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L’inquinamento delle falde acquifere

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Per falda acquifera (o falda idrica) s’intende un cumulo d’acqua che si trova nel sottosuolo, formatosi in seguito alle precipitazioni meteoriche. L’acqua, scivola sulla superficie del terreno ed incontrando fratture, cavità o porosità nelle quali possono infilarsi si infila in esso. Quando incontra strati impermeabili, forma depositi di acque sotterranee, che possono essere ferme o in movimento. Quando questi depositi, vengono raggiunti da elementi estranei, e quindi viene alterata la loro composizione, si ha l’inquinamento delle falde acquifere. L’inquinamento idrico è un deterioramento legato agli ecosistemi che hanno come elemento principale l’acqua. I materiali nocivi, che si depositano sul suolo, vengono assorbiti dal terreno e tramite le infiltrazioni dell’acqua raggiungono le falde acquifere (o falde idriche), inquinandole.
Le maggiori cause di inquinamento delle falde acquifere sono:
– I pesticidi ed i fertilizzanti usati in agricoltura.
– le discariche di rifiuti non correttamente coibentate.
– gli scarichi industriali. – gli scarichi delle centrali termoelettriche.
– gli scarichi civili, le fogne, i pozzi neri, lo sversamento di idrocarburi da parte della navi, ecc.. Le sostanze presenti sul suolo sono di diversa natura e non tutte arrivano alla falda acquifera. In un certo senso, il suolo soprastante svolge un’azione di filtro e depurazione. Alcune sostanze, però arrivano nelle falde acquifere sottostanti ed inquinano le acque.
L’intensità del fenomeno, cambia a seconda dei seguenti fattori:
– la natura della sostanza chimica inquinante;
– la composizione chimica e morfologica del terreno;
– la profondità della falda acquifera;
– la quantità di acqua che cade sul terreno;
– la temperatura,
Il tipo di inquinamento idrico può essere di natura chimica, fisica o microbiologica e le conseguenze possono compromettere la salute della flora e della fauna coinvolta, fino agli uomini, nuocendo all’ecosistema e alle riserve idriche per uso alimentare. Ci sono due vie principali tramite le quali gli inquinanti raggiungono l’acqua: 1) L’inquinamento per via diretta avviene quando vengono riversate direttamente, nei corsi d’acqua, sostanze inquinanti senza alcun trattamento di depurazione. 2) La via indiretta, invece, avviene quando le sostanze inquinanti arrivano nei corsi d’acqua tramite aria e suolo. L’acqua usata in campo domestico, industriale, agricolo o zootecnico spesso contiene sostanze che alterano l’ecosistema, per cui non possono essere scaricate direttamente nei corsi d’acqua, in quanto contribuirebbero ad inquinare le acque superficiali ed il suolo. Gli agenti inquinanti delle acque più comuni sono: 1) Inquinanti fecali: derivano dagli escrementi animali e dai residui alimentari. Nel caso ci sia un forte inquinamento di tipo fecale, si può avere la presenza nell’acqua di microrganismi patogeni (tifo, colera, epatite virale, salmonellosi ecc.). Uno dei più comuni inquinanti fecali è il batterio E. Coli, presente nell’intestino e quindi nelle feci degli animali a sangue caldo. 2) Sostanze inorganiche tossiche: sono costituite dagli ioni dei metalli pesanti che possono bloccare l’azione catalitica degli enzimi dell’organismo determinando avvelenamenti o la morte. Le industrie che usano questi metalli nelle loro lavorazioni, prima di scaricare le acque, devono eliminarli con i loro impianti di depurazione. 3) Sostanze inorganiche nocive: sono costituite dai fosfati ed i polifosfati presenti nei fertilizzanti, detersivi, composti fosforati ed azotati ed in alcuni scarichi industriali. Queste provocano l’eutrofizzazione, ovvero un enorme sviluppo della flora acquatica che in gran parte muore depositandosi sul fondo decomponendosi e perciò consumando notevoli quantità di ossigeno. 4) Sostanze organiche non naturali: come ad esempio i diserbanti, gli antiparassitari, gli insetticidi, portano vantaggi all’agricoltura ma possono inquinare sia le acque che il suolo. Inoltre ci sono i solventi organici utilizzati dalle industrie (come ad esempio l’acetone, la trielina, il benzene, ecc.) che devono essere eliminati prima di scaricare l’acqua nei corsi. 5) Oli liberi e emulsionanti: sono insolubili e per via della loro bassa densità, stratificano nella superficie creando dei film oleosi che impediscono all’ossigeno di solubilizzarsi nell’acqua. È un fenomeno esteso e provoca dei veri e propri disastri ecologici nei cui confronti è molto difficile intervenire. 6) Solidi sospesi: sono sostanze di varia natura che rendono torbida l’acqua ed intercettano la luce solare. Inoltre, una volta depositati sul fondo, impediscono lo sviluppo della vegetazione. 7) Calore, acidi e basi forti: dovuti per lo più agli scarichi industriali, possono diminuire la solubilità di O2 ed alterare temperatura e pH dell’ambiente provocando alterazioni patologiche o la scomparsa di alcune specie viventi oppure ancora lo sviluppo di altre normalmente assenti.
