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La pensione: un miraggio. Ecco tutti i consigli arrivarci e incrementarla

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Andare in pensione a 62 anni

La crisi economica che sta accompagnando questo periodo storico rende gli italiani sempre più preoccupati riguardo il loro futuro. Esercizi commerciali che chiudono, fabbriche e uffici che mettono in cassa integrazione il loro personale dopo aver sperimentato lo smart working e aver verificato la ridotta necessità di dipendenti in servizio. Avere, mantenere e soprattutto trovare un lavoro diventa sempre più difficile. Figuriamoci andare in pensione.

La pensione? Un miraggio

Ad oggi vige ancora la sperimentazione della quota 100, che ha sostituito la Legge Fornero, ma si tratta di una fase transitoria verso un futuro alquanto incerto. La fine della sperimentazione è fissata per il 2022, anno in cui le cose cambieranno, ma come? Già adesso si fanno ipotesi su cosa succederà, ma nessuno ne ha certezza: i lavoratori che hanno poco più di 60 anni di età guardano al futuro con il timore di dover proseguire l’attività lavorativa fino a raggiungere i 67 anni necessari per accedere alla pensione di vecchiaia, età fissata dal 1° gennaio 2019 a seguito dell’adeguamento con le aspettative di vita, aumentando così di 5 mesi rispetto ai 66 anni e 7 mesi necessari in precedenza. È obbligatorio soddisfare anche un requisito contributivo, dal momento che non si può andare in pensione senza aver mai lavorato. Nel dettaglio, per la pensione di vecchiaia bisogna aver maturato almeno 20 anni di contributi.

In pensione sempre più tardi

La pensione di vecchiaia può essere anche presa con soli 5 anni di contributi, ma al raggiungimento del 71° anno di età. Requisito fondamentale è aver ricevuto il primo accredito contributivo decorrente dal 1° gennaio 1996.

Pensionati tutti ultrasessantasettenni, quindi? No. La possibilità – almeno al momento – di lasciare il lavoro prima c’è: si tratta della pensione anticipata INPS, per la quale è sufficiente soddisfare un requisito contributivo che per quest’anno è pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Se, ipoteticamente, un uomo ha iniziato a lavorare stabilmente a 20 anni e non ha mai avuto interruzioni, potrà andare in pensione all’età di 62 anni e 10 mesi. Una donna con la stessa carriera lavorativa potrà farlo un anno prima.

Come fare per aumentare l’importo della pensione

Si sente sempre parlare di “pensioni da fame”, di anziani che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, di persone che dopo aver lavorato una vita non riescono a sostenere le spese perché quanto prendono dall’Inps non è sufficiente e sicuramente non adeguato rispetto a quanto versato in tanti anni di lavoro. E di sicuro non paragonabile allo stipendio. E nel prossimo futuro le cose non andranno di certo meglio. La scelta migliore, da fare sin da giovani, è quella di puntare su un fondo pensione, risparmiando sin da subito per poter disporre, una volta in pensione, di un “tesoretto” che andrà ad integrare il magro assegno pubblico. È importante scegliere bene: il consiglio è quello di affidarsi al miglior fondo pensione secondo il sito specializzato propensione.it, dove potrete trovare tutte le informazioni necessarie per potervi orientare in questo settore. È utile sapere, inoltre, che con i fondi pensione puoi anche pagare meno tasse: i contributi versati nel fondo (qualsiasi fondo) sono, infatti, deducibili per un importo massimo annuo di 5.164,57 euro (si tiene conto dei tuoi versamenti più quelli del datore di lavoro, non il Tfr). Abbattono il reddito imponibile e, quindi, le tasse che paghi anno dopo anno. È un risparmio importante. Se versi il massimo deducibile di 5.164,57 euro e hai, ad esempio, 70.000 euro di stipendio lordo, risparmi ben 2.117 euro di tasse ogni anno, pari al 41% di quanto versato. Anche se, però, versi solo 100 e hai uno stipendio di 20.000, il risparmio è comunque del 27% (versando 100 euro, ne risparmi 27 in tasse: è sempre qualcosa…)

Anche al momento della pensione, poi, avrai una tassazione privilegiata. Sui versamenti per i quali hai goduto della deducibilità pagherai un’aliquota compresa tra il 9% e il 15%, quindi più bassa rispetto all’aliquota con cui viene tassata la liquidazione lasciata in azienda, che nel migliore dei casi è pari al 23%, ma può arrivare fino al 43%.

 

 

 

 

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