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Il caso Bebawi, l’omicidio della dolce vita che sconvolse Roma

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FOTO DA WIKIPEDIA

L’omicidio risale al gennaio del 1964, quando nell’ufficio di via Lazio, a Roma, venne trovato il corpo senza vita di un facoltoso imprenditore, Farouch Chourbagi. 

caso bebawi
Caso Bebawi – Ilcorrieredellacittà.com

 

Considerato il primo grande giallo mediatico, il caso Bebawi sconvolse la capitale e l’opinione pubblica.

L’omicidio di Farouch Chourbagi

Sono da poco trascorse le 9 del mattino del 20 gennaio del 1964, quando da un ufficio di via Lazio, a Roma, parte una telefonata disperata alla polizia. Dall’altro capo della cornetta c’è Karin Arbib, segretaria della società tessile Tricotex, che ha sede in quell’ufficio all’angolo con via Veneto. 

La donna racconta di aver trovato il corpo senza vita del suo datore di lavoro, Farouch Chourbagi, 27 anni ancora da compiere, originario del Libano ma nato in Egitto, e trasferitosi nella capitale per affari.

La scena che si presenta agli occhi degli agenti è degna di un film di Tarantino. Ci sono macchie di sangue ovunque, finestre chiuse e il corpo straziato della vittima. Il facoltoso imprenditore ha il volto completamente crivellato dai colpi, e il viso sfigurato dall’acido (si scoprirà che l’assassino ha usato del vetriolo). Un modo per sfregiarlo e portargli via per sempre la bellezza da bel tenebroso che lo contraddistingueva. 

Inizialmente, gli inquirenti sembrano avere la strada spianata verso la verità. Il capo della Omicidi, Nicola Scirè, è convinto che la soluzione del caso sia molto vicina. Basta mettere sotto torchio la segretaria per saperne di più. La vittima, oltre alle donne che entravano e uscivano dalla sua vita e dal suo letto, aveva un’amante fissa, Claire Bebawi. Per incontrarlo, fa avanti e indietro dalla Svizzera (dove vive con marito e figli). 

Il marito, il facoltoso industriale Youssef Bebawi, aveva scoperto la relazione extraconiugale della moglie, ma aveva deciso di restare con lei per il bene dei figli, pur avendo ripudiato la donna. 

Gli indizi e il processo

Fino alle 17 di sabato 18 gennaio – giorno del delitto – la vittima era sicuramente ancora viva, visto che il portiere dello stabile lo aveva incontrato proprio a quell’ora. Alle 23 di quella sera, l’imprenditore aveva un appuntamento con la contessa Patrizia De Blanck, sua nuova fiamma, ma a quell’incontro non si sarebbe mai presentato. 

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L’appuntamento mancato con la contessa De Blanck – Ilcorrieredellacittà.com

 

I Bebawi erano arrivati in aereo a Roma proprio il giorno del delitto e si erano allontanati intorno alle 17.30 dalla loro stanza d’albergo, per poi disdirla poco dopo e partire – alle 19.20 – per Napoli. Da cosa scappavano marito e moglie? Gli indizi sembrano quindi muoversi verso una sola direzione. 

Il terzo indizio arriva dagli 007 dell’Interpol, che avvertono gli inquirenti capitolini che Claire Bebawi aveva acquistato una boccetta di vetriolo in Svizzera, prima di partire alla volta dell’Italia. L’arma con cui era stato ucciso l’imprenditore, una calibro 7.65, era la stessa in uso al marito di Claire. I due coniugi vengono fermati in Grecia e il caso sembra risolto. 

Il processo si apre l’anno seguente ma l’isterismo mediatico è ormai alle stelle. L’amante tradita si presenta alla sbarra in una pelliccia d’agnello, mentre il marito arriva con passo deciso e sicuro di sé.

In un anno si dibattono 142 udienze al cospetto della Corte d’assise di Roma. Inizialmente le prove contro i due coniugi sembrano schiaccianti, ma le difese dei due imputati le fanno – pian piano – sgretolare. Chi ha sparato e chi ha usato il vetriolo? Ognuno dei due accusa l’altro e la strategia funziona. 

L’assoluzione

Di fronte ai tanti indizi, ma a un’assoluta mancanza di prove reali, i giudici decidono di assolvere i coniugi Bebawi per insufficienza di prove. La decisione arriva dopo 29 ore di camera di consiglio, il 22 maggio del 1966. Da quel giorno entra nei manuali di diritto il cosiddetto “teorema Leone”: «Impossibile condannare senza prove due imputati che si rinfacciano reciprocamente lo stesso reato». 

A quel punto i due coniugi tornano liberi, ma scelgono strade diverse. Youssef fa ritorno in Svizzera, dove sposerà la babysitter con cui aveva intrapreso una relazione, mentre Claire torna con i figli in Egitto. Nel 1968 viene ribaltata completamente la sentenza di primo grado: i Bebawi vengono condannati a 22 anni di reclusione. Lui per responsabilità materiale, lei per concorso morale.

Quattro anni dopo la Corte d’appello conferma la condanna, che però non tange i due imputati, visto che né l’Egitto né la Svizzera contemplano accordi di estradizione.

“Il movente fui io! Faruk l’avevo appena conosciuto a una festa, era simpaticissimo, molto dolceStravedeva per me. Pensi che pochi giorni prima avevo organizzato un ricevimento a casa mia, in via Petrella, ai Parioli, per presentarlo agli  amici, e che la notte precedente avevamo dormito insieme…”. A parlare è la contessa Patrizia De Blanck, con cui la sera del delitto Farouch Chourbagi aveva un appuntamento, al quale non si sarebbe mai presentato. 

 

 

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