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Chiedo scusa, io per Riina non provo alcuna pietà

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Salvatore Riina è malato e anziano. Soffre di una gravissima cardiopatia e anche di una neoplasia renale che, a quanto pare, non gli permette di star seduto. 
Riina, in carcere, viene curato da medici d’eccellenza, ma ciò non basta; ieri la Cassazione ha dichiarato che le condizioni “du Curtu” sono molto gravi, e che mantenere in carcere una persona nonostante il decadimento fisico può essere contrario al senso di umanità e dignità. Per questo, il Tribunale di Bologna valuterà se il boss possa essere considerato ancora pericoloso e, quindi, anche un possibile differimento della pena. 
 
Sono perplessa, anche un po’ combattuta, perché dovrei essere pacata, corretta, dirvi che è giusto, che approvo, perché siamo parte di una società civile che tutela la vita e la salute di ogni uomo, compresa quella di Totò Riina, che di umano, negli anni, ha dimostrato di avere solo le sembianze fisiche.  
E invece no, non ve lo posso dire, perché il mio impulso preme, soffocandomi, urla che Salvatore Riina deve continuare a essere curato sì, ma in carcere, niente di più. E, sinceramente, della sua dignità non mi può fregare di meno. Non m’interessa se soffre, se non può sedersi, se piange, se si sente solo, se ha paura, se giornalmente deve assumere decine di velenose medicine. Non provo alcun tipo d’interesse nei confronti del suo eventuale dolore. Rimango fredda, glaciale, perché ancora sanguino copiosamente, perché nella mente ho ben chiari i volti degli innocenti scannati. Nel cuore sento ancora il dolore lancinante e le ferite che ha causato al nostro Stato e alla mia meravigliosa Sicilia; spargendo dolore insopportabile, macchiandosi di una brutalità inaudita, privando questo paese di uomini e donne che cercavano con tutta la loro forza giustizia e legalità. Stiamo parlando di una persona soprannominata “La Bestia” a causa della cattiveria disumana che poneva in ogni pensiero e azione. Devo continuare? 
 
Differimento di pena? Arresti domiciliari? No, sinceramente gli auguro che non c’arrivi. Gli auguro di chiudere gli occhi molto prima, e non perché debba smettere di soffrire, ma solo perché non merita nemmeno lontanamente che qualcuno lo aiuti a procrastinare o rendere più “piacevole” il suo incontro con la morte, ma soprattutto perché, la sua assenza, sarà una liberazione per il mondo onesto intero.
Sono consapevole che il mio ragionamento sia impulsivo e probabilmente scorretto, ma perdonatemi, davvero, io per questo essere non provo alcuna pietà. 
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