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Pomezia, impianti a rischio di incidente rilevante: perché i cittadini non vengono informati?

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Incendio alla Eco X di Pomezia

Pomezia, per sua sfortuna, si appresta a chiudere il 2017 con un fardello ambientale grosso come un macigno. Sono passati ormai più di sette mesi dall’incidente che ha coinvolto l’Eco-X e mentre le istituzioni ancora discutono e si interrogano sul come e il quando – e soprattutto sul “chi” – bonificare e mettere in sicurezza quel benedetto sito alcuni cittadini hanno cercato di portare all’attenzione dell’opinione pubblica il tema degli impianti a rischio di incidente rilevante (di seguito aRIR). Perché se è vero che indietro nel tempo non si può tornare per il futuro qualcosa si potrebbe fare. 

Di cosa parliamo? Nel Comune di Pomezia, precisamente nell’area industriale di Santa Palomba, insistono n. 4 stabilimenti/depositi classificati aRIR ai sensi della normativa vigente: lo stabilimento Chimec, il deposito di idrocarburi Eni spa, il deposito della Liquigas e lo stabilimento della Procter & Gamble Italia.

Un incidente – che speriamo ovviamente non si verifichi mai – in una di queste strutture comporterebbe notevoli conseguenze per la Città di Pomezia ben oltre quanto avvenuto all’Eco-x. Per tale motivo la normativa prevede che i cittadini debbano essere informati sulle procedure da seguire in caso di un evento del genere: in ballo c’è quindi la salute e, nei casi più gravi, anche la vita delle persone. Ma in quanti saprebbero cosa fare in queste circostanze? 

Una prevenzione solo “formale”?

Come troppo spesso accade, infatti, la storia non insegna a far tesoro degli errori passati e la tragedia vissuta dagli abitanti di Seveso è caduta lentamente nel dimenticatoio. E’ infatti a seguito di quel disastro che venne predisposta la direttiva europea omonima 82/501/CEE, recepita in Italia con il DPR 17 maggio 1988, n. 175 nella sua prima versione, oggi aggiornata ad una terza stesura recepita in Italia nel 2015). I fulcri di tale provvedimento sono rappresentati dall’obbligo di censimento degli stabilimenti che ospitano in forma di deposito o di utilizzo determinate quantità di sostanze chimiche individuate e definite pericolose per l’ambiente e la salute pubblica; la predisposizione in presenza di tali stabilimenti di una pianificazione emergenziale “esterna” nonché l’informazione preventiva della popolazione sui comportamenti da tenere in caso di evento incidentale e sugli effetti delle sostanze sulla salute.

Ma 40 anni di distanza dal disastro di Seveso la tendenza da parte delle istituzioni pubbliche sembrerebbe essere ancora quella di affannarsi ad espletare soltanto gli obblighi normativi “su carta” senza poi far corrispondere ad essi un’effettiva azione volta a tutelare concretamente la sicurezza della popolazione e dell’ambiente. Sebbene la commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Seveso censurò, già allora, “l’autorità amministrativa in quanto la stessa aveva concepito formalisticamente il proprio ruolo e si era limitata a compiere atti che non condussero ad una adeguata e sostanziale salvaguardia dell’interesse pubblico, ma soltanto ad un adempimento esclusivamente formale dei propri obblighi al fine di liberarsi dell’onere della responsabilità”, oggi la situazione non sembra essere cambiata.

Quale informazione?

