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Ardea, “vicenda Cucuzza”: cosa succederà adesso?

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All’indomani della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato sulla “vicenda Cucuzza”, ad Ardea si sono scatenati commenti e polemiche. La sentenza, infatti, conferma quanto già dichiarato dai giudici del Tar, ovvero che viene riconosciuto che la prova scritta sostenuta al concorso da parte del candidato Giovanni Cucuzza sia stata in gran parte copiata da testi editi nel 2006 e nel 2007 (al punto 12 della sentenza viene scritto “Ritiene la Sezione che gli appelli principali del signor Cucuzza e del Comune di Ardea vadano respinti, poiché va condivisa la statuizione con cui il TAR ha ritenuto che il candidato Cucuzza andava escluso dal concorso, ai sensi dell’articolo 13 del d. P.R. n. 487/1994, avendo copiato gran parte dell’elaborato della prima prova scritta”) ma, nonostante questo, a causa della rinuncia al posto fatta dal secondo in graduatoria (che si accontenta del solo risarcimento economico. E, a tal proposito, chi pagherà? Le casse comunali, ovvero i cittadini? O solo Cucuzza, di tasca sua?) il dirigente la cui prova andava annullata – come dice l’avvocato del Comune di Ardea Gabriele Di Paolo – può restare al suo posto. “Il Consiglio di Stato ha disposto la reviviscenza degli atti impugnati in primo grado, vale a dire che la graduatoria di dirigente dell’area Servizi alla persona del Comune di Ardea è consolidata e conserva i suoi effetti giuridici. Quindi, resta valida e il dirigente può restare in servizio”, afferma il legale che nel suo comunicato ammette solo che Cucuzza abbia fatto una “prova non originale” e non che abbia copiato e che quindi andava escluso dal concorso.

Il punto adesso è questo: potrebbe nuocere all’immagine del Comune di Ardea avere come dirigente una persona che andava esclusa dal concorso perché ha copiato il compito, e quindi si è comportata in maniera non corretta e non conforme alle regole? Che “biglietto da visita” può essere tale precedente?

Il Consiglio di Stato ha fatto quello che la legge consentiva, vista la rinuncia di Giovinazzo al posto di dirigente, ovvero mettere in evidenza che effettivamente la prova era da annullare perché frutto di una copiatura, ravvisando addirittura la possibilità del plagio, rimandando al Tar e a Giovinazzo la parte relativa al risarcimento del danno e concludendo con un “Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa”.

Vorremmo capire se ora il Comune (autorità amministrativa che deve eseguire la sentenza?) farà “finta di niente”, se spiegherà qualcosa ai cittadini indignati nei confronti di quanto accaduto, se prenderà qualche provvedimento a tutela della sua immagine, che di certo da questa storia non ne esce molto bene. Perché, se tutto resta uguale, “questa storia” insegnerà ai giovani che è inutile studiare e impegnarsi per essere i più bravi: basta essere i più furbi. E che non basta essere “scoperti” a fare qualcosa di disdicevole per essere cacciati, quindi – cari ragazzi – provate pure a prendere qualsiasi scorciatoia, anche non lecita o comunque non moralmente accettata, pur di ottenere quello che volete a discapito degli altri: probabilmente vi andrà bene. Questo è l’insegnamento che arriva da questa storia.

Che il “docente” di questa lezione sia lo Stato, il Tribunale Amministrativo, il Comune o chiunque altro non importa, in questo caso abbiamo perso tutti qualcosa: la fiducia.

Da direttore di questa testata vorrei aggiungere una cosa: la querela a un giornalista, per diffamazione o per danno d’immagine, può essere fatta solo quando ci sono davvero i presupposti, ovvero la falsità della notizia. La libertà di stampa è tutelata dalla legge e ora, proprio a causa delle troppe istanze infondate, i giudici hanno iniziato a “colpire” gli autori delle “querele facili” che hanno in realtà solo lo scopo di intimidire il giornalista (il quale troppo spesso non ha la copertura economica per sostenere le spese legali: occorre comunque nominare un difensore, anche se poi il giudizio è a lui favorevole o in caso di archiviazione da parte del giudice) con condanne nei confronti del querelante, come si può leggere in questo articolo.

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