Home » Inchieste e Approfondimenti » Delitto di Garlasco, luci e ombre nell’omicidio di Chiara Poggi

Delitto di Garlasco, luci e ombre nell’omicidio di Chiara Poggi

Pubblicato il
chiara poggi

Il delitto di Garlasco è l’omicidio di Chiara Poggi, 26 anni, uccisa la mattina del 13 agosto 2007 nella villetta di famiglia a Garlasco. 

alberto stasi
Alberto Stasi – Ilcorrieredellacittà.com

 

Per la sua morte, è stato condannato Alberto Stasi, che all’epoca dei fatti era il fidanzato di Chiara Poggi. 

L’omicidio di Garlasco

È il 13 agosto del 2007. L’orologio segna le 13.52. Con una chiamata al 118 inizia il giallo di Garlasco, un piccolo comune in provincia di Pavia. A un operatore del 118, dall’altra parte del telefono, una voce maschile riferisce poche parole, ma destinate a entrare nella memoria collettiva. «Credo che abbiano ucciso una persona, ma non ne sono sicuro… forse è viva. C’è sangue dappertutto e lei è sdraiata per terra». La “persona” in questione è Chiara Poggi, impiegata 26enne, fidanzata di Alberto Stasi. È lui che ha composto il numero di emergenza.

Quando i sanitari giungono nella villetta di Garlasco, al civico 29 di via Giovanni Pascoli, per Chiara Poggi non c’è più nulla da fare. Il corpo di Chiara – che aveva aperto la porta al suo assassino – non è a terra, come riferito da Stasi nella telefonata, ma riverso sulle scale, esattamente al nono gradino di quella rampa che porta giù in una cantina. Intorno a lei una pozza di sangue.

scena crimine
La scena del crimine – Ilcorrieredellacittà.com

 

I primi sospetti su Alberto Stasi

Quando Alberto Stasi va dai carabinieri, è pulito, nessuna traccia di sangue sui vestiti né sulle scarpe. L’ipotesi è che si sia cambiato prima di presentarsi in caserma. Il comportamento del giovane studente di Economia all’Università Bocconi di Milano risulta quantomeno anomalo e il ragazzo finisce – quasi immediatamente – nella lista dei sospettati. Una lista che si apre e si chiude con il suo nome.

Se il racconto che ha fatto ai militari dell’Arma fosse vero, cioè che è andato a casa della fidanzata perché non rispondeva al telefono e l’ha cercata in casa, prima di scoprirne il corpo sulle scale, deve essersi per forza sporcato le scarpe di sangue. Le Lacoste che vengono consegnate ai carabinieri invece sono immacolate, così come i tappetini dell’auto su cui è salito per andare a sporgere denuncia dopo aver scoperto il cadavere di Chiara.

scarpe stasi
Le scarpe di Alberto Stasi – Ilcorrieredellacittà.com

 

Sulle scarpe e sul presunto cambio d’abito prima di recarsi in caserma, si scontreranno accusa e difesa. In uno dei tanti esperimenti del processo, si evince che la possibilità che Alberto Stasi non calpestasse il sangue di Chiara era pari allo 0,00038 %. Se fosse sceso al secondo gradino, la percentuale si riduceva ulteriormente. Sembra quasi impossibile che Alberto Stasi abbia camminato sulla scena del crimine senza sporcarsi e sembra coincidenza ancor più strana che il killer e il fidanzato della vittima indossino entrambi un 42 di piede

Il dispenser e la bici

Ad aggravare la sua posizione, le impronte trovate sul dispenser del sapone nel bagno a piano terra, che l’assassino deve aver utilizzato per ripulirsi dalle macchie di sangue. Sul dosatore viene trovato il Dna di Chiara (e di nessun altro familiare) e due tracce di Stasi e quindi, secondo gli inquirenti, Alberto Stasi, dopo aver ripulito il lavandino, ha lasciato quelle due tracce rilevate dai Ris. 

La difesa sostiene che il lavaggio del dispenser potrebbe essere avvenuto in qualsiasi momento, ma agli inquirenti sembra quasi impossibile che la traccia di Stasi sia sfuggita al lavaggio.

Ultimo, ma non meno importante, è il tassello della bicicletta di Alberto Stasi. Due testimoni – in un orario compatibile con la morte di Chiara Poggi – riferiscono di aver visto una bici nera da donna poggiata al muro della villetta di via Pascoli, poco distante dal cancello.

Alberto Stasi possiede una bicicletta da uomo bordeaux di marca “Umberto Dei”, che viene sequestrata. Sui pedali di questa bicicletta vengono trovate tracce biologiche di Chiara Poggi. Stasi possiede anche una bicicletta nera da donna di marca “Luxury”, che viene visionata ma non sequestrata e della quale, inizialmente, il 24enne non fa menzione. Una perizia condotta sette anni dopo dalla parte civile, l’avvocato Tizzoni, rivela che la bicicletta “Luxury” nera da donna della famiglia Stasi montava pedali “Union”, gli stessi montati sulla bicicletta “Umberto Dei” di Stasi. La bicicletta nera sequestrata, tuttavia, monta pedali non originali Wellgo, con tracce del DNA della vittima. Si suppone che Stasi abbia scambiato i pedali tra le due biciclette per confondere le prove.

bici alberto stasi
La bici di Alberto Stasi – ilcorrieredellacittà.com

 

Nel 2014, al processo di appello bis, il rappresentante dell’accusa, Laura Barbaini, ha escluso l’ipotesi di uno scambio di pedali. Secondo la consulenza basata sulla data di fabbricazione dei componenti, non vi è mai stato uno scambio tra la “Umberto Dei” bordeaux di Stasi e la bicicletta nera da donna sequestrata.

Nelle mani della vittima viene trovato un capello castano chiaro, che però è privo di bulbo e quindi di Dna. Sul pigiama di Chiara, all’altezza della spalla sinistra, vengono trovate delle impronte di una mano, presumibilmente quella del killer che ha lanciato il corpo dalle scale. Quelle impronte però si riveleranno inutili ai fini delle indagini, perché vengono cancellate per errore quando il corpo di Chiara viene girato e la maglietta si sporca di sangue.

Chi ha ucciso Chiara Poggi?

L’ipotesi della rapina viene esclusa subito, perché la vittima ha aperto la porta al suo assassino e sul corpo non ci sono segni di difesa, indice del fatto che si fidava di chi aveva di fronte. In più, il fatto di aver aperto in pigiama conferma che era in confidenza con la persona che poi l’ha uccisa. Non solo: sul cancello esterno non vengono trovati segni di effrazione, così come sulla porta o sulle finestre.

Per chi indaga, l’unico indiziato – poi giudicato colpevole – è Alberto Stasi. In quei mesi il 24enne sta lavorando alla sua tesi di laurea, cosa che ha fatto anche il giorno del delitto, come confermato dai rilievi sul pc, che il giovane consegna spontaneamente ai carabinieri. Tra i file spunta una cartella con oltre 10mila foto di minori, ma il suo legale esclude che tra quelle immagini si nasconda il movente del delitto di Garlasco. 

La condanna

Nessun movente, nessuna arma del delitto e una scena del crimine contaminata portano all’assoluzione di Alberto Stasi nei primi due gradi di giudizio, nel 2009 e nel 2011. Poi però nel 2013 la Suprema Corte annulla tutto e condanna Alberto Stasi a 16 anni di reclusione. L’accusa aveva chiesto 30 anni, ma viene esclusa l’aggravante della crudeltà. Dal canto suo, Alberto Stasi, che sta scontando la pena nel carcere di Bollate, continua a professare la sua innocenza.

 

Impostazioni privacy