Per questo tipo di impianti, suscettibili, per definizione, di provocare in caso di incidente, gravi danni alle persone, alle cose e all’ambiente oltre i confini dello stabilimento stesso, è prevista l’attribuzione al Comune delle funzioni relative all’informazione, consultazione e partecipazione ai processi decisionali della popolazione (artt. 23 e 24 della c.d. direttiva Seveso); nello specifico, la popolazione deve ricevere dal Comune dove sono localizzati gli impianti almeno le informazioni di cui all’articolo 23 comma 6 della Seveso III, comprensive di informazioni chiare e comprensibili sulle misure di sicurezza e sul comportamento da tenere in caso di incidente rilevante. Tali informazioni devono essere diffuse preventivamente “almeno ogni cinque anni” e “d’ufficio dal Sindaco, nella forma più idonea a tutte le persone ed a qualsiasi struttura e area frequentata dal pubblico […] che possano essere colpiti da un incidente rilevante”. L’informazione preventiva della popolazione deve essere predisposta sulla base delle linee guida all’uopo adottate dal Dipartimento della protezione civile d’intesa con la Conferenza Unificata e indirizzate ai Sindaci competenti (Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 39 del 16 febbraio 2007) le quali prevedono un sistema di informazione capillare che contempla la partecipazione attiva ed il coinvolgimento dei cittadini; campagne informative curate dal Sindaco finalizzate a far conoscere alla popolazione i pericoli di un incidente rilevante, nonché, i comportamenti da adottare in caso di attivazione dell’allarme. Le linee guida sanciscono, inoltre, l’opportunità di utilizzare differenti canali di informazione con contenuti concisi, aiutandosi con mappe, immagini e simboli; lo svolgimento di assemblee pubbliche e l’istituzione di uno sportello informativo; simulazioni e esercitazioni che riguardino prevalentemente i segnali di allarme, i comportamenti di auto protezione e le misure di evacuazione; l’organizzazione, con cadenza annuale, di giornate dedicate al tema dell’incidente rilevante. Ma tutto questo avviene a Pomezia?

I residenti di Santa Palomba lanciano l’allarme: ma il problema riguarda tutta la città

“Non sapremmo cosa fare in caso di incidente, dal Comune nessuna informazione”. Il messaggio è di quelli forti e a lanciarlo sono proprio i residenti di Santa Palomba, unico quadrante dove insistono gli impianti cosiddetti RIR, anche se, soprattutto dopo Eco-x, tutti i cittadini di Pomezia dovrebbero essere consapevoli che il problema non è circoscritto alla localizzazione degli impianti. “Sulla sezione dedicata del sito istituzionale del Comune di Pomezia sono presenti le schede informative fornite dalle aziende, ma nessuna informazione rivolta alla popolazione afferente ai rischi connessi agli impianti e alle misure da adottare in caso di incidente elaborata sulla base delle linee guida”, si legge in un esposto firmato dai cittadini e presentato alle autorità competenti lo scorso maggio mentre infuriava il disastro ambientale all’Eco-X. “L’ultima attività di informazione preventiva rivolta alla popolazione di cui si ha traccia nei documenti risale all’anno 2007, in quell’occasione sembra che venne distribuita una nota informativa porta a porta ai residenti, i quali comunque non ne hanno memoria. “Si pensi che nella lottizzazione di Roma 2 – nel 2007 – erano ultimate 3 palazzine su 11 per rendersi conto di quante persone, oggi ignare di tutto, vi si siano trasferite da allora”. La paura è allora quella – sostengono i cittadini – che in caso di incidente in uno dei questi impianti (che per dimensioni e tipologia renderebbero “irrilevante” il disastro Eco-X) nessuno conoscerebbe i comportamenti da adottare; inoltre, ignare delle disposizioni da seguire – che ricordiamo variano, solo per citare tre aspetti, in base all’impianto, alla tipologia di incidente e alla distanza dal luogo dell’evento – potrebbe con un comportamento non corretto creare intralcio agli uomini ed ai mezzi chiamati all’intervento di soccorso. In gioco c’è dunque la salute della popolazione e la salubrità dell’ambiente, ma questo non sembra smuovere troppo la coscienza delle istituzioni.

