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TANGENTOPOLI POMETINA, ULTIMA PUNTATA

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Pubblichiamo la terza ed ultima parte del processo noto come Tangentopoli pometina, con trascrizione integrale della sentenza, senza alcun commento o modifica. I commenti li lasciamo ai lettori, che meglio di noi sanno interpretare i sentimenti di un’intera città in balìa dei politici e politicanti di turno.

Sarà svolta trattazione congiunta dei reati ascritti ai capi B e C, riguardando il capo B la posizione dei titolari delle imprese facenti parte del Consorzio GFM (Caronti Rome e Deodati Angelo) al quale è stato affidato il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani e di spazzamento del territorio comunale attraverso le delibere n. 160 e 171 del Consiglio Comunale, rispettivamente del 11/12/00 e del 22/12/00, adottate dagli imputati di cui al capo C in concorso con altri separatamente giudicati, a fronte della periodica dazione di denaro promessa da Caronti e Deodati.

Nella specie, l’illiceità del comportamento posto in essere dagli imputati è dimostrata già dall’adozione delle delibere del Consiglio Comunale in relazione all’affidamento al Consorzio GFM da ritenersi illegittime e frutto di accordo corruttivo.

Il teste Vittorio Ferrara, Dirigente dal marzo 2000 della sezione Tutela Ambiente del Comune di Pomezia, ha riferito che prima dell’affidamento al Consorzio GFM, provvedeva al servizio citato la soc. SLIA in forza di convenzione con scadenza nel mese di dicembre 2000, a seguito di proroga dal mese di giugno 2000. Ricorda il Ferrara che fin dal suo insediamento aveva subito e più volte sollecitato indicazioni sulle modalità di affidamento del servizio poiché, appunto, la scadenza contrattuale era prossima ed erano necessari almeno 5 mesi per predisporre la gara pubblica; che nella proposta di delibera che prevedeva la scelta dell’impresa attraverso gara pubblica, il Ferrara ed il Segretario del Comune, dott. Gadola, avevano ipotizzato la costituzione di una società mista, pubblico-privata, alla quale avrebbe potuto partecipare la stessa società che avesse vinto la gara pubblica per l’espletamento del servizio per la durata di 5 anni, poiché questo era il termine indicato dal D. lee.vo. 468 del 1997.

Ricorda il teste che nella riunione del Consiglio Comunale tenutasi in data 11/12/00 era emerso altro orientamento, contrario cioè all’espletamento della gara pubblica; che la riunione fu sospesa ed il Ferrara invitato a partecipare ad altra riunione con i capigruppo, riunione alla quale erano presenti Manzi, Leonori, D’Alessandri, Mauro e Cervoni (Assessore al Bilancio e Vicesindaco).

Riferisce il teste che l’orientamento dei Consiglieri era quello di stabilizzare i lavoratori socialmente utili (in numero di 16 unità) che erano in carica al Comune di Pomezia utilizzando lo strumento previsto dal D. Leg.vo 468 del 1/12/97; a tale orientamento, il Ferrara ed il Gadola obiettarono che avrebbero dovuto essere necessariamente assunti anche i 71 lavoratori provenienti dall’appalto SLIA e che la percentuale di L.S.U. da stabilizzare doveva essere – per espresso disposto di legge – pari al 40% dei lavoratori complessivamente addetti al servizio, mentre il numero dei L.S.U. indicati dal Consiglio (16) era inferiore alla percentuale citata.

Il Ferrara, a questo punto, aveva comunicato che non avrebbe apposto il visto di legittimità poiché non condivideva appunto la decisione ed il Ferrara ed il Gadola furono invitati ad uscire, avendo quel giorno poi il Consiglio adottato la delibera n. 160 con la quale disponeva l’affidamento del servizio al GFM, già affidatario dei servizi di manutenzione delle aree verdi e degli immobili comunali.

Il Ferrara, chiamato a dare esecuzione alla delibera, preso atto della esistenza di un parere espresso dalla Soc. Italia Lavoro sulla ricorrenza dei requisiti richiesti dalla legge in capo alle società facenti parte del Consorzio (parere che il Ferrara non ha mai visto, ma la cui esistenza gli fu riferita dal Dirigente del Personale) richiese quindi al Consorzio documenti al fine di accertare la capacità tecnico-economica dell’impresa affidataria del servizio e – sulla base del principio richiamato nella stessa delibera, della economicità dell’azione amministrativa – propose un ribasso del 15% (pari al ribasso medio che il Comune avrebbe ottenuto se avesse espletato una Gara pubblica) sul costo che l’Amministrazione doveva sostenere per l’appalto – stabilito in 8.786.000.000 di lire – sia perché il Consorzio non aveva sopportato alcun onere per la partecipazione alla gara pubblica per essere stato deciso l’affidamento diretto, sia perché il corrispettivo del precedente appalto era stato di circa 5.000.000.000 (per 4 anni), sia infine perché per la stabilizzazione degli LSU era previsto uno sgravio contributivo pari a 18.000.000 di lire in 5 anni per ogni lavoratore stabilizzato. Il Consorzio non solo non comunicò nulla in ordine all’accettazione o meno del prezzo proposto, ma non inviò neppure la documentazione richiesta se non l’iscrizione alla Camera di Commercio e la documentazione bancaria a garanzia della solvibilità, tanto che il teste sollecitò l’Assessore preposto ed il Sindaco al fine dell’acquisizione del consenso del Consorzio alla proposta di convenzione.

Il Ferrara venne quindi invitato a partecipare ad una riunione dove erano presenti il Deodati e tale Massa per il Consorzio, Cervoni, Giannelli Savastano, D’Alessandri, Mauro, Ruffini, , Schiumarini e forse anche Mambelli e dove si discusse della scarsa remuneratività dell’appalto per il Consorzio a fronte dei costi necessari all’espletamento del servizio ed in particolare dei costi necessari per la stabilizzazione dei LSU, ragioni del Consorzio queste sostenute dal Ruffini.

Il Ferrara allora invitò il Consorzio a trasmettere un’analisi dei costi che fosse chiara e documentata. L’analisi dei costi inviata poi dal Consorzio non convinse il Ferrara, che non riteneva congruo il prezzo senza ribasso, e nella successiva riunione – alla quale non erano presenti Schiumarini e Mambelli – il teste esprimendo forte dissenso, demandò la decisione al Consiglio. Il Consiglio Comunale, nella seduta straordinaria del 22/12/00, approvò, contro il parere degli uffici tecnici, la Delibera n. 171 nella quale il prezzo dell’appalto era quello richiesto dal Consorzio.

