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Emergenza abbandono scolastico

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Secondo una recente ricerca di Save The Children  il 12,7% dei minori non arriva al diploma delle superiori perché abbandona precocemente gli studi. Una situazione preoccupante che posiziona il nostro paese fra gli ultimi posti in Europa. Su questo tema abbiamo intervistato il dirigente di una fra le più rinomate scuole private a Pistoia.

Dott. Oriandoli, secondo lei perché l’Italia ha una percentuale di abbandono scolastico tra le più elevate in Europa?

“Le ragioni sono molteplici: innanzitutto scarsi investimenti nell’istruzione a partire dalle prime classi del percorso educativo pubblico. Da tempo siamo a conoscenza che classi troppo grandi, per esempio, impediscono ai docenti di dare a tutti gli studenti la giusta attenzione. A rimetterci sono coloro che avrebbero bisogno di maggiore “cura didattica”. In sintesi direi poco supporto ai bambini e agli adolescenti con difficoltà di apprendimento.

Infine, un sistema di reclutamento dei docenti che non sempre premia coloro che hanno le competenze necessarie a svolgere bene il lavoro di insegnante. Come si può pensare di selezionare i professori con dei test a crocette che tengano conto quasi esclusivamente di conoscenze sulle materie? In realtà bisognerebbe essere in grado di selezionare persone appassionate e motivate. Una delle qualità più importanti per un futuro docente di successo è l’empatia, non la conoscenza enciclopedica”.

In qualità di dirigente, quali azioni possono essere fatte per contrastare questo fenomeno?

“Nel mio istituto accogliamo ogni anno decine di ragazzi e ragazze che rischiano di abbandonare il percorso di studi. Ci raccontano di aver vissuto la scuola pubblica con sofferenza. Spesso le cause di questo dolore sono da rintracciare nelle pessime relazioni con i docenti o con i compagni di classe. Sto parlando di adolescenti sommersi da stress e ansia legati alla frequentazione della scuola. Queste fragilità non vengono capite dai professori e di conseguenza i ragazzi si allontanano. Il primo passo da compiere dovrebbe essere quello di creare una scuola più umana e accogliente”.

Può essere più preciso?

“L’istituzione scolastica dovrebbe imparare a comprendere i propri studenti, collaborare con loro creando un clima positivo e utile alla formazione di ciascuno. C’è un motivo per cui il Centro Studi Michelangelo è diventato il punto di riferimento fra le scuole private a Pistoia. La buona notizia è che questo approccio può essere applicato a qualsiasi scuola con buona volontà. Innanzitutto i nostri docenti amano stare con i ragazzi. Il loro obiettivo è aiutarli, non mettere loro i bastoni fra le ruote.

La didattica deve essere calibrata perché ogni studente è differente. Per cui noi adulti dovremmo rispettare i loro tempi e comprendere le difficoltà di chi è più fragile. E poi tutta questa enfasi della scuola pubblica sulle procedure, la burocrazia e le prove di verifica non fanno bene perché trasformano gli alunni in numeri anziché considerarli persone”.

Quindi i ragazzi non hanno alcuna responsabilità?

“Al contrario, hanno una grande responsabilità: sono loro che compiono le scelte che li riguardano. Ed è importante che lo capiscano affinché possano crescere. Noi adulti però abbiamo il dovere di aiutarli. Dobbiamo scendere qualche gradino, ascoltare le loro necessità e adeguare le nostre azioni”.

Qual è il ruolo degli insegnanti allora?

“Vede, normalmente nella scuola ci sono ragazzi che hanno ottimi rendimenti ed altri che invece non riescono. Di solito le energie sono rivolte a coloro che già ottengono buoni risultati, mentre gli altri sono etichettati come svogliati o problematici. Questo è il modo con cui alcuni docenti “lavano la propria coscienza”. Un adolescente che non si sente compreso e motivato, non avrà grandi possibilità di miglioramento”.

Quindi nella pratica, come propone di agire?

“Innanzitutto non possiamo chiudere gli occhi davanti alle differenti necessità dei ragazzi. C’è chi ha bisogno di riacquisire fiducia, chi chiede maggiore tempo nelle verifiche, chi sta attraversando un periodo difficile. Insomma, se i docenti trattano gli studenti come se fossero tutti uguali, il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi in molte scuole: disastroso”.

Tutto qui? Non c’è altro?

“C’è molto altro, ma questo è sicuramente il migliore punto di partenza per intervenire sul problema dell’abbandono scolastico”.

 
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