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Qual è l’unico acquedotto di Roma Antica rimasto ancora in funzione?

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La descrizione del funzionamento degli acquedotti romani, con un passaggio su quello dell'Aqua Virgo, l'ultimo in funzione.

La tecnica della canalizzazione

È una tecnica ingegneristica ante litteram, stupefacente rispetto ai mezzi dell’epoca. La canalizzazione permetteva di convogliare le acque di una fonte fino a 16, 17 chilometri da Roma. Una distanza immane rispetto alla sua datazione; poteva essere sia interrata che sospesa. Come, ad esempio, per l’acquedotto romano dell’Acqua Appia, che nel 312 a.C. forniva acque fino ad una distanza dalla fonte di sedici chilometri. Mano mano che si procedeva nella costruzione di un condotto attraverso la collina, si scavano pozzi. Ciò permetteva agli operai romani di tenere sotto controllo il grado di inclinazione; questione fondamentale. Perché l’acqua viaggiava banalmente sfruttando la forza di gravità. Poi però bisognava pensare di sostenere i condotti, specialmente in riferimento all’uscita dalle colline. Così venivano realizzati muri di pietra, lungo tutto il percorso verso la città. Non solo; quando il muro di sostegno risultava troppo dispendioso allora si individuava la soluzione nella costruzione dell’arco. Svolgeva la stessa funzione del muro, ma con un minore impiego di materia prima. Degli undici acquedotti che rifornivano la città presso la Roma Antica, ovviamente la maggior parte è stata restaurata in quanto beni culturali. Tra questi ce n’è uno ancora in funzione; è quello dell’Aqua Virgo.

La descrizione del funzionamento degli acquedotti romani, con un passaggio su quello dell'Aqua Virgo, l'ultimo in funzione.
Alcuni resti dell’acquedotto dell’Acqua Vergine

L’acquedotto dell’Acqua Vergine

È l’unico tra gli acquedotti dell’Antica Roma ad essere oggi ancora in funzione. Stupefacente se si pensa che sono passati più di venti secoli dalla sua costruzione. Infatti venne inaugurato nel 19 a.C. Le sue acque alimentano ancora oggi parchi, giardini, aiuole e fontane bellissime del centro di Roma. Deve parte della sua longevità soprattutto al suo sviluppo sotterraneo con una profondità superiore ai 40 metri, in alcuni tratti. Nel tratto dei Parioli, infatti, è questa la profondità raggiunta dai suoi canali. Questi sono denominati ‘speco’, specum. È il canale di scorrimento, nel quale l’acqua lentamente procede, avanzando a pelo libero. Non c’è bisogno di pressione ma, come dicevamo, solo della forza di gravità. Questo acquedotto ha origine ha Salone, al chilometro 12 dell’attuale via Collatina; è qui che si trovano le antiche sorgenti dell’Acqua Vergine. Termina il suo percorso esattamente presso il civico 1 di via della Stamperia. È causa della sua ultima tappa: l’alimentazione della Fontana di Trevi, con un getto di 120 litri al secondo. Il serbatoio sopraelevato è chiamato Volturno, dall’omonima via in cui fu realizzato, con una capacità media di circa mille litri per metro cubo. I liquidi sono distribuiti a pressione presso Stazione Termini, nei rioni Esquilino e Viminale. Oltre a rifornire molti altri luoghi dall’impatto artistico importante. Le bocchette di innaffiamento venivano utilizzate anche in passato per il lavaggio delle strade.

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