Il GFM iniziò l’espletamento del servizio ed il corrispettivo veniva versato in rate mensili posticipate.

Enrico Gadola ha rivestito la qualità di Segretario Generale e Direttore Generale del Comune di Pomezia dal 1999 al 2002; il teste conferma che si approssimava la scadenza del contratto con la SLIA e che il Ferrara predispose il capitolato di appalto e gli atti necessari per l’espletamento della gara di evidenza pubblica che prevedeva un impegno di spesa che “andava oltre il triennio del bilancio pluriennale” essendo la durata del contratto pari a 60 mesi, per cui era necessario acquisire l’indirizzo del Consiglio Comunale. Ricorda il Gadola che la proposta fu due volte portata all’ordine del giorno, ma non esaminata.

Il teste allora sollecitò il Sindaco il quale, a sua volta, sollecitò il Mauro che era il Presidente della Commissione Ambiente: durante la discussione sulle proposte, avvenuta nei primi giorni del dicembre 2000, il D’Alessandri propose un emendamento che sostituiva l’intero deliberato e anche il Leonori propose altro emendamento molto simile a quello del D’Alessandri; il Ruffini propose quindi una sospensione della riunione per verificare la possibilità di unificare i due emendamenti ed il Manzi, Presidente del Consiglio Comunale, sospese la riunione convocando una conferenza dei Capigruppo alla quale furono invitati anche Gadola e Ferrara ed alla quale era presente anche il Cervoni che era Vicesindaco.

I due emendamenti tendevano ad un affidamento diretto al Consorzio GFM in deroga alle norme sull’evidenza pubblica ed in virtù della norma prima citata ed il teste ricorda che sia lui che il Ferrara espressero il loro “fortissimo dissenso” all’utilizzazione dello strumento legislativo citato. Le motivazioni del dissenso, riferisce il Gadola, derivavano dalla insussistenza dei presupposti per l’applicazione della norma: il servizio da  affidare doveva essere servizio non precedentemente affidato in appalto (stava invece scadendo appunto il termine del precedente appalto alla SLIA) in quanto i lavoratori addetti al servizio espletato nel precedente appalto avrebbero dovuto obbligatoriamente essere riassunti dall’impresa subentrante in virtù del CCNL di settore; i lavoratori addetti al precedente appalto sommati ai lavoratori da stabilizzare (e quindi un totale di 87 persone) costituivano un organico eccessivo rispetto alle necessità del servizio e comunque il numero di LSU indicato dal Consiglio (16) non corrispondeva alla percentuale richiesta dalla legge (40% dei lavoratori addetti al servizio) di LSU da stabilizzare. Non ricorrevano neppure i presupposti per l’altra ipotesi prevista dall’art. 10, lettera B del D.leg.vo 468/97, ipotesi alternativa a quella della lettera A.

D’Alessandri, a quel punto, disse a Ferrara e Gadola “potete andare, non ci servite più” e dopo circa un’ora riprese la seduta del Consiglio e gli emendamenti proposti ottennero il consenso dell’organo deliberativo.

Ricorda il Gadola che lui ed il Ferrara furono chiamati a dare esecuzione alla delibera e che entrambi sostennero la proposta di un prezzo con una percentuale di ribasso per tutte le considerazioni già richiamate nella deposizione del Ferrara e specifica il Gadola che la trattativa sul prezzo dell’affidamento era di competenza del Ferrara quale Dirigente del Servizio ai sensi dell’art. 107 del D. leg.vo 267 del 2000, così come era compito del Dirigente determinare il prezzo del servizio, gli aspetti del contratto e poiché il Ferrara dissentiva dall’indirizzo del Consiglio, il prezzo era stato stabilito dalla delibera e non dal contratto che il Dirigente non aveva ritenuto di stipulare.

Afferma, nella sostanza, il teste che alcuna seria trattativa sul prezzo vi era stata, poiché il Consorzio sapeva che avrebbe comunque avuto l’affidamento diretto del servizio; che lui era poi andato in ferie e che gli accadimenti successivi li aveva appresi dal Ferrara, che era stato chiamato a dare esecuzione poiché a ciò era tenuto anche se la riteneva illegittima.

Il teste Lulli era Dirigente del Comune di Pomezia nel 2001 e si occupava prevalentemente del servizio contenzioso e contratti e riferisce che aveva espresso parere favorevole anche al Ferrara per la stabilizzazione degli LSU; riferisce altresì il teste che gli LSU che non avevano preso servizio nell’affidamento al GFM, l’avevano fatto poiché non gradivano le mansioni alle quali sarebbero stati addetti.

Al riguardo il teste Calvano, sindacalista che si era occupato dei rapporti tra i lavoratori e le aziende facenti parte del GFM, ha riferito che 20 erano i LSU ed erano stati assunti dal Consorzio in relazione all’affidamento del servizio di RSU e spazzamento del territorio comunale, ma non ricorda quanti abbiano svolto effettivamente questa attività.

E’ necessario richiamare a questo punto le norme di legge menzionate nella delibera n. 160 dell’11/12/00, evidenziando sin d’ora che nella delibera alcuna specificazione è contenuta in ordine all’ipotesi prescelta dal Consiglio tra quelle – alternative – previste dall’art. 10 alle lettere A e B e che nella delibera sono citati i lavoratori di pubblica utilità che però non sono coloro che svolgano lavori socialmente utili, a questi ultimi riferendosi invece le norme sotto riportate.

Recita l’art. 10 del D. leg.vo 468 dell’1/12/97: “1. Allo scopo di creare le necessarie ed urgenti opportunità occupazionali per i lavoratori impegnati nei lavori socialmente utili, facendo contemporaneamente fronte a proprie esigenze istituzionali per l’esecuzione di servizi aggiuntivi non precedentemente affidati in appalto o concessione, le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio01993, n. 29, al momento della progettazione dei lavori stessi deliberano che, in continuità con i progetti medesimi:

a) promuoveranno la costituzione di apposite società miste che abbiano ad oggetto attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto dei progetti in questione, a condizione che la forza lavoro in esse occupata sia inizialmente costituita, nella misura non inferiore al 40%, dai lavoratori già impegnati nei progetti stessi, ovvero in progetti di contenuti analoghi, ancorché promossi da altri Enti e nella misura superiore al 30% da soggetti aventi titolo ad esservi impegnati; tale condizione andrà rispettata per un periodo inferiore a 60 mesi;

b) affideranno a terzi scelti con procedura ad evidenza pubblica, lo svolgimento di attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto dei progetti di lavori socialmente utili, a condizione che la forza lavoro in essi occupata sia costituita nella misura non inferiore al 40% dei lavoratori già impegnati nei progetti stessi, ovvero in  progetti di contenuti analoghi, ancorché promossi da altri Enti e nella misura superiore al 30% da soggetti aventi titolo ad esservi impegnati.

