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Simone Prosperi: il successo sul campo, il successo nel business

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Simone Prosperi, nato nel 1973 ad Arezzo, ha una personalità estremamente poliedrica. Innanzitutto è stato calciatore, ma anche allenatore e adesso è un imprenditore di successo, con attività che vanno dal settore della moda a quello della ristorazione.

Simone, come hai scoperto la passione per il calcio?

Il calcio è una di quelle passioni che ti scoppiano da bambino e non ti lasciano più. Già ad Arezzo, da adolescente, ho sognato di diventare un calciatore e ho deciso, anche se non si trattava della via più sicura, di provare a sfondare in questo settore. Sono riuscito a diventare un calciatore, e ho avuto il piacere e l’onore di essere impiegato in diverse squadre e con altricompagni di viaggio che mi hanno fatto crescere costantemente, sia sotto l’aspetto professionale che sotto quello personale. Lo sport ti mette costantemente di fronte ai tuoi limiti e ti incita a superarli.

Perché hai deciso di diventare anche un allenatore?

Il calcio giocato è forse l’esperienza più adrenalinica che abbia mai provato. Tuttavia, con il passare del tempo senti il bisogno di confrontarti anche con le strategie, e soprattutto, nasce in te la voglia di guidare la tua squadra alla vittoria. Uno dei più grandi traguardi della mia vita, di cui vado particolarmente fiero, è sicuramente il diploma di Allenatore UEFA B che ho ottenuto nel 2003 nel centro Tecnico Federale di Coverciano. È stato il coronamento di un sogno e un’altra fase meravigliosa della mia carriera sportiva.

Sei anche uno scopritore di giovani talenti ?

Sì, parte integrante della mia attività di quel periodo era lo scouting di giovani calciatori. Ci sono sicuramente delle tecniche per rendersi conto delle qualità di un giocatore, ma con il passare del tempo  è solo l’esperienza che ti permette di intravedere in ragazzi, magari ancora molto acerbi, delle reali possibilità di diventare giovani promesse. Nello scouting di nuovi calciatori non mi limito comunque ad  individuare i migliori sotto l’aspetto tecnico, ma anche quelli che hanno la mentalità più adatta e il cervello per poter gestire una professione delicata come quella del calciatore ad alti livelli.

Nel 2003 hai lasciato il calcio e hai deciso di reinventarti come imprenditore ?

In realtà il mondo dell’imprenditoria mi ha sempre affascinato, anche quando il calcio era l’unica passione della mia vita. La possibilità di creare dei nuovi prodotti mi ha sempre coinvolto e lo spirito imprenditoriale ha sempre fatto parte del mio carattere. Devo dire che la produzione e il commercio di accessori nel campo della moda mi ha dato delle notevoli soddisfazioni, non solo sotto l’aspetto puramente economico e imprenditoriale, ma soprattutto perché mi ha permesso di confrontarmi con la creatività e ho capito che si può essere innovatori non solo sul campo, ma anche nel mondo del business.

Sei anche diventato proprietario di un supermercato di 600 metri quadri ad Arezzo, come mai questa scelta?

Perché una delle capacità fondamentali di un buon imprenditore, a mio parere, è anche quella di diversificare gli investimenti e di non puntare tutta la propria sicurezza economica solamente in un settore. La ristorazione è forse il fiore all’occhielIo dell’imprenditoria italiana e ho pensato che fosse interessante e utile confrontarmi anche con questo mondo. Sto ottenendo anche in questo settore dei  primi soddisfacenti risultati e sono contento di avere sempre avuto un approccio aperto a tutte le esperienze che la vita propone.

 
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