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Incendio Castel Fusano: la causa è davvero il racket delle prostitute? Nel frattempo cosa fa il Comune?

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A più di un mese dal terribile incendio alla pineta di Castel Fusano, con focolai scoppiati in maniera quasi continuativa fino a qualche giorno fa (20 in tutto più quelli nell’area di Acque Rosse), dalle indagini di Carabinieri e Procura di Roma è affiorata la prima tesi: una possibile causa sarebbe il racket delle prostitute che da tanti anni coinvolge la zona. Ma è davvero questa la spiegazione?

LE INDAGINI: IL RACKET E GLI INCENDI

Fin’ora sono 4 gli arrestati che hanno appiccato il fuoco: il primo è stato F. G. (22 anni, idraulico, originario di Busto Arsizio), poi è stata la volta di Roberto Mancini (63enne di Ostia Antica, meglio noto come il “maniaco delle prostitute” per i suoi precedenti di tentato omicidio e omicidio di un trans ed una prostituta nigeriana rispettivamente nel 1999 e nel 2007, per cui è stato 8 anni in galera), quindi è toccato ad un iraniano di 36 annu, Ali Kalel e infine all’ex regista della Rai, Claudio Marson.

Fin dall’arresto di Mancini, colto in fragrante mentre stava tentando di dare alle fiamme il rifugio di una prostituta, i sospetti degli inquirenti sono caduti sul racket criminale delle prostitute.

Kalel sarebbe l’uomo chiave: aveva il ruolo di riscossore dei compensi delle prostitute ed è stato preso mentre era sul punto di bruciare delle baracche utilizzate dalle lucciole assieme ai loro clienti. 

Mancini e Marson farebbero parte del giro: obiettivo degli incendi sarebbe stato intimorire le prostitute e costringerle a sottomettersi alla loro organizzazione.

I DUBBI DEGLI INQUIRENTI E GLI INNESCHI

Per gli inquirenti, però, ci sono due problemi che inficiano la tesi: F.G. non sembrerebbe riconducibile agli altri e gli incendi alle postazioni delle prostitute non sono quelli che hanno devastato la pineta (si tratta di 4 episodi in tutto, due sulla via Litoranea, due di fronte allo stabilimento Kursaal, prontamente controllati e riportati alla normalità dai vigili del fuoco).

I drammatici roghi che hanno causato ettari ed ettari di vegetazione bruciata, invece, sono stati appiccati in luoghi difficilmente accessibili e profondamente interni alla pineta (ci sono stati altri piccoli incendi anche quando gli accessi all’area sono stati bloccati dalla Polizia).

Spesso venivano anche anticipati da altre fiamme in zone minori di Ostia, probabilmente per creare difficoltà nelle operazioni di spegnimento.

Gli inneschi utilizzati erano nascosti in sacchi della spazzatura con dentro ovatta, candele e stoffa pregna di gasolio.

Tutto ciò fa pensare a qualcosa che vada ben oltre il racket delle prostitute: una serie di azioni dolose programmate per mettere in ginocchio un territorio già vessato dalla criminalità mafiosa ed un’amministrazione che fatica a rilanciarlo.

COSA FA IL COMUNE DI ROMA?

Nel frattempo il Comune di Roma cerca non solo di presidiare la zona, ma anche di fare manutenzione e bonifica.

Dopo la chiusura degli accessi alla pineta con presidi della Polizia municipale e l’intervento dell’Esercito, Virginia Raggi e l’assessora all’Ambiente Pinuccia Montanari hanno annunciato una serie di interventi (la sindaca, c’è da dire, è però finita al centro di una piccola bufera mediatica per il selfie “poetico” riportato qui sotto che ha pubblicato sulla sua pagina Facebook ad accompagnare le dichiarazioni, subito ripreso con fotomontaggi molto ironici).

Qui alcuni dei fotomontaggi:

Le due hanno parlato di “più interventi, nuovi operatori e azioni mirate per riparare i danni arrecati a questo straordinario patrimonio naturalistico”.

Sono nel frattempo al lavoro sulla pineta, da quattro giorni, 20 manutentori del verde del Servizio Giardini, impegnati in operazioni di bonifica della vegetazione lungo le strade e i sentieri interni.

Obiettivo: ripristinare viabilità e funzionalità della naturale rete viaria interna alla pineta.

Contemporaneamente si stanno facendo interventi di risanamento e pulizia per la rimozione di tutti i rifiuti rinvenuti lungo le strade. 

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