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Lui, lei e l’altra: il nuovo racconto di Nicola Genovese

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Eccoci nuovamente all’appuntamento settimanale con i racconti di Nicola Genovese, autore del romanzo “Il figlio del prete e della zammara”. 

Stavolta il racconto ci porta Oltralpe, nell’aristocrazia francese, dove la delicatezza di madre e figlia stride con l’arroganza e la tracotanza del padre. Ma a volte a prendere le decisioni più giuste ci pensa il destino.

Sono tutti affacciati al balcone della loro casa nobiliare. Guardano una parata militare che sta passando giù sotto per strada.

Ai piedi della donna c’è un piccolo cagnolino, anche lui intento a guardare per strada. Sicuramente c’era qualcosa che lo attraeva. Aveva abbandonato persino la palla che teneva in bocca. Forse era il suono della fanfara militare che precedeva la parata.
Sul lato sinistro una pianta di ortensie.
Ognuno di loro guardava in direzioni diverse.

LEI (ISABEL)
La mamma stava seduta dietro la ringhiera del balcone, come una prigioniera.
Era molto elegante, con un vestito bianco e al collo una medaglia con un viso di donna.
Apparteneva alla sua povera mamma, che gliel’aveva lasciata come ricordo prima di morire.
In mano un ricco ventaglio antico, in seta e madreperla, chiuso.
I suoi occhi erano tristi, fissi, come a cercare un lontano ricordo.
Rivedeva tra le uniformi della parata il suo vecchio amore Adrien, che non c’era più, un ufficiale di cavalleria che era morto durante una battaglia.
L’aveva conosciuto alla festa delle diciottenni. 

Non appena era entrato nel grande salone della festa, i loro sguardi si erano subito incrociati.
Era stata colpita dai suoi occhi intensi e luminosi e dal suo elegante portamento. Si era avvicinato e l’aveva invitata a ballare. L’aveva condotta leggera sulle note del valzer di Strauss.
Avevano ballato tutta la sera, e avevano continuato da soli sul vicino terrazzo. I loro corpi si erano sempre più avvicinati, le loro guance si erano toccate e un lungo bacio aveva unito le loro labbra. Alla fine della festa l’aveva accompagnata alla sua carrozza. Lei l’aveva invitato a salire. Nel lungo percorso che li separava dal suo palazzo, si erano abbracciati e avevano consumato il loro breve incontro d’amore.
Al momento di salutarsi, lui le aveva detto che il giorno dopo sarebbe partito per il fronte. Le dette l’ultimo bacio, con la promessa che quando sarebbe ritornato dalla guerra l’avrebbe sposata. Purtroppo non tornò mai più!
Quello per Isabel era stato il primo e ultimo amore della sua vita. Viveva ancora con quel ricordo…

L’ALTRA (MONIQUE)

La figlia, giovanissima, dall’aspetto fragile, pallida e sofferente. Era ritornata da qualche giorno da un sanatorio. Era stata ricoverata per un anno, per curare la tubercolosi. La mamma ogni tanto la andava a trovare.
La malattia era contagiosa. Poteva vederla solo di là del vetro che separava l’ambiente sterile.
Il padre l’ultima volta che l’aveva vista era quando l’aveva accompagnata per farla ricoverare.
Lì aveva conosciuto un ragazzo affetto dalla stessa malattia. Spesso facevano lunghe passeggiate nel parco del sanatorio. Piano piano la loro amicizia si era trasformata in amore, un sentimento puro, nato dal dolore e dalla solitudine.
Erano sempre insieme e avevano fatto tanti progetti per il loro futuro. Si scambiavano dolci effusioni, limitate a baci e carezze.
Era guarita e, prima di lasciare il sanatorio, l’aveva invitato a casa sua.
Lui aveva risposto che sarebbe venuto, ma non sapeva quando. Viveva fuori città.
Era ansiosa di rivederlo.
Ogni giorno Monique si preparava all’incontro.
Indossava il suo bel vestito bianco, infilava i guanti che nascondevano delle piccole cicatrici, postumi della sua malattia. Metteva in testa il suo curioso cappellino simile a un’ortensia. Apriva il suo ombrellino verde che portava sempre con sé per proteggere la sua pelle bianca e delicata dai raggi solari.
Si affacciava puntualmente al balcone, in attesa che lui arrivasse, ma tutti i giorni restava delusa!

LUI (Michel)
Il padre era un omone con i baffetti, altero, sguardo severo e con una sigaretta sempre in mano.
Pensava solo al suo stato sociale. Viveva da gran signore, nell’ozio più assoluto.
I suoi pensieri giornalieri erano di come trascorrere le serate. Alle sue spalle, nell’ombra, era sempre presente un cameriere con un vassoio pieno di bibite o dessert pronte per essere servite.

Lo seguiva ovunque. Voleva essere servito in tutto e per tutto, anche per vestirsi.
Michel discendeva da una nobile famiglia francese decaduta e senza soldi. Teneva moltissimo al suo titolo di conte: vi si riempiva la bocca…. ma non le tasche!
Aveva sposato Isabel solo per i suoi soldi. Anche lei era di origini nobili, molto ricca e proprietaria terriera.
La loro unione non era stata felice.
A LUI piaceva la bella vita. Era un incallito donnaiolo e frequentava tutti i bistrot e le case a luci rosse.
Tutte le notti le passava fuori di casa e ritornava alle prime ore dell’alba.
Della famiglia non conosceva nemmeno il significato.
Mai una parola affettuosa rivolta alla moglie, né tantomeno un gesto paterno verso la figlia.
Ma ben presto la dolce vita per lui sarebbe finita.
La moglie aveva intenzione di lasciarlo.
Ma il destino ci aveva messo lo zampino.
Da alcuni giorni non riusciva più a condure la sua consueta vita sfrenata.
Aveva iniziato a dimagrire e la debolezza lo costringeva a stare a letto. Sulla sua pelle erano apparse delle macchie rosa, accompagnate da febbre alta.
Michel, pensando che fosse rosalia, andò in ospedale, dove lo ricoverarono nel reparto d’isolamento.
Dopo qualche giorno si manifestarono dolori muscolari e articolari seguiti di disturbi neuro-psichiatrici.
Il decorso fu infausto… e ben presto lo portò alla morte.

Nicola Genovese

Il romanzo di Nicola Genovese “Il figlio del prete e la zammara” è reperibile su Ibs libri, oppure richiedendolo direttamente all’editore Aulino Tel.3284793977 oppure via e-mail:info@Aulinoeditore.it

 

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