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Transizione ecologica, la rivoluzione parte dalle aziende: cos’è e come attuarla

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Transizione ecologica

Se c’è un qualcosa che può salvarci dalla crisi più grande mai affrontata dal genere umano, quel qualcosa è la ”transizione ecologica”. Una parola ancora contornata da un’aura di mistero per molti, mentre per altri si configura quasi come una leggenda difficile da attuare nella realtà. E di fatto, prima ancora di un progetto, la transizione è prima di tutto rivoluzione, sociale e culturale al contempo, nell’approccio che l’uomo ha nei confronti dell’ambiente circostante. 

Un impegno per il nostro futuro

Ora, per tutti gli scettici che pensano si tratti semplicemente di un idillio futuristico, è bene sapere che molte aziende sul territorio italiano stanno già facendo i conti con la rivoluzione green più attesa, perché il futuro è già presente – a voler usare una frase ad effetto – nel senso che solo curandoci del presente potremo salvare il nostro futuro, e soprattutto quello dei nostri figli. Questo articolo di approfondimento cercherà di fare chiarezza sulla situazione attuale.

Transizione ecologica: perché è importante

Ma cosa intendiamo precisamente? La transizione ecologica è quel processo di innovazione tecnologica e rivoluzione ambientale, che favorirà tutte quelle economie che non terrano conto solamente dei profitti economici, ma anche del rispetto della sostenibilità ambientale: effetto serra, plastiche, innalzamento delle temperature e catastrofi derivanti da esse sono solo l’inizio di quello che ci aspetta se non impariamo subito a gestire meglio i nostri processi produttivi ed industriali. 

Il risveglio della politica sul tema

Fino ad ora, non c’è mai stata una vera intenzione di cambiare lo stato dei fatti. Tuttavia, però, qualcosa inizia a muoversi. Finalmente, ad esempio, anche per parte della politica, invece che impattare sulla vita delle organizzazioni, alle quali non ha dato pace, si produrrà in un impegno serio. Ci sono delle agende, dei progetti e degli scopi da raggiungere.

Transizione anche nel PNRR

L’agenda per la sostenibilità 2030 dell’ONU, il COP 26, definiscono un impegno politico preciso e lineare, che in Italia, grazie al Ministero della Transizione Ecologica è stato inserito nel PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma la vera rivoluzione, come sempre, parte dal basso e cioè dai lavoratori che ogni giorno hanno a che fare con i processi di produzione. Le aziende non sono soltanto il fulcro dell’economia ma anche dei principali processi di sviluppo sociali e culturali. Anche in questo caso sono proprio loro a poter fare la differenza. 

Rivoluzione ambientale: l’importanza delle aziende

Non ci vuole molto per comprendere le motivazioni per le quali le aziende saranno molto importanti da qui a qualche anno per la rivoluzione verde. Queste, oltre ad essere considerate come le maggiori colpevoli dello stato attuale, sono però anche coloro che avranno la capacità di ricerca e sviluppo, e come risorse economiche, per promuovere attivamente la transizione verso la sostenibilità.

La transizione ecologica sarà basata su di una vera e propria riqualificazione delle aziende e dei rispettivi processi produttivi, che consentiranno di valutare, rivedere e migliorare i propri processi, con una nuova visione ecologica, magari integrando i progetti di industria 4.0 e robotica, a sostegno dell’ambiente, e scoprire nuove opportunità di guadagno. Tutte opportunità che nascono anche da un cambiamento di regia e di sguardo verso il mondo: una visione di economia circolare.

Esempi alla mano di economia circolare

Facciamone alcuni esempi: scarti alimentari che possono diventare sfarinati e mangini, e trasformarsi così da ‘rifiuto’ a materia prima di altre filiere. Ancora, gli scarti del settore agrumi, che possono divenire fibre vegetali per l’industria della moda, e si potrebbe continuare per ore. Non a caso gli esempi sono del settore alimentare sono i più calzanti.

Non si tratta comunque di una novità in assoluto, perché molte realtà operavano già così da anni nel nostro Paese, in verità. Ma i fondi a disposizione del PNRR saranno fondamentali per innescare questo processo di miglioramento ambientale che abbia valenza nazionale. 

Gli standard alimentari, per esempio, come quello per la certificazione BRC ed IFS prendevano già in considerazione aspetti ambientali, lo spreco, il sottoprodotto, così come la norma ISO 22000 ed FSSC 22000 grazie al requisito della valutazione del contesto dell’organizzazione.

Transizione ecologica aziendale: come attuarla

Dunque, scendendo un po’ nel concreto e nel vivo della vicenda, partiamo col dire che alla base di una transizione ecologica aziendale ci deve essere una valutazione degli impatti e dei consumi. Ed è lì che lo stato deve venire in aiuto. Formando risorse per le organizzazioni che intendono attuare azioni per mutare i propri processi con una visione di minor impatto ambientale.

Valutazione impatti e le norme di certificazione

Partendo dall’utilizzo delle energie, che dovrebbero essere rinnovabili, delle materie prime sostenibili, dei materiali il meno impattanti per l’ambiente. Per le organizzazioni ci sono tutta una serie di strumenti che fino ad adesso erano lasciati alla politica etica aziendale. Vediamo quali norme di certificazione ambientale che possono essere aiuto nel processo di transizione ecologica:

  • Sistema di gestione ambiente ISO 14001. Il sistema che getta una base di analisi sugli impatti dell’organizzazione. Per l’attuazione di valutazione e politiche degli obbiettivi di miglioramento aziendale;
  • Dichiarazione EMAS. La dichiarazione Eco Management and Audit Scheme in riferimento al Regolamento UE 2017/1505 oltre i requisiti richiesti della norma ISO 14001;
  • Sistema di gestione energia ISO 50001. Un sistema di gestione per valutare l’impatto energetico e definire azioni per il miglioramento delle performance;
  • Carbon Foot Print. La valutazione del ciclo del carbonio. Fondamentale per le organizzazioni che vogliono contribuire all’impatto dell’effetto serra. Per abbattimento degli impatti e per comportamenti in direzione dei carbon neutral;
  • Water Foot Print. Simile allo standard visto sopra ma con un focus sulle risorse idriche;
  • Life Cycle Assessment. La valutazione e lo studio degli impatti di prodotti e servizi dalla loro progettazione fino al rifiuto;
  • Ecolabel. Il marchio della qualità ecologica per prodotti e servizi, definito dai requisiti del Regolamento UE 2010/66.

Anche la pubblica amministrazione è sempre più sensibilitata nei confronti di questa rivoluzione ambientale. Il codice degli appalti, per esempio, richiede, alle aziende che partecipano alle gare di appalto, o certificazioni ambientali, come quelle viste sopra, o la presenza dei CAM, criteri minimi ambientali.

Ripartire dalla persone

Ovviamente, poi, la transizione ecologica deve partire dalle persone. Perché le persone, i consumatori sono quelli che effettuano richieste ed acquisti. Imparare a riconoscere ed acquistare quei prodotti, che vengono creati o servizi erogati in modo sostenibile.
Ma non solo.

Con questo non vogliamo di certo intendere che basta essere certificati secondo queste norme per dare evidenza del proprio impegno della transizione ecologica, ma si tratta certamente di un piccolo, grande, passo in avanti verso quel sogno verde che poi così tanto sogno non è, cercando di sganciarlo ancora di più dall’ambito della pura fantasia e calarlo nelle coscienze reali della società. 

 
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