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Seconda conferenza “Italia-Asia Centrale”: Roma sempre più attiva in un Oriente sempre più coeso

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I rappresentanti dei cinque paesi dell’Asia centrale, dell’UE e dell’Italia si sono incontrati lo scorso 8 dicembre nella capitale Uzbeka Tashkent per la seconda conferenza ministeriale Asia centrale-Italia. In agenda, l’analisi delle nuove opportunità e delle sfide attuali, con particolare riferimento all’Afghanistan, allo sviluppo della cooperazione fra Italia e Asia centrale non solo economica e commerciale, ma anche in altri settori prioritari come l’istruzione, l’interazione accademica, la divulgazione del patrimonio culturale, il turismo.

L’Italia prosegue un’azione diplomatica volta a rafforzare la sua presenza nei 5 Paesi dell’Asia Centrale

Fu proprio Roma, infatti, a inaugurare questo appuntamento nel 2019, sempre nel formato 1+5, con l’intenzione di definire una politica estera più attiva ed espansiva nella regione. Due anni dopo, il focus dedicato all’Asia Centrale continua a essere una prerogativa per le istituzioni nazionali e per gli interessi geopolitici nell’area, con la delegazione italiana guidata da Luigi Di Maio che ha incontrato in presenza i ministri degli esteri del Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tagikistan, Uzbekistan, e Turkmenistan (quest’ultimo partecipando con un video messaggio). Presente anche la rappresentante speciale dell’Unione Europea per l’Asia centrale, l’ambasciatrice Hakala che ha portato sul tavolo le istanze del Vecchio Continente. Ma a prescindere dall’approfondimento delle relazioni tra l’Unione Europea e l’Asia Centrale, è il rapporto specifico tra l’Italia e l’Asia Centrale a essere in costante crescita. E nel discorso di apertura il viceministro degli Esteri italiano Manlio Di Stefano, ha sottolineato come l’instaurazione di un dialogo tra le istituzioni di ricerca dei paesi sia cruciale per lo sviluppo qualitativo delle relazioni Italia-Asia centrale.

Anche il Ministro degli Esteri kazako Mukhtar Tleuberdi ha auspicato l’approfondimento di una cooperazione reciprocamente vantaggiosa e ha rilevato il crescente ruolo dell’Italia nello sviluppo dell’interconnessione energetica, dei trasporti e tecnologica dei paesi dell’Asia centrale con l’Europa. Va sottolineato come il Kazakistan resti il più grande partner economico dell’Italia nella regione: solo nel 2019, Roma ha importato circa 2,1 miliardi di euro di prodotti kazaki. Il gigante energetico italiano ENI è un partner importante per il Kazakistan, con circa il 10% della sua produzione totale di petrolio proveniente da quel paese. Durante i colloqui, Italia e Kazakistan hanno confermato il loro reciproco interesse a rafforzare la cooperazione anche nel campo della sanità. Non solo il Kazakistan, anche l’Uzbekistan sta rafforzando i legami con l’Italia: nel 2018, lo scambio commerciale tra i due paesi è aumentato del 71 per cento. Per quanto riguarda il Turkmenistan, nel 2019 il commercio è salito a circa 145 milioni di euro, rispetto ai 78 milioni di euro del 2018. Anche ad Ashgabat ENI è prominente, investendo più di 2 miliardi di euro e impiegando una forza lavoro di 1.000 persone (il 95% delle quali sono turkmene). L’Italia ha anche legami sia con il Kirghizistan che con il Tagikistan, e la società italiana Webuild (ex Salini Impregilo) ha firmato un contratto da 3,9 miliardi di dollari per realizzare il progetto della diga Rogun di quest’ultimo.

Al di là dei benefici economici, l’Italia ha da guadagnare da queste relazioni sempre più profonde nella regione, poiché possono fungere da testa di ponte verso i più grandi mercati asiatici – vedi il recente riconoscimento di Roma come partner di sviluppo dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico.

Il Kazakistan guida una politica di maggiore cooperazione nella regione dell’Asia centrale

Ma non è solo l’Italia a poter trarre benefici dall’intensificarsi di queste relazioni internazionali. La conferenza di Tashkent ha mostrato come ci sia una spinta, in particolare guidata dal Kazakistan, per una maggiore cooperazione e coordinamento nella regione stessa dell’Asia centrale. Recente l’avvicinamento tra il Kazakistan e l’Uzbekistan: il 7 dicembre scorso i legami bilaterali hanno raggiunto un nuovo livello, dal partenariato strategico all’alleanza, dopo che il presidente Kassym-Jomart Tokayev e il presidente dell’Uzbekistan Shavkat Mirziyoyev hanno firmato una dichiarazione di relazioni alleate. Sul piano economico, il commercio tra il Kazakistan e i paesi dell’Asia centrale è cresciuto del 35% nel corso dell’anno, secondo il rapporto dell’Ufficio kazako delle statistiche nazionali per gennaio-maggio 2021. Le esportazioni verso l’Asia centrale hanno superato le importazioni di quasi tre volte per il Kazakistan e hanno raggiunto 1,7 miliardi di dollari. In generale, il volume totale delle esportazioni verso i paesi dell’Asia centrale è stato pari al 7,7% di tutte le forniture del Kazakistan ai mercati esteri.

Altro segnale di una maggiore cooperazione regionale è arrivato ad agosto, nel corso della terza riunione consultiva dei capi dei paesi dell’Asia centrale, tenutasi ad Avaza, sulla sponda caspica del Turkmenistan. Tutti e cinque i presidenti dell’Asia centrale erano presenti all’evento. L’incontro ha dato ai partecipanti la possibilità di discutere problemi regionali urgenti, come la situazione attuale al confine con l’Afghanistan, gli effetti del cambiamento climatico ripresa economica e modernizzazione, la gestione della pandemia COVID-19. Sempre quest’anno, il Kazakistan e il Tagikistan hanno concordato di approfondire le relazioni. Durante il suo primo viaggio all’estero di quest’anno, conclusosi il 20 maggio, il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev ha discusso con il suo omologo tagiko Emomali Rahmon a Dushanbe sullo sviluppo futuro dei legami, che prevede la creazione di joint venture per la lavorazione dei prodotti agricoli, l’esportazione di prodotti ecologici in Kazakistan e la creazione di centri di distribuzione all’ingrosso unificati in Tagikistan.

È un puzzle che via via si va componendo, dunque, quello dei Paesi dell’Asia centrale. E forse l’Italia può considerarsi almeno un facilitatore di questo processo positivo di cooperazione e progresso, non solo economico, ma anche culturale.

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