Home » La voce dei cittadini » UN SOGNO CHIAMATO ARDEA…

UN SOGNO CHIAMATO ARDEA…

Pubblicato il

Ardea (2)Diamo voce ad un cittadino di Ardea, deluso ma ancora speranzoso…

“Sono un cittadino di Ardea per scelta. Per sessant’anni ho vissuto a Roma; dapprima in quartieri centrali per spostarmi, alla fine degli anni 90, nella periferia sud più vicino al mare. In quegli anni nacque il mio amore per la natura ed un concetto di abitare molto più intimante legato alla terra ed alla vita del quartiere.

Quando sono diventato nonno, ormai in pensione e nulla che mi obbligasse ancora in quei luoghi, scegliere Ardea come mia dimora per trascorrere la vecchiaia vedendo crescere i nipoti, è stata la logica conseguenza di uno stile di vita a cui mai più ormai avrei potuto rinunciare.

Una casa piccola in un grande giardino, il mare a soli due passi, un luogo tranquillo e mite nei lunghi inverni. Cosa desiderare di più?

Scelsi Ardea; una città che visse il suo splendore ancor prima che fosse fondata  Roma; una città che orgogliosamente volle riscattare la sua autonomia da una Pomezia industriale con la quale condivideva solo il territorio. Antiche famiglie, qui radicate e vassalle dei Colonna, dei Borgia e dei Cesarini, ancora vivono il territorio, lo abitano e lo governano.

Da poco più di un anno vivo nella Nuova Florida e subito ho imparato ad amare questi luoghi; molto presto in me è svanita quella sensazione di sentirmi ospite e questa terra è ora anche un po’ mia.

Allora perché sto scrivendo questa barbosa storia? Perché Ardea si è rivelata non essere quel paradiso che avevo sperato ed è proprio dal suo recente passato che, ne sono convinto, nascono tutti i suoi mali.

Nel 1816, a causa dell’esiguo numero di abitanti, la città divenne una frazione di Genzano di Roma e il borgo, alla vigilia della bonifica integrale pontina, era  disabitato. A partire dal 1932 l’area circostante fu oggetto di lavori di bonifica idraulica, regimentazione delle acque e appoderamento curati dall’Opera Nazionale Combattenti  e dai consorzi di bonifica, cui seguì il ripopolamento controllato del centro e delle campagne circostanti.

Il borgo fu praticamente ri-fondato, ristrutturandone i resti, e divenne parte del comune di Pomezia fin dall’atto della sua costituzione.

Nel 1970 Ardea tornò ad essere un comune autonomo; e fu da allora che iniziò la sua inarrestabile crescita demografica; ogni dozzina d’anni il paese raddoppiò la sua popolazione. Proprio negli anni 70, e con i finanziamenti della Cassa del Mezzogiorno, la vicina Pomezia ebbe un inaspettato quanto gradito sviluppo industriale. Un grande e sempre crescente numero di lavoratori venivano da Roma e la via Pontina di allora certo scoraggiava il pendolarismo. Fu così che iniziò a crescere la richiesta di abitazioni ad Ardea. Località amena, poco cara, e vicinissima a Pomezia. Quei pochi abitanti di allora, latifondisti e proprietari terrieri scoprirono nuova ricchezza nell’edilizia. Il giovane comune, amministrato dalle famiglie locali, almeno quelle che contavano veramente, trovò terreno fertile nel favorire la sfrenata crescita, trascurando del tutto o quasi l’urbanistica. Non esisteva ancora un Piano Regolatore Generale.

In quegli anni poco più di 6.000 abitanti occupavano circa 1.300 abitazioni mentre oltre 4.500 restavano vuote. Un’offerta di edilizia esorbitante che teneva bassi i prezzi perché bassi erano anche i costi e questo continuamente attraeva sul territorio nuovi residenti.

Presto nacquero nuovi quartieri; Nuova Florida, Nuova California, e lo stesso Tor San Lorenzo, furono trasformati alla stregua di grandi “dormitori” per quelle intere famiglie di lavoratori che lì avevano trasferito il loro alloggio. Il boom economico che caratterizzò quegli anni 70 sfiorò soltanto Ardea dove ad arricchirsi furono solo i costruttori e coloro che con loro condividevano gli affari. Ricchezza e potere politico presto andarono a braccetto in questi luoghi, specie dopo che proprio in questo territorio si fu stabilito il boss mafioso Francesco Paolo Coppola, meglio conosciuto con il nome Frank Tre Dita.

Anche il territorio a mare non fu risparmiato e nacquero qui, sotto l’egida di consorzi privati appositamente creati, veri e propri villaggi di sole abitazioni; niente opere di urbanizzazione, centri di attrazione sociale o altro; dormitori in riva al mare. Ispirati in parte a quello che fu il villaggio Tognazzi, ritrovo di attori, sportivi e VIP di quell’epoca, per un certo tempo offrirono una ricercata soluzione alle esigenze vacanziere di romani e indigeni. Ma non ci fu nessuno sforzo di rinnovamento in quei villaggi, nessun investimento, e la loro decadenza fu inevitabile.

Dieci anni dopo, nel 1981, gli abitanti di Ardea erano oltre 10.000, le abitazioni occupate erano 3.000, mentre le abitazioni ancora libere erano più di 11.000. Questo incredibile ed ingiustificato rapporto metteva a disposizione di ogni famiglia quattro abitazioni.

