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Roma, gli studenti della Sapienza scrivono a Mattarella “Aspettiamo un confronto con lei alle tende”

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Manifestazione La Sapienza, sciopero della fame

I manifestanti hanno invitato il presidente della Repubblica, in visita all’Ateneo in queste ore, a dialogare sul genocidio a Gaza, per cui hanno allestito un presidio fisso all’esterno dell’università.

Rettorato della Sapienza
Vandalizzato il Rettorato della Sapienza a Roma (credits @La Sapienza) – Ilcorrieredellacitta.com

 

Mattarella si reca in uno dei più importanti Atenei in Italia, gli studenti gli chiedono di incontrarsi lontano dal Rettorato, in un’atmosfera colloquiale dove il dialogo generazionale, ma soprattutto tra istituzioni e il mondo della ricerca, non sia “filtrato”. È la richiesta formulata dai manifestanti dell’Università La Sapienza di Roma, che da 11 giorni ormai hanno allestito un presidio fisso di tende all’esterno dell’università. “La libertà di ricerca non può contrastare con la libertà di esistere dei popoli”.

Studenti della Sapienza scrivono a Mattarella: “La sua visita non può svolgersi nella torre d’avorio del Rettorato”

Giovani che chiedono un margine di dialogo con la più alta carica dello Stato, che più volte si è espressa a favore del fervore, delle idee e dell’entusiasmo dei ragazzi. Questa volta, però, sono gli stessi ragazzi a rivolgersi a Mattarella, chiedendo di ascoltare la loro visione del futuro in un momento storico delicato, per cui spesso la loro voce è stata repressa o contingentata, come avvenuto nelle ultime settimane durante le mobilitazioni studentesche alla Sapienza.  

“Siamo giovani cittadine, le studentesse e gli studenti della Sapienza, da otto mesi in mobilitazione e da undici giorni in presidio permanente all’interno della nostra Università. Durante questo lungo percorso abbiamo lottato contro il genocidio in Palestina e ci siamo interrogate sulla complicità delle nostre Università nel massacro che continua ad acuirsi proprio in questi giorni”, scrive all’Espresso il coordinamento dei collettivi studenteschi.

“Dall’inizio della mobilitazione, come le nostre compagne e compagni delle altre università italiane e mondiali, abbiamo chiesto ai rettori e alle rettrici uno spazio di dialogo e di prendere provvedimenti sui legami che i nostri atenei intrattengono con l’industria bellica e con le Università israeliane schierate in prima linea nel sostegno delle operazioni in Palestina.

Le uniche risposte che abbiamo ottenuto sono state silenzi, fughe e manganelli in maniera indiscriminata: un muro di gomma che è in contraddizione con l’approccio critico che è la condizione necessaria per la libertà della ricerca. Abbiamo constatato che le Università italiane sono sempre meno attente alla pluralità che dovrebbe caratterizzare i luoghi di formazione e sempre più subalterne al potere economico. Siamo i e le giovani tanto interpellate a costruire il futuro di questo paese, ma sembra che la nostra voce sia ascoltata solo se è allineata al potere costituito, anche davanti ad un genocidio.

Come garante della nostra democrazia e della Costituzione che ripudia la guerra, la sua presenza in ateneo ci interpella; ci chiediamo come sia possibile che in questi spazi che dovrebbero costruire le basi della democrazia non ci sia spazio per le voci di dissenso, che sono trasversali e molto condivise, come dimostrano anche le chiamate all’azione di intere facoltà deliberate in assemblee ufficiali e pubbliche.

La libertà di ricerca non può contrastare con la libertà di esistere dei popoli, e noi non vogliamo in nessun modo che la nostra ricerca e il nostro sapere siano applicati alla guerra e agli armamenti. La nostra generazione si trova davanti un futuro precario e incerto, costellato da guerra e catastrofi climatiche. Proprio per questo ci mobilitiamo e alziamo la voce, ma le istituzioni non solo sono sorde alle nostre rivendicazioni e paure, addirittura attivamente le contrastano e cercano di invisibilizzarle.

Riteniamo quindi che in questo clima di censura e repressione la sua visita a porte chiuse non faccia altro che rafforzare e legittimare il modus operandi adottato dalla governance dell’università, che ricordiamo non essere in linea con i principi di pace e democrazia promossi dalla costituzione di cui Lei è garante.

In conclusione, crediamo che in questo momento storico, e date le attuali circostanze ovvero il presidio fisso delle Tende contro il genocidio a Gaza, la sua visita alla Sapienza non possa svolgersi nella torre d’avorio del rettorato alla quale, come è stato più volte dimostrato, l’accesso delle studentesse e degli studenti è blindato. La invitiamo pertanto a raggiungerci al presidio delle tende, per avere finalmente quel confronto con le istituzioni che da tanto tempo ormai chiediamo.

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