L’acqua, in condizioni normali, è in grado di autodepurarsi grazie ad una certa quantità di ossigeno disciolto che trasforma le sostanze, grazie alla decomposizione aerobica (ossidazione), in composti non inquinanti. Se l’ossigeno disciolto in acqua non è sufficiente per ossidare tutte le sostanze inquinanti presenti, si formano prodotti come il metano, l’ammoniaca, la fosfina-PH3-, acido solfidrico che fanno scomparire ogni forma di vita nell’acqua. Un grande pericolo per la salute dell’uomo è costituito dalle fogne, che rilasciano acque inquinate da virus e batteri, causando malattie come epatite virale, salmonellosi e tifo. Inoltre, è molto preoccupante il fatto che scarichino in acqua detersivi non biodegradabili o contenenti fosfati. Le industrie scaricano acque altamente e pericolosamente ricche di agenti chimici, metalli pesanti e veleni. Spesso contengono: 1) Mercurio, il quale rientra nella catena alimentare dell’uomo attraverso il pesce e può arrecare danni notevoli al sistema nervoso, fino a condurre anche alla morte; 2) Cromo, causa di anemia anche in bassissime concentrazioni, spesso rilasciato nelle acque sotterranee inquinandole; 3) Piombo, provocatore del saturnismo, grave patologia che causa problemi ai reni e al fegato e può produrre crisi nervose. Un pericolo da non sottovalutare è costituito dal petrolio che, a seguito di incidenti, finisce nelle acque: avarie o naufragi, o a una successione dei lavaggi illegali delle petroliere che illegalmente non avvengono nei bacini autorizzati, ma nel mare aperto, sono un pericolo non indifferente. Si va a formare una vera e propria barriera impermeabile composta da strati di petrolio e altri idrocarburi, che non permette lo scioglimento dell’ossigeno nell’acqua, causando la morte, per asfissia, degli organismi viventi. I danni causati da queste sostanze ne risentono anche le zone balneari, la vegetazione costiera ma principalmente la fauna acquatica: un esempio sono molti uccelli marini, i quali ricoperti da queste patine muoiono o per avvelenamento o per una mancata termoregolazione corporea. Non è assolutamente discutibile che prevenire l’inquinamento sia meno costoso e molto più ragionevole che cercare in seguito diversi rimedi (laddove possibile, naturalmente) ai danneggiamenti che esso produce, di cui spesso non si riesce a effettuare nemmeno una giusta valutazione economica in quanto non tutti gli effetti sono immediatamente manifesti nei loro risultati visibili con lo scorrere del tempo. Ciò di cui si ha bisogno sono strumenti, tecniche, strutture, in grado di identificare gli inquinanti, di valutare i loro danni e di far rispettare le leggi per la tutela dell’ambiente e della salute comune. Ma chi sono coloro i quali dovranno sostenere le spese per questa lotta contro l’inquinamento? Sono poche le industrie che, di propria spontanea volontà, sentono di sostenere questi impegnativi oneri per fornirsi di impianti efficienti di depurazione, proprio per le incompletezze legislative che riguardano l’inquinamento. È anche vero, però, che non è per niente giusto cercare la soluzione al problema attraverso un ulteriore peso che gravi sulla comunità. La giusta soluzione sarebbe obbligare colui che inquina ad adoperare gli adatti accorgimenti, utili per evitare gli inconvenienti di cui egli stesso è responsabile. È opportuno che intervenga il potere politico, in particolar modo nella fase iniziale