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Maxi operazione contro il caporalato sul territorio pontino: braccianti sfruttati e malpagati, nove indagati

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Maxi operazione contro il caporalato nelle campagne del territorio pontino. Un blitz che ha interessato alcune aziende agricole dislocate tra Terracina, Fondi, Monte S. Biagio, Sabaudia S. Felice Circeo e Maenza. L’indagine era partita da tempo, esattamente dal 2018, quando  a seguito di una protesta, del tutto pacifica, da parte di alcuni immigrati, ospiti di alcuni Centri di Accoglienza Straordinaria, era stata richiamata l’attenzione sulle condizioni di sfruttamento a cui erano sotto posti e sui soggetti che ne ricavavano lauti guadagni grazie alla loro manodopera

Oggi dunque è scattata l’operazione: sul campo il personale dei Commissariati di Polizia di Terracina e Fondi che hanno dato esecuzione a misure cautelari personali e reali emesse dal G.I.P. presso il Tribunale di Latina. L’intervento ha visto la presenza anche del Reparto Prevenzione Crimine Lazio e supportata da un elicottero del 1° Reparto Volo di Pratica di Mare.

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Caporalato in Provincia di Latina

Gli approfondimenti investigativi hanno permesso dunque di accertare l’esistenza di pratiche del tutto illegali nella filiera agroalimentare e di smascherare le illecite attività di intermediazione e lo sfruttamento del lavoro nelle campagne pontine. Gli elementi probatori acquisiti hanno consentito di documentare situazioni di sfruttamento che riguardano circa 100 lavoratori agricoli, ma che, per la vastità e sistematicità messa in campo dagli indagati, costituiscono il campione di un ” sistema” potenzialmente in grado di essere replicato su vasta scala nello sfruttamento degli immigrati, tra i quali si annoverano anche soggetti richiedenti protezione internazionale.

Tra i nove soggetti indagati, sette sono imprenditori e soci di aziende agricole operanti sul territorio pontino, mentre altri due indagati sono di origine straniera. Il gip ha quindi disposto la misura del controllo giudiziario di cinque aziende agricole, nominando un amministratore giudiziario che affiancherà i titolari delle aziende per garantirne una conduzione conforme alle leggi, senza ricadute negative per l’occupazione e l’economia legale.

Mentre, nei confronti dei due indagati di origine straniera, che rappresentavano il collegamento tra gli immigrati e gli imprenditori, è stata emessa la misura cautelare coercitiva del divieto di dimora nella provincia di Latina. L’ articolato modus operandi emerso dalle indagini ha evidenziato una nuova metodologia di sfruttamento, perfezionata per eludere i controlli delle forze dell’ordine a seguito di precedenti analoghe indagini condotte sul territorio.

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Come vengono sfruttati gli immigrati con il caporalato

Il sistema portava gli imprenditori ad avvalersi di stranieri per il reclutamento ed il trasporto dei braccianti, che venivano ingaggiati tra gli immigrati di origine indiana e bengalese, da impiegare anche come caporali sui campi di lavoro. Gli indagati sopperivano alle reciproche esigenze di manodopera facendo trasportare gli stranieri da un campo all’ altro, stipati sui furgoni in quantità che è risultata essere doppia se non addirittura tripla rispetto al numero  consentito, mettendone concretamente a rischio l’incolumità.

Mirati controlli operati per acquisire elementi a riscontro dell’ipotesi investigativa hanno consentito di accertare la rotazione itinerante dei braccianti agricoli che venivano assunti “in quote” ripartendoli tra le Aziende agricole. Per ogni bracciante venivano redatte buste paga ad hoc con somme esigue che si discostavano notevolmente dalle prestazioni effettive rese. In buona sostanza emergeva che, tra le varie casistiche analizzate, per ogni singolo la voratore, si configurava un indice di sfruttamento economico.

Le prestazioni lavorative, contrariamente a quanto previsto dal CCNNLL, venivano infatti calcolate a cottimo, a fronte di una giornata lavorativa dall’ alba al tramonto. Nessuna maggiorazione salariale era corrisposta in caso di straordinario o di lavoro nei giorni festivi, mentre i giorni di ferie e la malattia erano contemplati come astensione volontaria dal lavoro e pertanto non retribuiti.

 

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