Il successivo art. 12 conteneva la disciplina transitoria, al VI comma testualmente recitava: “allo scopo di favorire la creazione di stabili opportunità occupazionali per i soggetti di cui al presente articolo, il successivo affidamento a terzi di cui all’art. 10, comma 1, lettera B, potrà avvenire anche in deroga alle procedure di evidenza pubblica”.

Già dal tenore letterale delle norme, appare del tutto evidente in primo luogo che le ipotesi previste dalle lettere A e B dell’art. 10 sono ipotesi alternative, giacché del tutto diversi sono i soggetti che possono svolgere i “servizi aggiuntivi” e cioè una società mista o, invece, soggetti terzi scelti con procedura di evidenza pubblica.

In secondo luogo, i “servizi” ai quali possono essere addetti gli LSU sono “servizi aggiuntivi” (come tale non essendo qualificabile all’evidenza il servizio di raccolta di rifiuti e di spazzamento del territorio comunale), che non siano stati – inoltre – precedentemente affidati in appalto, poiché a norma del CCNL di settore, l’impresa subentrante è obbligata ad assumere tutti i lavoratori addetti al precedente appalto.

Nella specie ed in fatto – le osservazioni che seguono sono fondate dal dato testuale delle delibere consiliari – il Consiglio Comunale ha previsto la costituzione di società mista ed ha indicato il termine di 60 mesi, elementi questi previsti dalla lettera A dell’art. 10, richiamando poi però l’art. 12, norma transitoria che la legge riferisce alla sola lettera B; ha disposto l’affidamento diretto ad un soggetto privato di un servizio primario, precedentemente affidato in appalto; ha determinato in numero di 16 (e quindi in percentuale inferiore a quella tassativamente prevista dalla legge, poiché i lavoratori addetti all’appalto assegnato ala SLIA erano 71 e ciò vale anche nell’ipotesi in cui i LSU assunti fossero stati 20) il numero dei lavoratori di pubblica utilità da adibire al servizio; ha stabilito l’assunzione di LPU anziché LSU, questi ultimi beneficiari invece delle norme richiamate; ha determinato la durata dei servizi da affidare in 24 mesi anziché in 60 mesi.

Ognuno di questi rilievi, a tacer d’altro, costituisce autonomo motivo di contrasto tra le delibere consiliari e le norme di legge richiamate. Ed appare pertanto evidente che l’affidamento al GFM in deroga alle norme ad evidenza pubblica costituisca lo strumento illegittimamente utilizzato dal Consiglio Comunale per favorire il Consorzio a seguito di accordi corruttivi con gli imprenditori interessati. Conferma alle considerazioni sopra espresse si trae dai rilievi che seguono.

Il prezzo del servizio affidato al GFM non è il risultato di contrattazioni tra il Comune e l’affidatario, non avendo mai il Consorzio risposto alla proposta di convenzione formulata dagli uffici tecnici e non avendo mai inviato alcuna analisi dettagliata dei costi nonostante le reiterate sollecitazioni al riguardo mosse dagli uffici tecnici (ed infatti nessun atto o documento sono stati prodotti) ciò rivelando – all’evidenza – la posizione “di forza” degli imprenditori che ne facevano parte, derivante dall’accordo corruttivo con i pubblici ufficiali: significativamente, il Gadola sostiene che nessuna trattativa era intercorsa sul corrispettivo del servizio poiché appunto il Consorzio sapeva che gli sarebbe stato affidato il servizio. Non è stato applicato il ribasso del 15%, ribasso le cui motivazioni sono state esaustivamente spiegate dal Ferrara che lo aveva proposto sulla base del principio dell’economicità dell’azione amministrativa, principio formalmente richiamato nelle delibere consiliari già più volte citate.

Il prezzo del servizio determinato dal Consiglio è stato quello richiesto dal Consorzio (L. 8.642.554.034), prezzo di molto superiore proposto dal Ferrara (L. 7.400.000.000 circa) che il teste riteneva già remunerativo tenendo presente che al GFM erano state affidate solo poche prestazioni in più rispetto a quelle oggetto dell’appalto SLIA: al riguardo è sufficiente osservare che il corrispettivo del precedente appalto era stato determinato in circa 5.000.000.000 di lire e che, come riferisce il teste Zappalà (Sindaco di Pomezia dal maggio 2002 all’agosto 2005 e che ha affidato il servizio di RSU e di spazzamento a soggetto scelto con gara pubblica europea), il costo dello stesso servizio era, per gli anni successivi al 2002, pari a 1.000.000 – 1.500.000 annui di euro in meno rispetto al costo dell’affidamento GFM.

La deposizione del teste Zappalà è significativa anche sotto altro profilo, poiché conferma che comunque il costo del servizio, legittimamente assegnato a soggetto scelto con gara pubblica, ha un costo inferiore che deriva dalla corretta applicazione delle regole sulla concorrenza e che inoltre del tutto condivisibile e legittima era la proposta al ribasso formulata dal Ferrara, proposta fondata, tra gli altri, sul principio di economicità dell’azione amministrativa.

Le risultanze alle quali è pervenuto il teste Baruchello, Consulente della Difesa del Deodati e che ha determinato il costo dell’affidamento al GFM in L. 11.800.000.000 contrastano invece con tutte le altre risultanze dibattimentali delle quali si è dato conto.

Saranno ora esaminate le posizioni dei singoli imputati dei reati ascritti ai capi B e C.

Pienamente provata è la penale responsabilità di Caronti Romeo e Deodati Angelo in ordine al reato loro ascritto alla luce delle considerazioni tutte sopra svolte e delle considerazioni di seguito esposte.

Deodati Angelo era titolare della Società Imprese Pulizie Industriali facente parte del Consorzio GFM a r.l. : nell’interrogatorio reso in data 7/6/01 (acquisito ai sensi dell’art. 513 c.p.p. non essendosi presentato l’imputato a rendere esame) il Deodati afferma che il Caronti che “teneva i rapporti con i politici” e che il Caronti gli aveva comunicato che in relazione all’affidamento di quel servizio “bisognava dare qualcosa dopo i mandati di pagamento”; nega di aver mai versato denaro a qualcuno e nega che qualcuno gli abbia chiesto denaro.

