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Giornata mondiale del Gatto, ne scriveva già Adriano Augusto

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Oggi ricorre la Giornata Mondiale del del Gatto.

In tempi di social net-work, dove il peloso baffuto è tra gli animali più famosi e “cliccati” in assoluto, troviamo l’hashtag, subito diventato di tendenza sui social, #worldcatday e in Italia #giornatamondialedelgatto. E così, oggi più che mai, trionfano i gatti, con le pose, talvolta smorfie o tenerezze

gatti-bellissimiEssa venne istituita nel 1990, su proposta della giornalista gattofila Claudia Angeletti che organizzò un referendum tra i lettori della rivista “Tuttogatto” per stabilire il giorno da dedicare a questi animali.

La proposta vincitrice fu quella del 17 febbraio perché:

  1. febbraio è il mese dell’Acquario, segno degli spiriti liberi, indipendenti e anticonformisti esattamente come i dei gatti, che non amano sentirsi oppressi da troppe regole; 2. tra i detti popolari febbraio veniva indicato come “il mese dei gatti e delle streghe”; 3. il numero 17, nella nostra tradizione, è sempre stato ritenuto un numero portatore di sventura, esattamente come si pensava in passato per i gatti. Questa poco edificante fama del numero 17 deriva dall’anagramma del numero romano: da XVII si trasforma in “VIXI” ovvero “sono vissuto”, cioè “sono morto”. Ma per il gatto questo non vale, visto che, per leggenda, può esso vanta la bellezza di sette vite. Allora il 17 diventa quindi “1 vita per 7 volte”!

Il gatto, feles in latino e  ailouros, in greco, giunse a Roma più tardi che non in Grecia, così come testimoniano reperti degli etruschi di piccole statue in pietra.

Naturalmente, come ben sappiamo, il successo del gatto tra il popolo romano fu decisamente inferiore rispetto a quello che ebbe tra gli egizi, che arrivarono ad una vera e propria venerazione del felino domestico.

Del resto, i romani erano più propensi per animali di cui ammirare la forza e la mole. Come erano appassionati di combattimenti, scommesse e di arene, essi si dedicavano alla cura di felini come tigri e leoni.

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Ma quando vi fu l’incontro del popolo dei Cesari con quello dei faraoni, i primi immediatamente si legarono all’animale e cominciarono a portarlo in Italia, fino a quando la bestiola non divenne diffusa.

Una nota che si legge nei testi riportanti le tragiche eruzioni che polverizzarono Pompei ed Ercolano, non risultano presenze del micio negli scavi e si esclude che nelle antche città partenopee esso non fosse arrivato. Ciò che si pensa è che i gatti riuscirono a salvarsi per primi ai primi segnali di quella che fu una catastrofe epocale.

Già in epoca romana si scriveva sui gatti. Così fece anche l’imperatore Ottaviano Augusto, nel 10 a.C. dedicando qualche riga alla sua gatta “La mia gatta dal pelo lungo e dagli occhi gialli, la più intima amica della mia vecchiaia, il cui amore per me sgombro da pensieri possessivi, che non accetta obblighi più del dovuto… Mia pari così come pari agli dei, non mi teme e non se la prende con me, non mi chiede più di quello che sono felice di dare… Com’è delicata e raffinata la sua bellezza, com’è nobile e indipendente il suo spirito; com’è straordinaria la sua abilità di combinare la libertà con una dipendenza restrittiva..”

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Dopo il primo secolo d. C. il gatto era già diffuso in tutta Europa, grazie allo sviluppo dell’agricoltura, ma senza beneficiare dei favori goduti dai mici dell’Antico Egitto.

Marina Cozzo

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