Un immobilismo insopportabile, rispetto al milione di euro mai riscosso dal Campidoglio. 32 anni di inerzia, un buco nelle casse del Comune di Roma su cui ora dovrà far luce la Corte dei Conti. I giudici contabili dovranno capire come mai il titolo di contributo per gli oneri di urbanizzazione connessi all’assegnazione del diritto di superfice nel piano di zona 10V di Acilia, non siano mai stati riscossi.
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L’altra protagonista della vicenda è l’Ater. La società pubblica, per costruire le case popolari di San Giorgio di Acilia, avrebbe dovuto versare nelle casse comunali circa un milione di euro. Cifra considerata eccessiva dall’azienda regionale, che successivamente per questo si è rivolto ai giudici amministrativi. Ciò anche al fine di contestarne la tempistica. Infatti il Campidoglio avrebbe conteggiato per la prima volta l’ammontare degli oneri di urbanizzazione da richiedere ad Ater solo nel 2016, quando ad amministrare la città c’era il prefetto Francesco Paolo Tronca, nominato commissario straordinario dopo la cacciata di Ignazio Marino. Quindi dal rilascio del diritto di superficie alla richiesta degli oneri sono passati 32 anni. Con tutta probabilità questo lassismo costerà caro all’amministrazione attuale.
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I fatti
L’intervento urbanistico risale al 1987. Il diritto di superficie era invece stato rilasciato dal Campidoglio tre anni addietro, nel 1984. Il primo cittadino all’epoca era Ugo Vetere. Nella recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del 25 luglio scorso, i giudici accolgono il ricorso di Ater: “Roma Capitale ha atteso 32 anni dal rilascio della concessione per effettuare la determinazione degli importi dovuti a titolo di oneri di urbanizzazione, il diritto di credito è irrimediabilmente prescritto con la conseguenza che la ricorrente non è tenuta al versamento delle somme accertate a suo carico”. Insomma, Roma Capitale non ha più diritto ad incassare questo denaro, Ater esulta e i cittadini pagano lo scotto. Una sciatteria insopportabile, soprattutto considerando le condizioni in cui versa il territorio. Ma non è tutto. La vicenda assume contorni ancora più assurdi; il Comune è stato infatti condannato al pagamento delle spese nei confronti della ricorrente, circa 3500 euro. Ora, peraltro, ci sarà una indagine suppletiva da parte dei giudici contabili.