Il Caronti, titolare della Soc. Pontina Ecologica s.r.l., in sede di interrogatorio reso alla stessa data ed acquisito ai sensi dell’art. 513 c.p.p., nega di aver mai corrisposto alcunché in relazione all’affidamento del servizio e nega che qualcuno gli abbia chiesto somme di denaro; afferma che il prezzo proposto dal Ferrara era insufficientemente  remunerativo perché le imprese dovevano sostenere il costo dei macchinari necessari all’espletamento del servizio. Deve subito osservarsi che contrastanti sono le dichiarazioni rese dai due imputati e che la motivazione offerta dal Caronti circa la congruità del corrispettivo conferma , tra l’altro, che il Consorzio non aveva neppure gli strumenti per effettuare il servizio e conferma altresì quindi la mancata preventiva verifica “delle capacità organizzative, gestionali ed economiche” del soggetto (o dei soggetti) al quale il servizio era stato direttamente affidato.

Deve inoltre osservarsi che illuminante è invece la telefonata intercettata in data 1/501 sull’utenza cellulare intestata a Caronti ed intercorsa tra Caronti e Deodati:

…………………………………………………

D. Pronto?

C. sì, pronto, buongiorno

D. Buongior… ahò, ma ti interessi per farci pagà?

C. Certo, mi sto attivando… di corsa… sto facendo ‘sti giri oggi

D. oh, mi raccomando, pensaci tu, eh!

C. Va bene

D. Eh, ok

C. Ciao, grazie

D. se no non si può pagà, eh!

C. Certo

D. Ciao

………………………………………….…….

Poiché la telefonata – la telefonata appare tra l’altro confermare le affermazioni rese dal Deodati – è stata fatta il secondo giorno del mese, è evidente che il pagamento al quale si riferiscono gli imputati non è quello degli stipendi poiché gli stipendi vengono corrisposti a fine del mese; è inoltre inverosimile che un imprenditore ricordi all’altro che si debbano pagare gli stipendi ai dipendenti, essendo al riguardo evidente invece che la telefonata riguardi il prezzo della corruzione o della tranches stabilita, a seguito della riscossione delle somme contenute nei mandati di pagamento, la cui emissione deve essere quindi sollecitata.

A ciò deve aggiungersi che il teste Ferrara ha riferito che i pagamenti del servizio a GFM erano mensili e che il teste Trabocchini, Dirigente della sezione finanziaria dal febbraio 2001, ha riferito che ripetute richieste di informazioni su mandati di pagamento a GFM erano state fatte da Caronti, Deodati oltre che D’Alessandri, Mauro, Ruffini e Cervoni.

Imputati al capo C sono Mauro Vincenzo Gennaro (Presidente della Commissione Ambiente), Celori Luigi, Ciccolini Massimo, Mambelli Roberto, Chiarello Francesco, Schiumarini Omero, Manzi Roberto (Presidente del Consiglio Comunale), Di Giulio Enio, Leonori Flavio, Antonini Renzo, tutti Consiglieri Comunali ed unitamente ad altri separatamente giudicati.

Come risulta dai documenti prodotti, Ciccolini, Mauro, Antonini, Di Giulio, Manzi e Schiumarini hanno espresso voto favorevole ad entrambe le delibere consiliari, mentre il Leonori era presente alla seduta dell’11/12/00 ed aveva presentato l’emendamento simile a quello proposto da D’Alessandri, emendamenti poi votati da tutto il Consiglio.

Il Ciccolini ed il Leonori si sono avvalsi della facoltà di non rispondere; Antonini, Celori, Schiumarini, Mambelli, Manzi, Chiarello negano di aver mai percepito nulla in relazione alla vicenda del GFM e di aver fatto parte di accordi corruttivi.

Di Giulio, in sede di interrogatorio reso in data 8/6/01, acquisito ai sensi dell’art. 513 c.p.p., ammette che sia il Mauro che il capogruppo al quale il Di Giulio faceva riferimento politico (non ricorda se fosse all’epoca Mambelli o Busti) gli dissero che se avesse sostenuto la delibera per l’affidamento al Consorzio GFM ci sarebbe stato un ritorno economico; conferma che nell’incontro con il Mauro del 28/2/01 (oggetto di servizio di o.c.p. svolto in pari data) il Mauro gli avrebbe dovuto dare il denaro della corruzione, ma afferma che il coimputato non gli dette alcuna somma.

Mauro si è avvalso della facoltà di non rispondere in sede di incidente probatorio ed ha invece reso interrogatorio in data 2/7/01: il contenuto delle dichiarazioni vale solo per l’imputato ai sensi dell’art. 64 c.p.p.

Afferma il Mauro che D’Alessandri, capogruppo dei DS, “…davanti alla Chiesa di Pomezia…” gli propose l’affidamento diretto al GFM dicendogli: “Tu, per te, potresti far lavorare Romeo ed io, per me, potrei far lavorare Deodati”, aggiungendo poi che aveva parlato dell’affidamento con i Sindacati che erano d’accordo. Afferma poi Mauro: “Tutti hanno votato la delibera perché tutti erano d’accordo, perché a tutti era stato detto che ci sarebbe stato poi un rientro” (intende dire l’imputato un “ritorno” economico).

Spiega il Mauro che lui garantiva il voto favorevole della maggioranza e che con il Carontia aveva pattuito una tangente di 150.000.000 di lire, ricevendone però solo 110.000.000 di lire; che il D’Alessandri garantiva la votazione favorevole dell’opposizione avendo pattuito con Deodati una tangente di pari importo. Aggiunge il Mauro che aveva ricevuto il denaro nell’ufficio del Caronti e da quest’ultimo; che anche il Celori era a conoscenza dell’accordo corruttivo per averglielo detto l’imputato e che però non aveva personalmente dato denaro al Celori; che Mambelli aveva ricevuto denaro dal D’Alessandri e che anche Leonori, Schiumarini (cognato del Mauro), Manzi, Ciccolini, Aureli (sindaco), Di Giulio e Cervoni (assessore) avevano ricevuto denaro frutto dell’accordo illecito.

