Addio al Movimento 5 Stelle come lo conoscevamo. Nel bene e nel male di fatti il movimento pentastellato fondato da Beppe Grillo aveva segnato un punto di rottura con la politica tradizionale. L’epoca del rivoluzionario «streaming» sembra distante anni luce e l’ascesa del movimento oggi incontra il suo ostacolo più grande: decidere, simbolicamente, cosa fare da grande. «Forse non siamo all’altezza», ha dichiarato lo stesso Grillo nelle scorse ore.
Prima era un’altra cosa. Quando si è estranei e al di fuori delle “stanze dei bottoni”, e vale a tutti i livelli, dai Comuni al governo centrale, è tutto più facile. Si urla, si sbraita, si contesta. E criticare, specie a noi italiani, riesce facilissimo. «E’ il momento di cambiare passo e pensare al futuro», dice ora Di Maio. Certo: la batosta elettorale si è fatta sentire. In Sardegna, dove i grillini non sono andati oltre l’11%, ancor prima in Abruzzo. Insomma, anche al di là dei fact checking pubblicati da Di Maio per ribadire la centralità del Movimento 5 Stelle al governo nazionale ma dove invero è spesso Matteo Salvini a catalizzare tutta l’attenzione, qualcosa va rivisto. Altrimenti il Movimento rischia di implodere. E’ il prezzo da pagare per chi, non avendo radici solide nell’elettorato, finora ha cavalcato solo disillusione, protesta e rabbia.
«Scriveremo insieme il programma per le elezioni del 26 maggio e che inizierà su Rousseau un percorso di ascolto degli iscritti per decidere come dare una nuova organizzazione al Movimento 5 Stelle. Nei prossimi giorni avvieremo una raccolta delle proposte degli iscritti che durerà una settimana sui vari argomenti tematici per immaginare la nostra nuova organizzazione, quali regole vogliamo migliorare e quali nuove vogliamo introdurre.
Intanto ditemi la vostra nei commenti! Vi abbraccio!», altro post, altro annuncio di Di Maio. Bisogna correre ai ripari e alla svelta.
Movimento 5 Stelle, cadono i tabù «storici»: dopo la possibilità di alleanze con le civiche cade la regola dei due mandati
«Dopo la Sicilia, dopo il Molise, dopo l’Abruzzo. Se non siamo riusciti a conquistare una regione con Giancarlo Cancelleri nonostante il 35%, con Andrea Greco nonostante il 38% e con Sara Marcozzi, persone che hanno dato l’anima nel territorio per anni e che hanno fatto l’impossibile, è chiaro che ci sono alcuni problemi di fondo. Che come MoVimento dobbiamo affrontare. Che io come capo politico del MoVimento 5 Stelle intendo affrontare. È necessario arrivare sempre alle amministrative con un percorso che preveda un lavoro sul territorio fatto di incontri con categorie, mondo del sociale, con gli amministratori. Non improvvisando come a volte accade. Questo vuol dire pure che dove non siamo pronti dobbiamo smetterla di presentarci. Dobbiamo decidere se guardare alle liste civiche radicate sul territorio. Questo processo non si concluderà dall’oggi al domani. Richiederà mesi e richiederà impegno da parte di tutto il MoVimento per poi arrivare alla formulazione di proposte da votare su Rousseau», parole sempre di Di Maio ma del 13 febbraio.
E oggi, all’indomani di una nuova debacle alle urne, l’annuncio: tra le regole su cui discutere c’è quella dei due mandati per i consiglieri comunali, «per esempio che il loro secondo mandato non valga e possano candidarsi anche al consiglio regionale, o in Parlamento». Poi ribadisce: «L’anima del Movimento non cambia, diventa solo più adulto».
Movimento 5 Stelle, i Verdi: «Ora sono uguali agli altri»