le indagini siano stati arrestati 10 soggetti in flagranza per spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti; 2 soggetti per detenzione abusiva di armi e munizionamento, con contestuale sequestro di una pistola revolver FRANCHI 38 special, un fucile mitragliatore STEN MK calibro 9 con due caricatori e 66 proiettili cal. 9 parabellum;   sequestrati kg. 1,5 di cocaina, kg. 115 di marijuana, kg. 30 di hashish.     

L’uso della violenza

Inoltre, in svariate occasioni veniva documentato come gli indagati non disdegnassero l’uso della violenza, in particolar modo nelle attività connesse al recupero crediti con modalità estorsive. Emblematici, in tal senso, sono:

  • Un’estorsione aggravata dal metodo mafioso commessa nei confronti di un trafficante calabrese, reo di una mancata fornitura di droga per la quale era stata versata la somma di 116.500 €. Dopo svariate minacce di morte anche nei riguardi della moglie e di un violento pestaggio ai danni di un suo uomo di fiducia, il trafficante veniva costretto a restituire parte del denaro già consegnatogli;
  • La condotta estorsiva nei riguardi di un acquirente, ritenuto responsabile del mancato pagamento di una partita di cocaina. Al fine di costringerlo a consegnare il denaro, alcuni degli indagati esplodevano sei colpi d’arma da fuoco all’indirizzo del portone di ingresso dell’abitazione della vittima e appiccavano il fuoco alla sua autovettura; 
  • Il tentativo di rilevare le quote societarie di una palestra sita in Riano (RM), attività ritenuta utile a riciclare il denaro di provenienza illecita. Al fine di piegare le volontà dei tre soci che non intendevano cedere le proprie quote, i malviventi dapprima incendiavano l’auto del primo, poi esplodevano un colpo d’arma da fuoco contro l’auto del secondo e, successivamente, incendiavano il cancello dell’abitazione e l’auto del terzo.

Le attività commerciali

Nel mirino delle indagini sono finite anche alcune attività commerciali. Si tratta, nello specifico, di: 

  • Un’autofficina sita a Sacrofano (RM), considerata la base logistica del sodalizio criminoso, utilizzata sia per la vendita al dettaglio delle sostanze stupefacenti, che per lo svolgimento degli incontri tra i sodali;
  • Un solarium, utilizzato come base logistica dai responsabili della piazza di spaccio della zona Borghesiana;
  • Un bar – tabacchi, sito in zona Casalotti, gestito in prima persona da Pasquale Vitalone, il quale, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia patrimoniale, attribuiva fittiziamente la titolarità della società di gestione del bar alla moglie e quella relativa alla tabaccheria a due nipoti. Quest’ultima attività commerciale è stata sottoposta a sequestro preventivo contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari personali.

 

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