D’Alessandri Fiorenzo, originario coimputato, è stato sentito in incidente probatorio. Il dichiarante è stato capogruppo dei DS del Consiglio Comunale di Pomezia dal mese di Aprile 1997 alla primavera dell’anno 2000; riferisce di essere stato favorevole alla costituzione di una società mista e non alla gara pubblica per l’espletamento del servizio per 5 anni, perché il Consiglio era già al secondo anno di mandato e non avrebbe potuto costituire la società mista. Riferisce il D’Alessandri che era in quel momento consigliere della maggioranza poiché la Giunta era guidata da un Sindaco di sinistra (Aureli) e che nel periodo nel quale si discuteva dell’affidamento del servizio al Consorzio GFM, e prima quindi della adozione delle delibere, Mauro gli disse che ci sarebbe stato un contributo per tutti i gruppi e che tutti furono concordi nel non tener conto della proposta di ribasso formulata dal Ferrara. Afferma il dichiarante che il denaro della corruzione proveniva da Caronti (che il dichiarante conosceva da quando erano bambini) e da Deodati (che il D’Alessandri afferma di aver conosciuto in quell’occasione), titolari delle società che facevano parte del Consorzio e che dovevano svolgere il servizio e che, mentre l’impresa del Deodati era seria e capace, tali requisiti non possedeva quella del Caronti.

Ricorda il dichiarante che aveva ricevuto tra il febbraio ed il marzo 2001 una prima parte di denaro (L. 10.000.000) da Schiumarini, in contanti ed in una busta sotto l’abitazione del Mauro; la se conda parte (L. 10.000.000) dal Mauro nel suo ufficio; che aveva altresì ricevuto somme da consegnare a tale titolo ai Consiglieri del suo gruppo (tra i quali, per ciò che qui interessa, Antonini); che gli era stato altresì chiesto di consegnare somme al medesimo titolo anche a Consiglieri di altri gruppi politici e che lui li aveva dati, per ciò che qui interessa, a Mambelli che era rimasto l’unico appartenente allo S.D.I.; che aveva parlato dei soldi ricevuti con Aureli, Manzi, Valentini, Di Giulio, Schiumarini e Leonori e che “…dai discorsi fatti era chiaro che la cosa coinvolgeva tutti noi” (cfr. trascrizioni dell’udienza dell’incidente probatorio, pag. 74)

Rettifica invece le dichiarazioni rese nell’interrogatorio reso in data 12/7/01, affermando che lui nulla aveva dato al Ruffini. Specifica il D’Alessandri che la somma concordata era di 20.000.000 di lire per i capigruppo e della metà per i singoli Consiglieri “…perché il capogruppo vale di più” (cfr. verbale citato, pag 77). Ricorda infine il D’Alessandri che il Mauro gli disse che partecipavano alla spartizione anche Celori e gli Assessori al Bilancio (Cervoni) e all’Ambiente (Savastano Giannelli). Le dichiarazioni rese dal D’alessandri contengono chiamate in correità dei soggetti indicati e debbono essere valutate ai sensi dell’art. 192 III c.p.p.

Al riguardo deve in primo luogo osservarsi che il teste Vecchiarelli (cfr. trascrizioni dell’udienza del 3/4/08) ha riferito che aveva incontrato il D’Alessandri nel giugno 2001 e che questi, in presenza di tale Torreti, di tale Stradaioli e del Mambelli aveva affermato “…che era stato consigliato di coinvolgere più persone anziché le persone che erano già state coinvolte” e cioè “gli avevano suggerito di coinvolgere tutte le persone che facevano parte dell’amministrazione proprio perché un conto il discorso era limitato a quattro, cinque persone, un conto le trenta persone dell’amministrazione”.

Il teste Torreti, a sua volta (cfr. trascrizioni dell’udienza del 24/4/08), indicato dalla difesa Mambelli, ha riferito che nel mese di giugno 2001 e cioè al momento degli arresti di alcuni degli imputati per i fatti di cui è processo, aveva incontrato casualmente il D’Alessandri il quale alla presenza del Mambelli, di tale Stradaioli (poi deceduto) e del Vecchiarelli aveva spiegato che aveva ammesso l’addebito per la evidenza delle prove a suo carico anche per essere rimesso in libertà, aggiungendo “…poi in un processo con tante persone…” ed aveva fatto un gesto come per dire “poi è tutta da giocare”. Il D’Alessandri, escusso in qualità di teste assistito, ha negato di aver mai avuto l’incontro menzionato da Torreti e Vecchiarelli, che riferisce di conoscere quasi solo di vista, mentre afferma di essere stato molto amico di Stradaioli (“amici di famiglia”) che però era deceduto.

Non può, al riguardo, non osservarsi subito che le circostanze riferite dai testi Torreti e Vecchiarelli, per come riferite, hanno significato completamente diverso: l’affermare che si è resa confessione per la evidenza delle prove a carico ed anche per essere rimessi in libertà, osservando che “…in un processo con tante persone…” “è tutta da giocare” è – incontrovertibilmente – del tutto diverso dall’affermare di essere stati consigliati di incolpare (falsamente) molte altre persone per rendere più difficoltoso l’accertamento dibattimentale.

Ora, poiché i testi Torreti e Vecchiarelli si riferiscono allo stesso incontro, le deposizioni dei testi, attesa la rilevante discrasia evidenziata, non appaiono affatto idonee ad inficiare la veridicità delle affermazioni del d’Alessandri.

Deve in secondo luogo osservarsi che il D’Alessandri ha spiegato che con lui erano state arrestate altre undici persone (e ciò significa che in origine e quindi a prescindere dalle sue dichiarazioni, le persone coinvolte nelle indagini erano molte più di quattro o cinque), che aveva deciso da subito di collaborare e che era stato interrogato e poi liberato; che non aveva interesse alcuno al numero degli imputati del processi poiché aveva deciso di chiedere applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p., come poi in effetti ha chiesto ed ottenuto, con ciò all’evidenza intendendo il D’Alessandri che la sua posizione sarebbe stata stralciata.

Non può inoltre non osservarsi che non tutti i componenti del Consiglio Comunale sono stati coinvolti nell’indagine e nel processo: il D’Alessandri ad esempio non risulta aver reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di Nardi e Valle, consiglieri comunali all’epoca dei fatti.

Le motivazioni fornite dal D’Alessandri appaiono ragionevoli e credibili: rafforza tale valutazione anche la rettifica che il D’Alessandri ha fatto in sede di incidente probatorio con riguardo alla posizione del Ruffini per la vicenda GFM, dove il dichiarante afferma che erroneamente aveva riferito nel precedente interrogatorio (12/7/01) di aver consegnato soldi anche al Ruffini.