La mattina dell’11 ottobre 1982 il sindaco di allora fu arrestato e trascinato  via in manette dalla sede comunale.

In un articolo di Panorama, così si descriveva la realtà amministrativa locale: “Speculatori arricchiti, cemento sulla spiaggia, mafiosi e camorristi alla conquista del litorale, sindaco in galera, assessori sotto inchiesta, Comune allo sfascio: ecco Ardea”.

Nel 1984 la Regione Lazio approvò finalmente il Piano Regolatore Generale, di fatto legittimando lo status di allora:  centinaia di lottizzazioni abusive che costituivano un vero paradiso terrestre per il  piccolo abusivismo edilizio.

Nell’Ardea di quegli anni fiorirono inesorabili affari e clientele che coinvolsero gli amministratori locali, i costruttori-palazzinari con i loro studi tecnici, i procacciatori di appalti e i proprietari fondiari, speculatori e malavitosi che qui trovavano terreno fertile per il riciclaggio di denaro sporco. I nuovi insediamenti, intanto, mancavano di tutto: acqua potabile, strade, fogne, pubblica illuminazione, depuratori, servizi sociali.

Quell’epoca fu definita dei “QUATTRO GEOMETRI dell’APOCALISSE”.

Alla fine di quel decennio il Comune, dopo anni di ruberie e malaffare, si trovò  in pieno stato di dissesto finanziario, ma ogni tentativo di fare chiarezza nella scandalosa e fallimentare gestione amministrativa fu impedito dai responsabili in quanto essi stessi costituivano la maggioranza del consiglio comunale.

All’inizio degli anni 90 gli abitanti del Comune di Ardea erano quasi 17.000, ma alla crescita demografica non corrispose alcuna forma di programmazione economica, urbanistica, sociale, scolastica, stradale, commerciale. Tutto continuò come prima. Quello che si poteva definire il Partito Unico del Cemento chiese  l’annullamento del piano paesistico territoriale, e andò avanti con le lottizzazioni, le varianti al Piano Regolatore Generale, l’accaparramento di tutti gli appalti per la gestione incontrollata dei servizi sociali legati ai bisogni fondamentali dei cittadini.

Ad ogni rinnovo del consiglio comunale, il “diritto all’abusivismo” fu l’egoistica motivazione che indusse gli elettori, malgrado tutto, a continuare imperterriti a votare  i loro stessi carnefici sociali.

“MANI PULITE” neppure sfiorò Ardea, ma quando nel ’93 il dissesto finanziario del Comune non potè più essere nascosto, l’amministrazione pubblica era ormai ridotta in brandelli e a pagare i miliardi di debiti comunali furono solo i cittadini.

Il censimento del 2001 attribuiva ufficialmente ad Ardea 26.711 abitanti, dieci anni dopo quasi 46.000 e forse, alla fine di quest’anno potrebbero “sfondare” la quota emozionale dei 50.000.

Per la prima volta nella storia amministrativa di Ardea, nel 2006, una commissione di accesso, costituita con decreto prefettizio, accertava “gravi e persistenti violazioni di legge, evidenziando uno stato di diffusa illegalità gestionale dell’Ente locale, segnatamente, nel settore edilizio, nel settore degli appalti, nel conferimento degli incarichi dirigenziali”.

Nel febbraio del 2007, in seguito alle dimissioni di 11 consiglieri, il Comune di Ardea fu commissariato dal prefetto di Roma. Nel giugno di quell’anno i cittadini, imperterriti e masochisti, hanno rieletto il sindaco del 2004, ed alla fine dei suoi due mandati consecutivi, un suo pupillo  tuttora in carica che ne segue le gesta.

Quarant’anni di cementificazione selvaggia che distrussero un gioiello della costa tirrenica dove solo la ex tenuta reale di Castel Porziano, oggi proprietà della Presidenza della Repubblica, ci ricorda quanto belli fossero quei luoghi.

Ormai radicata fin nelle ossa dei padroni della città, la vocazione alla cementificazione, non trova cura adatta.

L’attuale e le recenti amministrazioni, hanno ribattezzato la vocazione di Ardea definendola “turistica”, e così si sono scoperti gli abusi che per decenni sono cresciuti nei territori senza padrone ed in quelli demaniali, archeologici, paesaggistici e chi più ne ha…

Il sindaco in carica si sta distinguendo per le ordinanze di demolizione in un blando tentativo di riqualificare il territorio, ma la parte del leone, nei suoi piani, la fa ancora, come sempre, la cementificazione incontrollata.

Dopo aver studiato la storia di questa città, grande è stato il mio sconforto.

Ora sogno.

Sogno i 9 Km di spiaggia incontaminata e ben visibile per  tutto il lungomare, con le sue dune e le barche dei pescatori, sogno strade illuminate alla luce dei LED, marciapiedi e piste ciclabili, aree verdi e parchi pubblici dove si  incontrano e giocano i bambini. Sogno Impianti sportivi, biblioteche, musei archeologici. Sogno le scuole per i miei nipotini e sogno perfino l’università per quando saranno grandi.

Sogno un ritorno ai valori della terra e della natura, una promozione da territorio turistico a territorio agricolo dove la vera ricchezza la si può cogliere con le proprie mani.

Questa è Ardea nei miei sogni”.

Mario Savarese

Impostazioni privacy