Il Piano di Emergenza Comunale

Le indicazioni della normativa Seveso sono state recepite dal Piano d’Emergenza Comunale della Citta di Pomezia (di seguito PEC). Il PEC è stato aggiornato a giugno 2017 – con un passaggio in Consiglio – dopo l’approvazione avvenuta a novembre 2016. Il Piano di Emergenza Comunale, come noto, rappresenta uno strumento strategico per la gestione delle emergenze e per la prevenzione nella mitigazione dei rischi nei territori comunali. Il PEC è stato redatto secondo le linee guida della Regione Lazio emanate nel Luglio del 2014, con la DGR Lazio n. 363/2014 e secondo le modifiche alle linee guida emanate con DGR n. 415 del 04/08/201”. Al suo interno (potete consultarlo qui: http://www.comune.pomezia.rm.it/protezione_civile) è contenuta, in parole povere, la fotografia del territorio: gli scenari di rischio, la descrizione degli impianti rilevanti ecc. Il paragrafo 2.6 del PEC, è dedicato proprio al rischio di incidente rilevante inserito nella sezione degli “Scenari di rischio”, perché di questo, in effetti, si parla. Ed è qui che i cittadini di Santa Palomba tornano a chiedere spiegazioni al Comune: “sul PEC è previsto che l’informazione preventiva della popolazione sia effettuata ‘entro e non oltre i 3 mesi dopo l’approvazione del Piano d’Emergenza Comunale’. Ebbene, ad oggi, trascorso un anno dall’approvazione della citata delibera, sembra omessa ogni attività in tal senso”. “L’effetto di tali omissioni – continuano i cittadini – è che la pressoché totalità della popolazione che lavora e vive nei pressi degli stabilimenti RIR, non saprebbe riconoscere i segnali di allarme e adottare le misure di auto protezione opportune con grave pregiudizio per la salute pubblica e per l’attuazione della pianificazione emergenziale”. Quindi il quadro è questo: tutto, normativamente parlando, sembra esser stato predisposto; gli attori in gioco sanno come e quando muoversi in caso di incidente ma manca l’anello di congiunzione, probabilmente il più importante: ovvero l’informazione capillare a tutti i cittadini.

Risponde il Comune di Pomezia

Abbiamo chiesto al Comune spiegazioni circa la mancata promozione del PEC ai cittadini – nonostante la scadenza dei termini prefissati – e se è previsto un aggiornamento delle schede informative delle aziende aRIR sul sito istituzionale con le procedure da seguire dalla popolazione in caso di emergenza. “Per quanto riguarda le aziende a rischio di incidente rilevante – si legge in una nota – il Comune di Pomezia lavora a stretto contatto con la Prefettura: le consultazioni con la popolazione sui piani di emergenza esterni delle aziende interessate si svolgono regolarmente secondo la normativa”. Ma questo, aggiungiamo noi, lo sapevamo. “Inoltre la Città di Pomezia si è dotata per la prima volta di un Piano di Emergenza Comunale grazie alla nostra Amministrazione, che l’ha approvato nel 2016 e aggiornato nel 2017. Nessuno prima di noi lo aveva fatto e gli Uffici stanno predisponendo tutte le attività connesse al Piano. Il 14 giugno scorso è stata messa in atto un’esercitazione di evacuazione con Protezione Civile, Polizia Locale e Croce Rossa tramite la simulazione di un incendio in un’azienda di via Naro. Seguiranno tutte le azioni previste dal piano, inclusa l’informazione capillare alla cittadinanza”. Nessuna indicazione sui tempi però: speriamo, allora, soltanto di non dover rimpiangere tutto questo tempo perso.

PER NON DIMENTICARE LA STORIA

Era il lontano 1976 quando Seveso, un comune della bassa Brianza probabilmente sconosciuto ai più, salì agli onori della cronaca per il terribile disastro che coinvolse l’azienda ICMESA di Meda. Una nube tossica di diossina fuoriuscì dall’impianto invadendo l’area circostante e proprio Seveso fu tra le zone più colpite. Vari organi internazionali hanno inserito tale incidente nella lista delle catastrofi peggiori della storia moderna. A seguito del terribile disastro emerse nettamente il ritardo con cui la popolazione venne messa a conoscenza dell’incidente, l’insufficienza dei soccorsi e la consapevolezza che i terribili danni all’ambiente e alla salute della popolazione sarebbero potuti essere mitigati se vi fossero state misure di mitigazione e informazione preventive. La risonanza mediatica fu tale da far nascere in tutta Europa la consapevolezza della necessità di istituire una normativa comune in materia di prevenzione dal rischio industriale definito “rilevante”; in tale contesto venne ratificata la direttiva europea denominata per l’appunto “Seveso” (direttiva europea 82/501/CEE, recepita in Italia con il DPR 17 maggio 1988, n. 175 nella sua prima versione, oggi aggiornata ad una terza stesura recepita in Italia nel 2015). I fulcri di tale provvedimento sono rappresentati dall’obbligo di censimento degli stabilimenti che ospitano in forma di deposito o di utilizzo determinate quantità di sostanze chimiche individuate e definite pericolose per l’ambiente e la salute pubblica; la predisposizione in presenza di tali stabilimenti di una pianificazione emergenziale “esterna” nonché l’informazione preventiva della popolazione sui comportamenti da tenere in caso di evento incidentale e sugli effetti delle sostanze sulla salute.

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