Riscontri alle dichiarazioni eteroaccusatorie del D’Alessandri sono forniti dall’interrogatorio reso dal Mauro e dal Di Giulio (già ricordati), dalle circostanze riferite dal teste Valentini, dalle dichiarazioni rese da Aureli e Cervoni in sede di incidente probatorio, dagli esiti delle intercettazioni telefoniche e dei servizi di o.c.p. Dei quali si dirà nel prosieguo della trattazione.

Apparteneva al centrosinistra anche il Valentini (sentito ai sensi dell’art. 197 bis c.p.p.): riferisce il Valentini che tra il febbraio ed il marzo 2001 ricevette 10.000.000 di lire da Mauro; a seguito di contestazione mossa dal P.M. è emerso che nel corso del precedente interrogatorio reso, il Valentini ebbe a dichiarare che al momento di votare la delibera di affidamento al GFM, Mauro gli dette 5.000.000 di lire e gli disse “che se la cosa andava in porto ci sarebbe stato un ritorno economico” ed il Valentini conferma allora la dichiarazione precedentemente resa.

Il PM ricorda al Valentini il contenuto di una conversazione telefonica con Mauro, nella quale il dichiarante dice “50 ogni 3 mesi” ed il Valentini conferma che ciò significava che vi era una tangente da 50.000.000 di lire ogni 5 mesi.

In incidente probatorio è poi stato sentito il Cervoni, Assessore alle politiche del personale e del bilancio dal novembre 1999 e non appartenente ad alcun partito politico: spiega il Cervoni che non votò le delibere relative al GFM in quanto era appunto assessore e non consigliere e che però fu chiamato da alcuni consiglieri a dare un parere di fattibilità per l’applicazione del D. leg.vo 468/97, interpellando la soc. Italia Lavoro che assiste gli Enti Pubblici nell’esame delle problematiche relative alla stabilizzazione dei LSU e riferendo poi in una riunione informale svoltasi nell’agenzia della quale era titolare il Mauro ed alla quale avevano partecipato Mauro, D’Alessandri e Schiumarini.

Afferma Cervoni che il Mauro gli diceva di non preoccuparsi perché al Cervoni avrebbe pensato il Mauro ed alla domanda del PM se tale frase fosse riferita alla dazione di somme di denaro, il dichiarante conferma, ma dice di non sapere da chi provenissero le somme.

Aggiunge che Mauro gli dette in un’occasione 5.000.000 di lire ed in un’altra occasione una somma da 3 a 5 milioni di lire che il Cervoni “presume” fossero “regali” di qualche imprenditore: a seguito di contestazione al PM che ricorda al Cervoni il contenuto del precedente interrogatorio nel quale il dichiarante aveva detto che aveva ricevuto 10.000.000 di lire in due tranches per l’affidamento a GFM., Cervoni risponde “che tutti dicevano così”, ma che la somma poteva anche essere riferita alla vicenda ASER. Smentisce chiaramente tale affermazione il contenuto della conversazione ambientale intercettata in data 22/2/01 che sarà di seguito trascritta.

Anche Aureli, Sindaco di Pomezia dal 29/11/98 all”8/5/01, è stato sentito in incidente probatorio: spiega Aureli che nell’aprile-maggio 2000 la coalizione di centrosinistra della quale faceva parte si era sciolta e che non si era mai costituita una coalizione di centrodestra, ma vi era stato “un appoggio politico consiliare da parte di consiglieri di centrodestra”. Afferma il dichiarante che era contrario all’affidamento al GFM e che tutti sapevano ciò, poiché era invece favorevole alla costituzione di una società mista nella quale il partner privato doveva essere scelto attraverso gara pubblica. Spiega Aureli che il vantaggio – di non poco momento, deve osservarsi – per il GFM dell’affidamento del servizio era nell’ottica della costituzione di una società mista, il Consorzio che aveva stabilizzato i lavoratori già operava con l’Amministrazione e sarebbe divenuto quindi, con ogni probabilità, il partner privato della società mista.

Afferma Aureli che lui convocò vari consigli comunali che però andarono deserti; che la proposta dell’affidamento a GFM venne formulata dalla Commissione Ambiente (D’Alessandri, Mauro, Ruffini); che lui votò la prima delibera poiché la società mista si sarebbe dovuta costituire entro 6 mesi; non votò la seconda delibera poiché questa prevedeva la costituzione di una società mista dopo due anni e perché deliberava su temi (tra i quali la congruità del prezzo dell’affidamento) non di competenza del Consiglio, ma riservati alla competenza del Dirigente.

Aureli ammette di aver ricevuto, in macchina, denaro da Mauro (L. 10.000.000 nel febbraio 2001) il quale gli disse che la somma era un sostegno per la prossima campagna elettorale da parte di GFM; nega di essere stato a conoscenza dell’accordo corruttivo e dice che aveva ritenuto che il denaro provenisse da Caronti che, come tutti sapevano, era molto legato a Mauro; ricorda che Mauro gli disse che vi era un “regalo” anche per altri dei quali però non fece il nome; “presume” che anche Cervoni abbia ricevuto denaro.

Chiarello in sede dibattimentale afferma dapprima di non aver preso parte alla votazione delle delibere relative al GFM, di essere inesperto e di aver votato la seconda delibera relativa ritenendo di votare solo per la eseguibilità della stessa. Spiega Chiarello che il suo gruppo era contrario all’affidamento al GFM e che lui, alla data della seconda delibera, si era allontanato; che, ripassando con l’auto sotto il palazzo comunale, aveva visto le luci accese ed aveva deciso di andare a fare gli auguri agli altri consiglieri per le festività natalizie e che avendo sentito che c’era una votazione aveva chiesto di cosa si trattasse ed aveva votato ritenendo di votare per la eseguibilità della delibera. E’ sufficiente al riguardo osservare che tali affermazioni non hanno senso alcuno, perché se si è contrari al contenuto di una delibera, a maggior ragione non si vota a favore della immediata eseguibilità della stessa.

Deve ora darsi conto delle risultanze delle intercettazioni telefoniche ed ambientali. Come riferisce il Maggiore Auricchio, in data 13/2/01 venne emesso il primo mandato di pagamento in favore del Consorzio; riferisce poi Auricchio che la persona indicata come Nano o Bassotto era il Deodati (il riferimento è alla statura dell’imputato). Del tutto rilevanti sono le conversazioni intercettate il successivo 14/2/01. La prima è quella ambientale delle ore 15,45 tra Mauro e Manzi, prog. 080:

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M. oh, per la questione della nettezza urbana alla fine del mese gliela facciamo?

