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Montagnano – Pescarella a rischio inquinamento ambientale

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Tor di Bruno stretta tra la morsa dei rifiuti. Come se non bastasse la vicina discarica nel comune di Albano ed il depuratore, questo agglomerato abitativo in località Montagnano – Pescarella, è stato scelto da ben due diverse aziende per realizzare proprio lì, a decine di metri di distanza dalle abitazioni, un impianto di compostaggio ed una centrale per la produzione di biogas.
Stretta letteralmente in morsa emanante effluvi nauseabondi, il futuro dell’ambiente e dell’abitabilità di quest’area sembra essere maledettamente compromesso.
A nord di Torre Bruno è previsto l’impianto per ricavare da FORSU con un procedimento aerobico – quindi naturale – compost di qualità; ben 27.000 tonnellate/anno di rifiuto organico sarebbero trasformate in ammendante per l’agricoltura biologica. Questo tipo di prodotto, da solo, non giustificherebbe economicamente l’impianto perché i costi di produzione sarebbero assai più elevati da quanto si possa ricavare dalla vendita del compost che, ormai, abbonda sul mercato per via delle numerosissime aziende che lo ricavano come sottoprodotto dagli impianti di produzione di energia elettrica o metano a biogas. Costituisce vantaggio economico, invece, lo smaltimento del FORSU che la società acquisisce in quanto rifiuto da smaltire; nel Lazio, attualmente lo smaltimento del rifiuto organico costa ai comuni cifre che vanno da 110 a 140 €/tonn. Questo impianto che da un punto di vista ecologico è inappuntabile ha il difetto di disperdere in ambiente emissioni odorifere non certo edificanti.
A sud del centro abitato e a poche decine di metri dal fosso protetto che lo costeggia è di questi giorni la richiesta per la realizzazione di un impianto assai più preoccupante. Si tratta in questo caso di produzione di metano da biomassa per un totale di 1.200 Nm3/h (normalmetricubi/ora). Di questi 500 sarebbero immessi nella rete di condotta del metano presente nella zona mentre il resto sarebbe utilizzato per la sua stessa raffinazione e la coproduzione di calore ed energia elettrica per 300 KW di potenza. Il tutto realizzato su terreno agricolo che paesisticamente è classificato come di “grande rilevanza agricola”. L’impianto assorbirebbe per alimentare i due enormi digestori bel 317 tonnellate al giorno di sostanze organiche quali sorgo, bucce di patate, liquame bovino, letame, sansa di olive, e siero di latte. 18.000 all’anno sono solo te tonnellate previste per l’utilizzo della sansa che tra tutti i prodotti sopra elencati è quella che più di ogni altro crea problemi odorigeni. Ben ne conoscono già gli effetti gli abitanti della Nuova Florida che hanno la “fortuna” della vicinanza della Pomar che con tecnica analoga produce energia elettrica. L’aspetto più assurdo legato alla conduzione di questo tipo di impianti è costituito dalla vera e propria frode che alcune aziende legalmente mettono in atto ai danni dello stato. Per ricavare un metano che presenti caratteristiche di purezza adatte ad essere immesso nella rete di distribuzione, circa il 40% della produzione di biogas dovrebbe essere utilizzato per generare il calore necessario al funzionamento dell’impianto stesso; aziende senza scrupoli acquistano dalla rete nazionale il metano richiesto per la raffinazione e rivendono a prezzo maggiorato quello prodotto per via degli incentivi statali.
La pericolosità dell’impianto, oltre alla emissione di gas nocivi e microparticelle emesse dalla parte dell’impianto che produrrà energia elettrica, è costituita dai digestori anaerobici (bioreattori) utilizzati che essendo alimentati con liquami bovini, suini, pollina e sottoprodotti dell’agricoltura e dell’industria alimentare non destinati al consumo umano (Reg.to Ce 1069/2009), costituiscono veicoli di microrganismi patogeni; tra questi, i più ricorrenti sono rappresentati dal numeroso gruppo delle enterobatteriacee (Salmonella, Shigella, Yersinia, Escherichia, ecc.) oltre a Listeria monocytogenes, Campylobacter, enterococchi fecali e batteri sporigeni dei generi Clostridium (C. tetani, C. botulinum, C.septicum, C. sordellii) e Bacillus.
E’ logico, quindi, affermare che gli impianti per la produzione di biogas rappresentano un potenziale pericolo per la presenza di microrganismi patogeni.
Immaginiamo cosa potrebbe accadere se il liquame da biogas, causa cedimento della parete di un vascone, quali gravi danni può provocare ai terreni agricoli vicini e, attraverso le rogge, arrivare sino al fosso adiacente e così inquinare una vastissima zona.
Decine e decine di grossi camion ogni giorno percorreranno via Ardeatina, via di valle Caia, via di Montagnano e per chi conosce bene quei tratti stradali sa quali siano le condizioni di quelle strade, soprattutto quanto sia strette e piene di curve. C’è da augurarsi che il Sindaco di Ardea si ponga una mano sulla coscienza e metta fine a questa silenziosa invasione di attività industriali che, oltre a sottrarre terreni all’agricoltura, non producono vantaggi se non per gli imprenditori. Gli abitanti nelle zone interessate ne ricavano enormi disagi e danni per la salute, il Comune non ne ha beneficio alcuno, non ci sono vantaggi per l’occupazione (gli impianti sono addirittura telecontrollati a distanza), ma sono i cittadini italiani, attraverso i meccanismi di incentivazione, a pagare questi imprenditori.
Mario Savarese

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