di impianto delle attrezzature contro l’inquinamento, attraverso il conferimento di sostegni economici, specialmente per le industrie esportatrici le quali devono anche incontrare la concorrenza internazionale. La popolazione dovrà comunque far fronte alle spese dovute al mantenimento degli organi pubblici nominati per il controllo e la battaglia antinquinamento, ma anche le spese per la bonifica dell’ambiente e per la programmazione e la creazione di strutture, in particolar modo quelle urbane, moderne e conformate ai tempi. Ciò che viene richiesto è di ridurlo, di controllarlo e, principalmente, di prevenirlo. Affinché vengano evitati molti dei danni derivanti dall’inquinamento, sarebbe necessario in primo luogo conoscere a fondo il modo in cui gli inquinanti interagiscono, in cui vengono diffusi e dispersi, occorrerebbe valutare tutto ciò che può causare l’uso di nuovi prodotti o lo smaltimento di ogni tipo di rifiuto, bisognerebbe trovare la giusta ubicazione per i centri urbani e le aree industriali, strutturandole e dimensionandole in modo da non deteriorare la stabilità naturale. Sarà, quindi, necessario essere forniti di una fitta rete di controllo per poter rilevare ottimamente tutti i molteplici parametri che riguardano l’inquinamento, di un’organizzazione di livello internazionale che sostenga la lotta contro gli svariati inquinanti attraverso la diffusione di metodi efficienti per il loro annientamento e che riesca a fornire ai Paesi più poveri degli aiuti economici e dei consulenti; infine occorrerà inserire nei programmi scolastici la complessità dei rapporti tra uomo e ambiente, in quanto è indispensabile ricevere la giusta educazione su questo delicato argomento sin da fanciulli. Per ora un idoneo rimedio all’inquinamento delle falde acquifere sembra essere il miglioramento di ogni tecnica di depurazione e trattamento dei reflui, tanto più perfetta quanto più consente di riutilizzare i rifiuti stessi. Sarebbe necessario anche evitare lo scarico di contenitori metallici di scorie radioattive negli abissi oceanici vista la superficiale e sintetica conoscenza della dinamica oceanica. L’inquinamento delle acque è stato oggetto di numerose normative evolutesi negli anni, specialmente grazie alle direttive dell’Unione europea. Una normativa fondamentale fu quella del Testo Unico del 1934 che attribuiva poteri di vigilanza e di intervento al medico provinciale e quella del 1933 sulle acque e sugli impianti elettrici. Per le acque costiere, oltre al Codice della navigazione, importante fu la legge del 14 luglio 1965 n.963 sulla tutela delle risorse biologiche delle acque marine che vieta di danneggiare “le risorse biologiche … con l’uso … di sostanze tossiche atte a intorpidire, stordire o uccidere i pesci e gli altri organismi acquatici”. Oggi le norme vigenti sono contenute nel Decreto Legislativo 152/06, conosciuto come Testo Unico Ambientale, nel quale si sono riversate ed aggiornate le previsioni della prima legge di adempimento delle direttive europee, la cosiddetta “legge Merli”.

Nicola Di Battista
Psicologo / Psicoterapeuta, Assistente alla comunicazione per sordi e ciechi con l’uso del Braille e della Lingua Italiana dei Segni – Dattilologia, Mediatore Familiare, Specializzato con Master in Psicologia Oncologica. Presidente dell’Organizzazione di Volontariato Care The Oceans.

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