M.V. Alla fine del mese sì…arrivano questi qual alla fine del mese…e entro marzo arrivano quegli altri due…due e due fanno… non gliela fanno quattro adesso. Hanno messo questi qua… accontentiamo i consiglieri comunali… la rimanenza la prendiamo noi

M. eh

M.V. E quegli altri, tutti quanti nostri, capito?

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Della stessa data è l’altra intercettazione ambientale delle ore 21, prog. 084, tra Mauro e Aureli:

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M.V. Senti, io poi ci ho parlato con lui

A. Con chi?

Con Bassotto, no! Gli faccio: guarda che con Romeo…mo’ una cosetta per mettere il sindaco però l’abbiamo fatta perché vista la situazione… allora qua e là… ha detto: “vediamo da questo punto di vista quanto riusciamo a guadagnare..” eh, ma fatevi questi conti… è da mo’ che sto aspettando a te…” vabbè mo’ ci vediamo con Romeo, ti faccio sapere… se poi Romeo..” questi c…. di conti con questi, vedi un po’… così sappiamo quanto è per noi e questa è una cosa che va in porto bene…

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Con riguardo a tale conversazione è, tra le altre, di interesse osservare che Romeo è il nome di battesimo di Caronti e che poiché la conversazione è avvenuta all’indomani del primo mandato di pagamento per il GFM ed ha ad oggetto la dazione di una somma illecita (“…così sappiamo quanto è per noi..”), la persona con la quale Romeo deve parlare e cioè “Bassotto” è il Deodati.

Di rilievo è ancora la seguente conversazione ambientale in data 22/1/01 alle ore 13,55 tra Mauro e Cervoni che sale nell’auto del Mauro:

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M.V. Sono tre mandati… ci da’, per esempio, dieci milioni,,, dico: Deoda’… dico io … ti ringrazio… non è che sto qui a prendere tre milioni a mandato…. con tutte…. c’è gente che da ottobre, settembre che…” non ti offendere, dico, non mettere in difficoltà, non è… perché non è il caso…

C. amici come prima

M.V. Tienigli presente, per esempio, con trenta… (là contano i soldi) Quanto prende Deodà?… cinque?

C. Quattrocentoquaranta a mandato

M.V.  Quattrocentoquaranta, eh!

C. Abbiamo pagato un miliardo e due

M.V. Minimo

C. una decina a mandato… minimo

M.V. Diamo i soldi al minimo, certo

C. minimo…io ho fatto un ragionamento minimo…  sotto di quello neanche tratto (resti amici come prima)

M.V. Non è manco il dieci per cento.. son quar.. quaranta…

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Le seguenti intercettazioni sono supportate dal servizio di o.c.p. svolto appunto in pari data dall’operante Cortese il quale riferisce che aveva visto giungere dove era parcheggiata l’auto del Mauro, il Mauro, Aureli e Caronti; Mauro e Aureli salire a bordo, mentre Caronti scambiava qualche parola con il Mauro dal finestrino e poi si allontanava; Mauro e Aureli dirigersi sotto l’abitazione del secondo e dopo pochi minuti entrambi dirigersi di nuovo in via Santorre di Santa Rosa e scendere dall’auto, Aureli occultando un involucro sotto il cappotto; entrambi entrare nell’agenzia della quale era titolare il Mauro dove si erano trattenuti circa mezz’ora; raggiungere poi a bordo dell’auto P. Indipendenza dove vi era Chiarello che era lì in attesa; Aureli avvicinarsi a Chiarello e dargli qualcosa. L’operante ha poi visto che Mauro ripartiva a bordo dell’auto con una persona sconosciuta agli operanti; che il Mauro tornava in P. Indipendenza e poco dopo si riallontanava prendendo a bordo Di Giulio con il quale faceva un giro per poi tornare alla piazza dove non vi era più nessuno; che il Mauro raggiungeva il palazzo dove vi era una macchiana (Ford Mondeo) con il conducente a bordo – da ritenere lo Schiumarini in ragione della conversazione telefonica intervenuta nel corso dell’ambientale prog. 290 – e dove il Mauro era salito ed aveva consegnato qualcosa al conducente; che Mauro e Di Giulio si erano allontanati e poco dopo gli operanti avevano visto che l’auto del Mauro era parcheggiata nei pressi della pizzeria “Il Grillo Parlante” della quale il Leonori era titolare (teste Auricchio). Si riporta il testo della conversazione ambientale intercettata in data 28/2/01 alle ore 19,56 tra Mauro e Aureli:

……………………………………….

A. senti, che famo, li damo a tutti?

V.M. Io a quelli che conosco, a quelli glieli damo

A. no… io me li voglio proprio levà…

M.V. Tu non la deve tenè la roba in casa

A. io infatti ho pure rischiato… perché mo a parte che

M.V. no…. è meglio lasciarli in una macchina quando è così … ma non in casa, purtroppo è così… però adesso li contiamo subito… li hai contati? Io non li ho contati

A. no… sono mazzette, che ho contato?

M.V. Si possono pure contà un attimo

A. E dove se mettemo?

M.V. Vieni a casa mia?

A. no, andiamo in ufficio, dai, ah, sennò lo studio, lo studio mio

……………………………………………..

Le modalità dei fatti ed il tenore della conversazione ora riportata evidenziano che l’incontro era finalizzato alla spartizione della somma erogata a fronte dell’accordo corruttivo. Significativa è poi la conversazione ambientale intercettata in data 6/3/01, prog. 0405 tra D’Alessandri e Mauro:

D. mi fai ammazzare il Nano?

M.V. Lo sai … penso di aver sbagliato … io sono stato troppo onesto con lui … m’aveva dato sessanta)

D. eh

M.V. (ha detto: vabbè… trenta li ho già dati)

D. si

M.V. (poi rimangono sessanta)

D. non si è ricordato

M.V. Mi ha fatto pena, poi … ho fatto bene a dirglielo

D. No, no, per carità … metti domani se ne accorge, no… ma poi è brutto, hai fatto bene… alla fine che…

………………………………………………

Molto interessante, anche in ordine alla posizione del Celori, è la seguente conversazione intercettata in data 9/3/01 prog. 460 tra mauro e Aureli:

A. Celori…qui quanto ho preso… secchi dell’immondizia? Cinque di ieri e questi qua?

M.V. no, l’hai preso dall’inizio?

