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Varianti Covid più pericolose per i giovani, i risultati dello studio: ricoveri e terapie intensive in aumento

Pubblicato il
Coronavirus Asl Latina 25 gennaio 2022

Oltre un anno di “convivenza forzata” con il Coronavirus, quella malattia subdola che ha stravolto le vite di tutti rendendo la quotidianità di sempre quasi un miraggio. Ma come se non bastasse, a questo da tempo si è aggiunto un altro tassello di cui proprio non ne avremmo sentito “la mancanza”: le varianti del virus. Dall’inglese, alla brasiliana, dalla sudafricana alla più recente indiana. Ma quanto sono pericolose e quanto i vaccini sono efficaci contro queste mutazioni? Stando a un’analisi pubblicata su Eurosurveillance, rivista scientifica dell’Ecdc, le varianti del Covid-19 sono più diffuse in Europa e sono più dannose per i giovani. 

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Varianti Covid più pericolose per i giovani, i risultati dello studio

Nell’analisi messa a punto dall’Ecdc e pubblicata sulla rivista scientifica, si prendono in considerazione i dati relativi alla variante inglese, sudafricana e brasiliana in sette paesi europei (compresa l’Italia). La ricerca ha riguardato circa 23.300 casi riconducibili alle varianti, selezionati tra i 3,2 milioni di positivi in 7 paesi europei: Italia, Cipro, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo e Portogallo. Come si legge sul sito dell’Ecdc: “L’analisi di 19 995 casi di COV e 3 348 casi di non COV suggerisce che i COV rappresentano un rischio maggiore di sviluppare malattie gravi. Rispetto ai casi infettati da un virus non VOC, il rischio di ospedalizzazione nei casi B.1.1.7 (variante inglese) era 1,7 volte superiore, mentre in B.1.351 (sudafricana) era 3,6 volte superiore e per P.1 (brasiliana) era 2,6 volte superiore. Questo studio ha anche mostrato un aumento del rischio di essere ricoverati in terapia intensiva di 2,3, 3,3 e 2,2 volte superiore per le persone infette da B.1.1.7 (inglese), B.1.351 (sudafricana) e P.1 (brasiliana)rispettivamente, rispetto ai casi senza COV”. 

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Questa ricerca ha quindi mostrato un rischio più elevato di ospedalizzazione e terapia intensiva, soprattutto tra i giovani di età compresa tra i 20 e i 39 anni, ma anche tra chi ha meno di 19 anni. “Mostriamo un aumento del rischio di ricoveri e ricoveri in terapia intensiva associati alle varianti SARS-CoV-2 B.1.1.7 (inglese, ndr)/ SGTF, B.1.351 (sudafricana, ndr)  e P.1 (brasiliana, nrd) , anche negli individui di mezza età, il che sottolinea la necessità di raggiungere rapidamente livelli elevati livelli di copertura vaccinale e aderire alle misure di salute pubblica per ridurre l’incidenza di SARS-CoV-2 e prevenire casi gravi. Anche i test avanzati e la tracciabilità dei contatti implementati con un’attenzione particolare ai casi con COV sono misure per ridurre la diffusione” – si legge nella parte conclusiva dell’analisi pubblicata su Eurosurveillance. 

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Variante indiana e l’efficacia del vaccino

La campagna di vaccinazione in Italia prosegue, ma ora con l’arrivo di questa variante la domanda che tutti si pongono è sempre la stessa: i vaccini sono efficaci? A dare una risposta ci ha pensato l’immunologa Antonella Viola, che con un post su Facebook ha spiegato: “Le varianti del virus non sono una novità, ormai lo sappiamo. E non devono generare panico ma prudenza. Questa variante identificata in Italia ha due mutazioni potenzialmente preoccupanti sulla proteina spike ma non ci sono dati che possono farci pensare che sia più trasmissibile o che generi una malattia più severa. E’ possibile invece che possa ridurre leggermente l’efficacia dei vaccini, come quella sudafricana, ma anche in questo caso servono i dati prima di esprimersi“. E ancora, “Anche nei confronti della variante sudafricana i vaccini comunque sembrano conferire protezione, seppur con una efficacia minore, quindi l’unica cosa da fare è continuare a contenere e vaccinare. Se tutti ci vacciniamo, il virus non farà più paura” – ha concluso l’esperta. 

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