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Il capacity market, un’opportunità notevole per lo sviluppo sostenibile

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Cos’è il capacity market ? Leggendo il titolo, trovate questa espressione che a molti può giungere del tutto nuova. Si traduce con ‘mercato delle capacità’.

 

E’ l’Unione Europea che ha dato il via allo schema, coordinato tra le varie nazioni, per il cosiddetto capacity market, il mercato della capacità di produzione elettrica. Tutto ciò viene pensato per remunerare chi è disposto a tenere in stand by centrali elettriche altrimenti diseconomiche, perché intervengano con gran rapidità in caso di bisogno. Una buona idea? Per tamponare le possibili emergenze forse sì. Ma forse no, se al problema si vogliono dare soluzioni strutturali. Ce lo dice sempre l’Europa, con i suoi esperti.

 

Il Capacity Market nasce per garantire che ci siano sempre le risorse per coprire le punte di carico in ogni area della rete. Necessità che tra il 2013 ed oggi non preoccupava particolarmente gli operatori di rete in quanto esisteva un eccesso di produzione cronico dovuto alla riduzione dei consumi, tale che in alcuni giorni, e grazie alle rinnovabili, l’energia scambiata sul mercato aveva un valore nullo. E un valore nullo dell’energia nel mercato ha messo in crisi i produttori di energia da fonti tradizionali.

 

Dal 2017, invece, stiamo assistendo ad una ripresa dei consumi elettrici e quindi il capacity market è tornato un tema attuale tanto da riempire le pagine dei media di settore e ad alimentare il dibattito tra gli operatori.

 

Una soluzione che fa discutere parecchio, anche perché i provvedimento che il 14 giugno ha ricevuto il via libera da Bruxelles, di fatto prevede uno strumento di remunerazione di lungo termine (15 anni) a favore delle centrali termoelettriche, incentivandone addirittura la costruzione. Diverso invece se potessero partecipare al mercato della capacità anche gli impianti a fonti rinnovabili, come per esempio gli impianti fotovoltaici.

 

In pratica, attraverso il Capacity Market, Terna si vuole garantire una riserva di energia elettrica in caso di crisi sulla rete (leggasi blackout) e per questo è disposta a pagare quei titolari di asset di produzione e di consumo che mettono a disposizione determinate capacità produttiva (per gli asset di produzione) e la disponibilità a interrompere o ridurre il prelievo dalla rete (per gli asset di consumo).

 

A proposito della polemica che vede contrapposte centrali termoelettriche al settore rinnovavili, interviene sul tema Italia Solare:

“La tecnologia odierna – spiega Italia Solare – ha raggiunto livelli di sviluppo e di economicità tali da permettere sempre di più agli impianti flessibili di generazione, inclusi gli accumuli, di risolvere le questioni collegate alla tipica intermittenza delle fonti rinnovabili”.

È anacronistico e dannoso che si punti invece a un piano di remunerazione di lungo periodo per le grandi centrali termoelettriche. “Un sistema che sarà pagato in bolletta dai clienti finali (fino a 1,4 miliardi di euro all’anno per i prossimi 15 anni, secondo la Commissione europea) e in previsione del quale stanno aumentando le richieste di autorizzazione per nuove grandi centrali a fonti fossili”.

 

 

 

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