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Dogman, il film capolavoro che intreccia bene e male in modo spietato

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Chi non ha ancora visto il nuovo film di Matteo Garrone, si chiederà il motivo di tutta l’attenzione dell’opinione pubblica verso questo capolavoro. Rispondere a quest’interrogativo non è di certo facile ma ci proverò perché ” Dogman “ merita un’attenta riflessione. 

Siamo a Roma, zona Magliana. Il protagonista di nome Marcello ha una toilettatura per cani: la sua grande passione è dedicare un posto nel cuore per ogni creatura canina che incontra, infatti riserva ad ognuno sempre lo stesso calorosissimo aggettivo “amoore”, detto ovviamente alla sua maniera un po’ particolare. E’ un personaggio amato da tutti, spende molto tempo a sua figlia Alida e si dedica al calcetto nel tempo libero. La sua vita apparentemente tranquilla, ha un lato molto cupo e tetro: spaccia cocaina ed ha rapporto inizialmente amichevole con Simoncino, un boss che per farsi rispettare nel quartiere massacra di botte chi gli mette il bastone fra le ruote. L’intero quartiere non sopporta i soprusi di quest’uomo e quando il timido ed introverso Marcello viene scoperto a collaborare con il criminale, viene emarginato e la sua vita sociale piena di amore e sorrisi è così travolta da tanta solitudine ma soprattutto dalle riflessioni che pervadono il minuto e innocuo protagonista. Mi fermo qua per non spoilerare troppo.

Perché questo film provoca una riflessione profonda nello spettatore? 

Dogman è un’immagine nuda e cruda della nostra società. Non fa sconti, va dritto al punto, è scottante e lo spettatore non può far altro che sorbire il terrore che vive Marcello, un umile uomo che si ritrova travolto da una spirale che non lascerà scampo a nessuno, tanto meno a lui stesso. Tutti noi abbiamo la necessità interiore di chiederci quotidianamente quale sia quel filo sottile che divide bene e male, quel filo che determina le nostre azioni che rispecchiano i nostri flussi mentali. Come fa un uomo così pieno di amore da donare agli altri a diventare un protagonista negativo? La risposta è nel suo sguardo perso nel vuoto mentre abbraccia sua figlia Alida, l’istinto primitivo umano di sopravvivenza che prevale sulla sua bontà, oltre che razionalità.

Marcello possiamo essere noi, può essere un nostro vicino di casa, un nostro amico o un nostro collega contraddistinto da gentilezza, umiltà e semplicità ma allo stesso tempo con un lato nascosto dominato dalla confusione nel momento in cui vengono meno le certezze. Simoncino rappresenta un male relativo che s’intreccia spesse volte con l’umanità genuina di Marcello, lasciando lo spettatore sorpreso e travolto dalla stessa profonda e spiazzante spirale emotiva che contraddistingue il film di Garrone da tante altre produzioni cinematografiche. Qual è la linea di demarcazione tra il bene e il male? E’ questa la domanda che si porrà chi uscirà dalle sale dopo aver visto questo film.

La straordinaria abilità del regista Matteo Garrone è proprio questa: saper immortalare i volti che hanno delle metamorfosi veloci quanto inaspettate, radicali quanto umane. Eh sì, perché Garrone tira fuori il profondo dell’animo dove amore può non far rima con razionalità.

Chi è l’attore che interpreta magistralmente il protagonista Marcello?

Marcello è interpretato da Marcello Fonte, fresco di premiazione come miglior attore al Festival di Cannes. Ebbene sì, quel personaggio così particolare, con l’accento del sud ha radicato nel suo attore l’essenza del successo del personaggio e di Dogman. Ma chi interpreta Marcello detto Dogman? Chi è questo attore che sembra uscito così, dal nulla?

Marcello Fonte durante la premiazione al Festival di Cannes

Marcello Fonte è stato come inghiottito dal destino che lo ha fatto incrociare con Matteo Garrone, ecco le parole del regista romano: “È il custode del centro sociale romano Nuovo Cinema Palazzo. Un giorno, durante le prove di uno spettacolo con ex detenuti, uno di questi è morto all’improvviso. Marcello sapeva la parte a memoria e lo ha sostituito. Quando il mio responsabile casting è andato a vedere lo spettacolo per scegliere un po’ di attori da provinare, lo ha trovato lì. È strepitoso”. L’attore di origini calabresi sognava “l’arte da un cantina occupata”, si imbucava sui set “per mangiare il cestino”, viveva in una baracca e “quando cadeva la pioggia sopra le lamiere mi sembrava di sentire gli applausi, ed ora quegli applausi sono i vostri”. Ecco chi è questo attore “per caso” scelto da Garrone, che con la sua semplicità ha conquistato niente di meno che i giudici del famoso Festival francese portando Dogman al successo mondiale.

Film liberamente ispirato ad una storia di cronaca reale

Dogman è ispirato a una storia vera, il delitto del Canaro della Magliana, un brutale evento accaduto a Roma alla fine degli anni ’80 e raccontato anche nel libro di Vincenzo Cerami, Fattacci. Ma Garrone specifica di essersi soltanto ispirato al fatto di cronaca nera, senza voler in alcun modo ricostruire le dinamiche come si dice che siano avvenute, ovvero in maniera molto più cruenta e spietata nella realtà. E infatti chi si aspetta di vedere nel film scene di violenza e torture, rimarrà inevitabilmente deluso, scoprendo invece quanto possa essere dolce e dolorosa la storia di un uomo che, dopo una vita di umiliazioni, si illude di potersi liberare.

 

 

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