A. sì, vabbè, quelli gliel’ho dato

M.V. (tanto domenica viene)

A. eh, deve averne altri

M.V. un’altra quarantina penso… duecento diviso sette, praticamente… perché… è a fine mese… in tutto devono essere centosettanta, no? … perché (che noi c’abbiamo pure più degli altri)

A. eh, io ho preso quindici adesso

M.V. adesso quindici

A. cinque

M.V. dieci …cinq… quasi cinque… che dieci…

A. (inc)

M.V. dieci oggi e cinque ieri … sono… più dieci.. più quattordici

A. vabbè, l’altra volta venticinque

M.V. trentaquattro in totale

A. poi?

M.V. sì, sì, c’ho tutto segnato ci(inc) sessantina

A. settantacinque

M.V. e sì

A. settantacinque

M.V. in totale… eh… facciamo in totale (inc).. fai il due per cento… quello è in più… per noi … a parte (inc) il consiglio comunale… è più.. il .. il due per cento in più

A. eh

M.V. noi rientrammo nel tre… noi rientriamo nel tre … del consiglio comunale …e poi rientriamo nel due per cento… per sette. C’ho segnato tutto quanto abbiamo preso fino ad oggi… Celori m’ha rotto il c…. “Ah, io ho avuto questo” (inc) “Tu hai avuto come gli altri, Luì”…(inc) se no ti mando aff…

A. ciao

 

Di grande rilievo per la posizione di Celori e anche di Chiarello è poi la seguente conversazione intercettata in data 25/3/01, prog. 702 ed intervenuta tra Mauro e Aureli nella quale gli imputati parlano dei problemi – a loro dire – creati da Celori all’interno dell’amministrazione comunale e nella quale poi Aureli racconta a Mauro le doglianze del Celori.

A. della mondezza… che non si sa quanto gli dici… una volta una cosa, una volta un’altra…

M.V. no, ma è quello che abbiamo detto noi…

A. sì, lo so… però

M.V. ho detto questo è!

A. eh, lo so…!

M.V. ma gliel’ho detto venti volte, mò se inventa la scusa che l’altra volta non è co… come gli ho dato… ma che c… stai a dì, oh!

A. (inc)

M.V. lui fino a oggi ha preso novanta pure lui!

A. sì?

M.V. lui fino ad oggi ha preso… come noi … loro hanno preso venticinque la prima volta…

A. sì!

M.V. e quindici l’ultima volta, no?…. cinque per consiglieri… e dieci …(inc) poi altri trenta… che c….vuole? “No, ma là mi hai dato… hai dato più a Chiarello che a me!”…ma che c…. stai a dì? Stai sotto casa mia… c’è pure…pure…Omero! …E non… non… io non so, guarda, veramente… è un problema!…Allora, noi comunque secondo il mio giudizio……

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Il riferimento a Celori e Chiarello è esplicito, anche se nel corso della conversazione il primo imputato è indicato pure con il nome di battesimo (Luigi); la doglianza riferita dal Mauro riguarda il paragone con le somme date a Chiarello e ciò rafforza la convinzione che si parli proprio di Celori, capogruppo di AN del quale faceva parte anche Chiarello. Se è vero che terzi parlano della partecipazione alla spartizione delle somme corruttive da parte di Celori, è altresì vero però che la conversazione è del tutto spontanea (il Mauro scoprirà la microspia solo in data 31/3/01); che un interlocutore racconta all’altro circostanze e discorsi non nuovi e noti ad entrambi e che tale conversazione non è isolata poiché delle lamentele del Celori per le somme ricevute si parla anche nella conversazione precedente.

In ordine alla posizione di Celori debbono poi ricordarsi le dichiarazioni del D’Alessandri che ha riferito di aver appreso dal Mauro che anche Celori partecipava alla spartizione delle somme illecite provenienti dal Consorzio GFM.

Le stesse considerazioni – relative agli elementi che si traggono dalle intercettazioni ambientali – valgono anche per la posizione del Chiarello, il quale è stato altresì visto, durante il servizio di o.c.p. espletato in data 28/2/01, mentre riceveva qualcosa da Aureli, il quale era in compagnia del Mauro ed aveva appena lasciato Caronti.

Con Manzi, Di Giulio, Schiumarini, Leonori, il D’Alessandri ha parlato dei soldi ricevuti per il GFM e “dai discorsi fatti era chiaro che la cosa coinvolgeva tutti noi” (cfr. trascrizioni dell’incidente probatorio, pag. 74).

Leonori è inoltre l’autore dell’emendamento in forza del quale il servizio è stato affidato direttamente al GFM e tale non è – all’evidenza – dato neutro.

Di Giulio ha ammesso di essere a conoscenza e di aver partecipato all’accordo corruttivo: la dichiarazione di non aver però ricevuto nulla appare smentita dal servizio di o.c.p. del quale si è già detto.

Schiumarini (cognato di Mauro) è stato visto dall’operante ricevere qualcosa dal Mauro che si era avvicinato all’auto del cognato, nel giorno in cui Mauro e Aureli ricevono una tangente da Caronti; in altra occasione è Schiumarini che consegna i soldi della corruzione a D’Alessandri; Schiumarini era presente nella riunione tra il Comune di Pomezia ed il Consorzio GFM e dove si parlò della scarsa remuneratività del prezzo dell’affidamento, nella misura proposta dal Ferrara.

Per la posizione di Manzi (presidente del Consiglio Comunale) è inoltre sufficiente ricordare la conversazione intercettata in data 14/2/01, prog. 080,intercorsa con il Mauro.

Antonimi era consigliere del gruppo di D’Alessandri e ad Antonimi il D’Alessandri ha consegnato somme provenienti dalle tangenti, così come le ha consegnate a Mambelli anche se questo apparteneva ad altro gruppo; Mambelli, come Schiumarini, era presente alla riunione in cui si discusse della scarsa remuneratività del prezzo dell’affidamento, nella misura proposta dal Ferrara.

In ordine alla posizione di Mauro è sufficiente ricordare le ammissioni rese in sede di interrogatorio; il contenuto delle conversazioni intercettate che ben tratteggia la persona dell’imputato (tra le quali quelle qui sopra riportate e non solo quelle); le circostanze riferite da D’Alessandri, Cervoni, Aureli, Valentini.

Deve invece osservarsi, con riguardo alla posizione di Ciccolini, che non essendo utilizzabili le dichiarazioni rese da Mauro in sede di interrogatorio, non appaiono emergere prove in ordine alla partecipazione dell’imputato agli accordi illeciti, né dalle dichiarazioni contenute negli incidenti probatori, né dalle conversazioni telefoniche intercettate.

Il Ciccolini deve quindi essere assolto dal reato a lui ascritto per non aver commesso il fatto.

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