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Aggredita a Torvaianica: il drammatico racconto di una 25enne

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Ha ancora i segni addosso, fisici e psicologici, Z. G., la ragazza pometina di 25 anni aggredita la notte tra mercoledì 3 e giovedì 4 agosto a Torvaianica, mentre percorreva via Danimarca. 

Le ginocchia hanno croste appena formate, su ferite che si rimargineranno molto prima di quelle lasciate nell’anima di questo scricciolo di ragazza.

“Era mezzanotte e mezza – racconta – e, dopo una serata a Torvaianica con gli amici e il mio fidanzato, avevo deciso di tornare a casa, perché la mattina dopo dovevo alzarmi presto per andare a lavorare. Non so come, nella confusione della piazza ho perso di vista il mio ragazzo. Ho provato a chiamarlo, ma il cellulare non prendeva. Ho deciso quindi di incamminarmi su via Danimarca, continuando ogni due minuti a provare a chiamarlo”.

Ma il cellulare in quel momento non prende.

La giovane arriva all’altezza delle giostre, le oltrepassa e si dirige verso Martin Pescatore, quando, dopo che decine di metri, avverte dei passi dietro di sé.

“Inizialmente non ho avuto alcuna paura: essendo estate era normale che ci fosse gente in giro. Ma, proseguendo in direzione dell’entroterra, mi sono accorta che i passi restavano dietro di me, avvicinandosi sempre di più. Mi sono quindi messa in allarme: io faccio arti marziali, frequento da tempo un corso di difesa personale, e il mio insegnante ripete sempre quanto sia importante stare attenti e non sottovalutare il pericolo. Mi sono quindi messa in posizione difensiva. Ho messo il telefono, che avevo nella mano destra, con il retro rivolto verso lo sconosciuto per due motivi: il primo era che volevo riprenderlo in faccia, il secondo invece era che volevo proteggere il telefono, perché lo avevo acquistato solo pochi giorni prima. Avevo la borsa sul lato sinistro: l’ho spostata in modo che stesse sul davanti, proprio attaccata al mio tronco, e l’ho protetta con la mano sinistra. Dopo qualche istante mi sono resa conto che la persona dietro di me aveva iniziato a correre nella mia direzione, avvicinandosi sempre di più. Istintivamente l’ho fatto anche io, per scappare, ma in pochi istanti mi ha raggiunta, agguantandomi da dietro le spalle e puntando al mio lato sinistro, dove c’era la borsa. Ha messo il suo braccio intorno al mio collo per cercare di immobilizzarmi, mentre con l’altro mi ha stretta in vita, poggiando la sua testa contro di me e impedendomi di girarmi per guardarlo in viso”.

Tu cosa hai fatto?

“La prima cosa che ho imparato con il corso di autodifesa è che non bisogna mai farsi atterrare sulle spalle da un eventuale assalitore. Mi sono quindi girata alla mia sinistra, riuscendo a togliergli l’equilibrio per un istante. Ma a cadere sono stata io. Sono però riuscita a tenere stretta la borsa, coprendola con il mio corpo, anche quando l’uomo ha tentato, mentre ero per terra, di portarla via. Vedendo che non mollavo, l’uomo ha deciso di desistere, forse per paura che arrivasse qualcuno, ed è fuggito imboccando via dei Gemelli. Mi sono rialzata e l’ho visto scappare”.

Sei riuscita a vederlo in faccia?

“No, solo di spalle. Era un ragazzo di colore, penso nordafricano, molto magro e con i capelli corti. Mi ha dato l’impressione di essere molto giovane, anche dalla velocità con cui è scappato. Indossava una maglia a righe orizzontali nere e fondo bianco, un paio di pantaloncini corti e delle scarpe nere da ginnastica. Ho la sua immagine impressa nella mente, non riesco a dimenticare quegli attimi di terrore”.

La paura ancora traspare dalle sue parole, mentre le mani vanno inavvertitamente a toccare le ferite ancora evidenti alle ginocchia.

“Ho avuto paura che tornasse, quindi sono salita sul marciapiede opposto della parte interna di via Danimarca, in pratica nello spartitraffico del vialone, in modo che se ci avesse ripensato e fosse tornato – da solo o con qualcun altro – avrei avuto qualche attimo in più per vederlo e fuggire. Ho provato nuovamente a chiamare il mio ragazzo e, dopo un tentativo andato a vuoto, ci sono riuscita. Per fortuna era poco distante: anche lui mi stava cercando e in pochissimi minuti mi ha raggiunta. E’ stato lui ad accorgersi che avevo entrambe le ginocchia sanguinanti. Io, con l’adrenalina a mille per lo spavento, non mi ero resa conta di essermi ferita con l’asfalto”.

I due ragazzi sono quindi andati dai carabinieri, alla stazione di Torvaianica, dove la 25enne ha raccontato al militare di guardia quanto accaduto.

“Mentre raccontavo tutto al carabiniere piangevo e tremavo, perché finalmente mi ero resa conto del pericolo che avevo corso. Lì per lì, infatti, in me non aveva prevalso la paura, ma la rabbia per non essere riuscita a bloccarlo e a guardarlo in faccia. Il mio primo istinto, infatti, era quello di inseguirlo e dargli una lezione”.

Cosa improbabile, visto che la vittima è una ragazza minuta, magrissima, anche se coraggiosa.

I carabinieri hanno mandato subito una pattuglia nella zona dove era successo il fatto, per vedere se riuscivano a rintracciare l’assalitore, ma di lui non c’era traccia.

Perché hai deciso di raccontare la tua storia?

“Perché voglio avvisare le altre ragazze di stare attente, di non andare in giro da sole con il buio. E purtroppo anche in coppia non è molto sicuro: il giorno dopo, raccontando quanto mi era accaduto a una collega, mi ha riferito che solo una settimana prima lei e il fidanzato erano stati derubati del cellulare, in maniera analoga a quanto era accaduto a me, sempre all’altezza di Martin Pescatore. Anche in questo caso esiste una denuncia presentata ai carabinieri. Adesso ho dentro tanta rabbia, perché questa persona va ancora in giro tranquillamente, e magari farà la stessa cosa ad altre ragazze, forse più indifese di me”.

Hai paura?

“Sì, ancora sento la sensazione di quelle mani che mi bloccavano, il terrore che mi era preso lo rivivo nei momenti più impensati. E ti assicuro che è davvero una brutta sensazione. Ti fa sentire fragile, indifesa. Ma, ripeto, al tempo stesso ho anche tanta rabbia e penso che avrei voluto trovare la maniera di fermarlo. Mi sento quindi al tempo stesso sfortunata per non aver avuto modo di identificarlo per evitare che faccia del male a qualcun altro, e fortunata perché so che poteva andarmi molto peggio, soprattutto se fosse stato armato”.

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