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Fiumicino: gli sciacalli della beneficenza

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pacchi alimentari

In questo periodo di crisi aumentano, si sa, le persone che non hanno le risorse per soddisfare anche i bisogni primari. Purtroppo qualcuno approfitta della situazione. E senza farsi troppi scrupoli, signore e famiglie apparentemente “per bene” si sono messe ad offrire ad amici e conoscenti i pacchi alimentari ottenuti dalle associazioni di beneficenza per rivenderli.

È accaduto anche ieri a Fiumicino, dove un pacco alimentare reperito presso una associazione di volontariato è stato offerto addirittura in privato, con una telefonata, a 20 euro.

Non è la prima volta che succede, secondo alcune testimonianze. “Sicuramente la signora non ha comprato quelle cose per poi rivenderle, è evidente – ha commentato un’utente via Facebook – Quindi le sono state date. Da chi? Perché? Da dove arrivano? Chi fa uscire cibo senza controllare le reali necessità delle persone? Ecco, credo sia questo il punto”. “Purtroppo – conclude la donna – finché non si denuncia, il cibo continuerà a fare questi strani giri e molte persone che ne hanno veramente bisogno, continueranno a fare fatica”

Già lo scorso anno l’iniziativa del Comune di Fiumicino di sostituire agli accrediti sulle PostePay o, in alternativa ai voucher, i pacchi alimentari, aveva suscitato non poche polemiche in relazione alla mancata trasparenza dell’iniziativa.

“A seguito delle politiche governative e regionali con stanziamento nelle casse comunali di fondi per la sussistenza alle famiglie più in difficoltà (se non abbiamo fatto male i conti, circa 850.000 euro), e a seguito della tanto discussa scelta del Sindaco di distribuire i pacchi alimentari invece dei buoni spesa, pensiamo sia utile ricevere alcune delucidazioni”, così si era espresso Orazio Azzolini, presidente del Circolo Energie Per Fiumicino.

“Non vogliamo entrare in sterili polemiche – aggiungeva Azzolini – però pensiamo sia giusto far chiarezza e informare i cittadini sulle motivazioni che hanno spinto il primo cittadino, e l’Amministrazione, a effettuare questa scelta in disaccordo con la stragrande maggioranza degli altri Comuni italiani che, invece, hanno optato per la distribuzione dei buoni spesa. In particolare – stigmatizzava ancora Azzolini – vorremmo approfondire due punti per rendere più trasparente il tutto. In primis, sarebbe giusto informare se le associazioni che stanno effettuando tali servizi siano a titolo di volontariato (non vorremmo che eventuali somme per la gestione dei servizi fossero sottratte ai fondi destinati all’emergenza, riducendo quindi il numero di famiglie aiutate) e se le stesse siano state scelte dall’Amministrazione e ovviamente con quali criteri”.

E poiché, come si suol dire, l’occasione fa l’uomo ladro (in taluni casi anche la donna) la scelta del primo cittadino ha offerto a molti il destro per illeciti che certo non sta a noi giudicare. Ma che fanno ipotizzare – accanto all’innegabile reato di truffa – la necessità di rivedere con maggiore attenzione politiche sociali sempre più discutibili e carenti.

Rosanna Sabella

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