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Roma, stazioni della FC3 vandalizzate. I pendolari: ‘Siamo ostaggio delle baby gang’

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stazione FC3 Vandalizzata

Giocano col fuoco i nostri figli, o i nostri nipoti, secondo i casi. E col fumo. Questa mattina, alla stazione della linea ferroviaria FC3 quella per intendersi che collega Roma a Viterbo, un odore acre proveniente dal piano superiore ha attirato l’attenzione di un paio di passeggeri. “Venga, venga a vedere – una anziana signora che mi sorprende nell’atto di scattare foto per documentare il degrado della stazione Ipogeo degli Ottavi – mi invita a seguirla.
“Guardi cos’hanno combinato ancora quei ragazzacci!” Sotto le macchinette obliteratrici quel che resta di un fuocherello acceso -per divertimento o per noia – con dei vecchi giornali verosimilmente nella notte, dai soliti noti.
Li avevamo già sorpresi nei giorni scorsi, quei “ragazzacci” nell’atto di rollarsi le canne del mattino tra le 7 e le 8 prima di andare a scuola, incuranti del divieto di fumo – che è ormai legge a livello europeo dal 23 maggio 2019 all’interno delle stazioni. Lo fanno dentro, lo fanno fuori, lungo i binari, in attesa del treno che li riverserà in massa, come li ha raccolti, negli istituti di Montemario, Balduina, Aurelia. Incuranti degli sguardi di disapprovazione degli adulti, sicuri di restare impuniti. Nell’ordinamento italiano, infatti, la minore età è considerata causa di non imputabilità fino a 14 anni, età in cui – per il minore che commette reato, ilprocedimento penale sarà di competenza del Tribunale per i Minorenni. Quello che sicuramente rattrista – e non poco – è che molti dei ragazzini ripresi ogni giorno dalle telecamere di sorveglianza a loro insaputa (oanche no) sono ancora dei bambini, che cominciano a fare uso di droga tra i banchi delle scuole medie, quasi sempre trascinati sulla cattiva strada dai loro compagni più grandi. Perché molti di loro ovviamente, spacciano. E lo fanno alla luce del sole. Alcuni sembrano avere già nei tratti del viso – quella espressione “un po’ feroce sugli zigomi” di vite bruciate troppo presto. Nulla li spaventa. E se qualcuno prova a redarguirli, si gonfiano come uccelli inferociti, e partono le minacce, gli insulti, le intimidazioni. All’arrivo del treno. Si accalcano col puzzo acido del loro fumo che trapassa le mascherine – quando le indossano. E gridano, bestemmiano, ridono come esistessero solo loro. A quei pochi che conservano la faccia da bravo ragazzo (o ragazza) di buona famiglia, quante speranze restano di attraversare indenni questo drammatico scenario che pare non interessi a nessuno?

Quella stazione era un fiore all’occhiello

La settimana scorsa sono arrivati i Carabinieri, allertati da una mamma, che li ha sorpresi a vandalizzare una panchina e a scarabocchiare sui muri. “questa stazione era un fiore all’occhiello – dichiara la signora inviperita a Ipogeo degli Ottavi. Prima che riaprissero le scuole era un salotto, in confronto a tante altre stazioni romane! Se ogni tanto compariva un graffito, la cooperativa di pulizia, dopo aver lavato a specchio pavimenti e finestre, passava anche una mano di vernice su quelle scritte. Ma ora… ora è impossibile!” E invero non c’è muro, impianto o macchinetta che non sia stato deturpato da scritte e disegni. Talvolta osceni, talvolta persino blasfemi. Anche i vetri delle finestre sono stati spaccati e ascensore e scale mobili, tutti imbrattati anche quelli, funzionano a giorni alterni. Dalle quattro alle sei del pomeriggio altri treni, altri vagoni rigurgitano il fiume in piena degli studenti che rientrano dalle scuole. Molti di loro non rientrano subito. E con il resto della banda si fermano per rollarsi altre
canne, per fumare ancora. Il più alto e robusto – 16 anni di sicuro li ha compiuti – mi fa segno di no.
Di non passare, mentre una nuvola di fumo acre già mi avvolge. “L’ascensore non funziona!” – dice mentre mi avvicino. “Strano – rispondo – stamattina funzionava”. Gli fanno eco altri tre ragazzini, stavolta forse 13enni.
“No, no signora. Non funziona” Mi copro bene naso e bocca con la mascherina e attraversando il blocco
rappresentato dal gruppetto, mi avvio diretta all’ascensore. Parte, naturalmente. Una domanda nasce spontanea: e se quell’innocuo fuocherello – come qualcuno lo ha definito – diventasse un incendio?

Rosanna Sabella

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