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Vito Bongiorno, l’artista che aveva previsto la pandemia. Ma il vero virus qual è?

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Non solo Dean Koontz nel libro The Eyes of Darkness. Per trovare chi, attraverso la sua arte, ha saputo prevedere un virus letale che colpisce l’uomo non abbiamo bisogno di andare oltreoceano, dallo scrittore statunitense. Ci basta restare in Italia, anzi, proprio dalle nostre parti: a Maccarese troviamo infatti uno dei maggiori esponenti dell’arte italiana contemporanea, Vito Bongiorno. L’artista 10 anni fa stupì tutti realizzando “Terzo Millennio”, un’opera a tecnica mista, alto un metro e mezzo e largo 110 centimetri: un mondo malato, fatto di carbone, da cui escono i tentacoli di un virus malefico e omicida e, sotto, l’Uomo Vitruviano, con due braccia in più, che tenta di difendersi. L’impatto visivo era forte e inquietante allora, mentre fa riflettere ancora di più adesso. Una premonizione del Covid-19?

“All’epoca non pensavo certo al Coronavirusrisponde ai nostri microfoni l’autore – L’opera, così come gran parte della mia produzione, parlava in realtà del vero virus che sta distruggendo il mondo, l’inquinamento ecologico, politico, sociale, economico e culturale, che ci fagocita e dal quale non riusciamo a difenderci”.

Se dovesse dipingere oggi quel quadro, cambierebbe qualcosa?

“No: l’idea resta quella”

Ma come vede il Coronavirus?

“Come una presa in giro, un discorso economico. Per me è un’operazione atta a ripristinare quei collegamenti economici che evidentemente non erano più abbastanza solidi”.

Ma è costata molte vite umane…

“Anche le altre malattie costano vite umane… Ma secondo lei, sono davvero morte tutte di Covid, queste persone, o il tutto è stato ingigantito per metterci paura e manipolarci? Ci hanno chiusi in casa per due mesi, adesso andiamo in giro con le mascherine, ma a che servono?”

A proposito di mascherine, questo mi fa pensare alle sue modelle con le maschere antigas.

“Quella è una bella maschera e fa capire il motivo per cui va indossata: per preservarci da quello che ci stanno facendo, dall’inquinamento economico, politico e culturale, oltre che ambientale. Ecco perché la faccio mettere alle mie modelle: è un simbolo, una protesta, un voler dire che non voglio respirare questa contaminazione e mi metto la maschera”.

Quindi il vero virus per lei qual è?

“La politica, l’economia, la cultura e il sociale. Ma io lo denuncio da ormai quasi 15 anni attraverso le mie opere”.

Opere che si contraddistinguono per l’uso del carbone e della cenere. Come mai questo materiale così inusuale?

“Per me contiene, nella sua struttura fisica e non solo come metafora, il buio e la luce, la notte e il giorno, la catastrofe e la rinascita. Il carbone ha un’energia incredibile, che molti ignorano”.

Cosa rappresenta per lei il carbone?

“La rinascita. Il carbone, la cenere, sono una specie di concime. E il concime serve per far crescere qualcosa di buono. Vorrei far crescere le coscienze, radere al suolo tutte quelle cose che non funzionano più, concimare con il carbone e far sorgere qualcosa di nuovo e diverso rispetto a quello che sta succedendo adesso. Il carbone quindi per me è una denuncia, verso tutto quello che succede innanzi tutto in Italia, poi nel mondo”.

Alcamo, Roma, Monaco, New York, Tarquinia e infine Maccarese: sono i luoghi della sua vita: cosa le hanno lasciato, nel bene e nel male?

“Alcamo e la Sicilia… sono rimaste dentro di me, una bomba atomica, perché la Sicilia è questo: nelle mie opere ci sono spesso riferimenti alle mie origini. I colori e gli odori della mia terra non sono riuscito a trovarli da nessun’altra parte. A 5 anni ho lasciato la Sicilia e sono stato per un periodo in Germania, che mi ha lasciato la sua perfezione: i tedeschi se dicono una cosa poi la fanno, non sono come noi italiani, sono molto più precisi. New York è una città incredibile, davvero una grande mela, la prendi a morsi e poi butti il torsolo dall’altra parte. L’altra faccia della medaglia è che basta girare l’angolo e si scorge una spaventosa miseria. A Tarquinia ho sviluppato altre cose a livello culturale, il mondo degli Etruschi è incredibile, magico. A Roma ci sono venuto da ragazzino, ho frequentato qui il liceo artistico e l’Università. Poi, dopo aver girato e dopo i 10 anni vissuti a Tarquinia, sono tornato, ma ho trovato una città improvvisata sotto vari aspetti, non era più la Roma di una volta, ma una città decadente, antica sotto tutti i punti di vista. Per questo mi sono spostato a Maccarese, un luogo dove vai in contemplazione. Qui ho creato delle cose particolari, ho sviluppato quello che davvero sentivo dentro, si è sviluppato il carbone, che è nato qui a Maccarese, circa 15 anni fa”.

Quindi la parte più vera dell’artista che è in lei è nata qui a Maccarese?

“Sì, ma con l’esperienza fatta a New York, a Monaco e ovviamente, in Sicilia, che mi rimane sempre dentro, che arde sempre e crea carbone. Il carbone, che lei adesso sta guardando e che sembra insignificante, nullo, ma all’interno ha questa forte energia, che non si vede, ma che esce fuori”, dice indicando “Traiettorie”, un’opera a tecnica mista, con filamenti in metallo che fuoriescono dalla tela in cui troneggia un globo di carbone.

Cos’è per lei l’arte?

“Tutto quello che ci circonda, tutto quello che è intorno a noi, dalla prima luce fino all’intenso buio, dalla nascita alla morte”.

Tra i protagonisti più rappresentativi dell’arte contemporanea italiana e, se non ci fosse stato il lockdown, avrebbe dovuto inaugurare a metà marzo una mostra personale alla Galleria Fidia di Roma, oltre che fare mostre a San Pietroburgo e Dubai. Tutto rimandato, ma le date ancora non sono state definite.

Oltre che per il carbone, lei è famoso per le sue performance, dove modelle nude dipinte di blu si aggirano tra le opere con la maschera antigas di cui parlavamo prima.

“Il corpo è un mezzo di espressione artistica, mentre l’ambiente è teatro dell’attività creativa. Ho semplicemente unito due movimenti artistici nati negli anni Sessanta negli Stati Uniti, la Body Art e la Land Art, per esprimere i miei concetti. Sono dipinte di blu perché per me è il colore che rappresenta la purezza. Il perché della maschera antigas lo abbiamo detto prima, è una difesa dalla contaminazione dei virus che ci circondano”.

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