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Ostia, morte del giovane Milon Sayal: fermati due ventenni, sono sospettati di averlo ucciso

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Nella serata di venerdì scorso, gli agenti della Polizia di Stato del Commissariato Lido di Roma hanno eseguito il fermo di C.N. e di sua moglie C.N., entrambi romani ventenni già noti alle forze di polizia, in quanto gravemente indiziati di concorso in omicidio e rapina.

La vicenda trae origine dal ritrovamento, avvenuto in Via Enea Picchio – zona Nuova Ostia – lo scorso 8 ottobre, del giovane Milon SAYAL, 33enne originario del Bangladesh, soccorso – per strada – da passanti e accompagnato, in ambulanza, prima all’Ospedale Grassi di Ostia e, successivamente, vista la gravità delle sue condizioni, al San Camillo, dove moriva dopo un giorno di agonia, a causa di un esteso ematoma cranico.

La sostanziale assenza di testimoni e la mancanza, sul corpo del deceduto, di evidenti segni di violenza – al punto da potere apparire, ad un primo approccio, decesso per cause naturali – rendevano estremamente difficili le indagini, inizialmente, ispirate dal dato anomalo relativo alla presenza, di domenica mattina, ad Ostia Nuova di un giovane bangladese, dalla vita assolutamente regolare, residente nel Quartiere San Giovanni e con un impiego fisso presso un centro ludico-sportivo del Tiburtino.

D’altra parte, le grida che i soccorritori avevano udito provenire dal luogo del ritrovamento e il fatto che il giovane SAYAL non avesse più con sé il proprio Iphone, appena acquistato, né la cospicua somma di circa mille euro (raccolta tra i suoi coinquilini per corrispondere l’affitto di casa), facevano propendere gli investigatori del Commissariato verso l’ipotesi della rapina con esiti mortali.

Il pervicace lavoro degli agenti consentiva – attraverso testimonianze, telecamere pubbliche e tracciati telefonici – di ricostruire minuziosamente le ultime ore di vita di SAYAL Milon, il quale, quella domenica di ottobre, utilizzando i mezzi pubblici, aveva raggiunto Ostia, per incontrarvi, dopo averla ripetutamente contattata telefonicamente, una giovane donna, probabilmente individuata attraverso un sito internet di incontri amorosi.
L’ulteriore approfondimento investigativo, svolto monitorando gli ambienti vicini alla donna, abitante a poche centinaia di metri da quella Via Enea Picchio, in cui era stato rinvenuto e soccorso SAYAL Milon privo di sensi – peraltro, contestuale alla pubblica mobilitazione della locale comunità del Bangladesh, desiderosa di conoscere la verità sulla morte del concittadino dava fondamento all’ipotesi investigativa che vedeva il giovane bangladese attratto, con la prospettiva di un incontro amoroso, in quella che si sarebbe rivelata una trappola mortale.

Infatti, la mattina dell’8 ottobre, ad aspettarlo ad Ostia Nuova non ci sarebbe stata solo la donna contattata telefonicamente, ma anche il di lei marito, pronto ad aggredirlo brutalmente a pugni e a rapinarlo dei suoi averi; aggressione che determinava la morte del SAYAL a seguito di un colpo inferto alla testa.

Nella giornata di venerdì 11 maggio, sono scattate le perquisizioni a carico degli indagati e di tutti coloro, in qualche modo, coinvolti nella vicenda. L’Iphone appartenuto a SAYAL Milon è stato trovato in possesso di un giovane della zona che lo aveva ricevuto da una persona a cui la donna indagata, la 20enne C.N., lo aveva venduto.

Considerati gli elementi emersi nel corso della lunga e complessa indagine, il Pubblico Ministero titolare della stessa, coordinato dal Procuratore Aggiunto presso la Procura della Repubblica di Roma, ha ritenuto di sottoporre la citata indagata e il di lei marito C.N., anche lui 20enne, a fermo di persona gravemente indiziata di reato; provvedimento eseguito nella serata dello stesso 11 maggio dagli agenti del Commissariato Lido di Roma che hanno svolto le indagini.

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