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Roma, slitta il referendum sull’Atac promosso dai Radicali

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Il Campidoglio ha deciso: slitta il referendum sull’eventuale privatizzazione dell’Atac (l’azienda dei trasporti pubblici romana) dal 3 giugno 2018 al prossimo autunno.

LA DECISIONE DELLA RAGGI SUL REFERENDUM

Molti di voi diranno: quale referendum? Eh si, perché l’informazione in merito è stata scarsissima negli ultimi mesi. Si tratta dell’esito dell’iniziativa promossa quasi un’anno fa (tra l’estate e Settembre del 2017) dai Radicali di Roma che avevano raccolto 33.000 firme (più del necessario) per indire un referendum consultivo sulla liberalizzazione di Atac (in pratica l’apertura ad investitori ed imprenditori privati tramite la messa a gara).

L’operazione si poneva in netta contrapposizione alla volontà della Sindaca grillina Virginia Raggi e della sua giunta, che infatti ha optato per il concordato preventivo (una procedura di commissariamento accompagnato dal Tribunale di Roma per ristrutturare i debiti e tentare di evitare il fallimento). Parallelamente il Campidoglio aveva fissato il referendum in una data il più lontano possibile, per evitare possibili problemi.

Ora arriva questo rinvio. La scelta è motivata con la vicinanza della data al 10 giugno 2018, giorno in cui è stata fissata l’elezione per rinnovare presidente e consiglio di due municipi dove il M5S ha visto sgretolarsila propria maggioranza: il III e l’VIII (Porta di Roma e Garbatella).

Dice il Campidoglio: dato che la legge impedisce di accorpare i due tipi di elezione nello stesso giorno e per “evitare confusione tra consultazioni di differente natura che dovrebbero svolgersi nello stesso arco temporale”, non rimane che il rinvio.

E aggiunge: “La nuova data favorisce le operazioni di campagna elettorale da parte dei comitati referendari che potrebbero risultare limitata dalla vigente normativa sulla comunicazione durante il periodo elettorale. Inoltre, lo spostamento dei referendum consultivi potrà produrre un notevole risparmio economico. La consultazione del 3 giugno avrebbe un costo di 16 milioni di euro. Tale cifra potrebbe ridursi in autunno: è allo studio la possibilità di impiegare un sistema elettronico dedicato alla votazione“.

Il rinvio della consultazione e la fissazione della nuova data saranno oggetto di una successiva ordinanza che la Sindaca di Roma adotterà dopo aver sentito, come da regolamento, la Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari e i rappresentati dei comitati promotori del Referendum.

LA REAZIONE DI RADICALI E PD

Riccardo Magi, leader dei Radicali romani parla su Twitter di un vero e proprio boicottaggio che “va fermato”, sostenendo che il suo partito farà di tutto affinché la consultazione si realizzi effettivamente.

Il gruppo capitolino del PD rincara la dose.

A 48 ore di distanza dal consiglio straordinario su #Atac apprendiamo dalle agenzie di stampa che i referendum sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico è stato rinviato a settembre. È una vergogna, la sindaca Raggi e la giunta si prendono gioco dell’aula e dei romani. La sindaca dopo aver disertato l’aula ora fa riferimento a tecnicismi che sarebbero all’origine del rinvio.Dopo il rifiuto della richiesta di accorpamento dei referendum con le elezioni municipali e la denuncia della carenza di informazione sull’argomento, oggi la Raggi prende a pretesto proprio questi argomenti per sospendere le regole sulle consultazioni dei cittadini.
Perchè questa intenzione non è stata anticipata in Assemblea Capitolina? Quale novità è intervenuta nelle ultime 48 ore? Siamo di fronte ad un’ennesimo colpo di mano. La Raggi ha paura di far pronunciare i romani sul trasporto pubblico locale e prende tempo togliendo ai cittadini romani il voto. Nel ribadire la nostra contrarietà al concordato fallimentare, sollecitiamo sindaca e giunta ad uscire dalle ambiguità e intraprendere la strada dell’amministrazione straordinaria, unica soluzione che può garantire l’azienda capitolina di trasporto pubblico, i suoi dipendenti e il servizio di trasporto per i romani.

Per “amministrazione straordinaria” si intende quella procedura riservata ad imprese molto grandi con lo scopo di conservare complesso produttivo al fine di ripristinare il patrimonio e salvaguardare i posti di lavoro (oltre alla ristrutturazione dei debiti prevista dal concordato preventivo). Questo procedimento, tuttavia, sarebbe gestito dal Tribunale di Roma ed il MISE (Ministero dello Sviluppo economico).

Vista la presenza al Ministero del dem Carlo Calenda (con cui la sindaca a più volte litigato in riferimento a fondi e poteri aggiunti da dare a Roma Capitale) questa opzione sembra però difficilmente percorribile.

UN REFERENDUM SCOMODO

E’ chiaro che, al di là di come ognuno la pensi circa la natura e le strategie di risanamento di Atac, si tratta di un referendum che oggi è scomodo per l’amministrazione Raggi. Lo è perché rischia di screditare l’operato della giunta, in un momento in cui il concordato preventivo è in una difficile fase di svolgimento, da cui ancora non emergono svolte radicali.

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