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Traffico di esseri umani e caporalato nella provincia di Latina: i rapporti tra mafie pontine e mafie indiane

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Il Tribunale di Latina il 14 luglio 2021 ha confermato l’associazione per delinquere di stampo mafioso per il clan Di Silvio ricostruendo uno scenario criminale caratterizzato, a partire dal 2010, da una sanguinosa egemonia che per anni ha rappresentato una reale minaccia per la vita politica, economica e sociale della provincia pontina.  La sentenza ha fatto emergere la natura criminale del sodalizio dei Di Silvio e ha accertato che il clan era attivo, per un verso, nella gestione di numerose attività di natura estorsiva, consumate in gran parte in danno di imprenditori, commercianti e liberi professionisti, per altro verso, nel settore del traffico delle sostanze stupefacenti, in quello del traffico di esseri umani e del caporalato. Il nostro articolo si vuole concentrare su quest’ultimo aspetto.

Le relazioni tra mafie pontine e mafie indiane

Partiamo da un dato. Nella provincia di Latina il numero di indiani censiti al 2020 sono, secondo l’Istat, 10.741. In realtà sarebbero molti di più. Secondo alcuni studiosi (cfr. Omizzolo) almeno il doppio. Un numero che comunque non può che far scaturire alcune considerazioni a chi è esperto di dinamiche inerenti la criminalità organizzata. Nel settore agroalimentare pontino esiste un sistema di reclutamento di tipo organizzato. Per il consolidamento di una simile organizzazione occorrono relazioni tra crimine organizzato, politica e imprenditoria. Questo ovviamente non solo a livello locale. Occorrono accordi anche tra le mafie locali e quelle indiane.

Molti cittadini dell’India reclutati con inganno nel loro Paese sono convinti di arrivare nella provincia di Latina e lavorare regolarmente nei campi dell’agro pontino. Quando approdano qui invece li attende una vita in condizioni di grave sfruttamento e schiavitù. Parliamo di esseri umani che sono retribuiti dai due ai tre euro l’ora anche per sedici ore al giorno a fronte dei nove euro lordi l’ora per le sei ore di lavoro previste da un regolare contratto di lavoro. Dietro questi affari illegali ci sono le mafie e un sistema di traffico internazionale di esseri umani che garantisce loro ingenti profitti. I rapporti tra i clan dominanti a Latina e quelli in India sono spesso tenuti da imprenditori collusi o da politici corrotti.

I tre principali gruppi criminali indiani, il “Dawood Ibrahim Gang”, il “Chhota Rajan Gang” e il “Babloo Shrivastava Gang” sono le tre organizzazioni mafiose che gestiscono prevalentemente il traffico illegale di cittadini indiani. Il commercio di esseri umani dopo quello della droga è il crimine transnazionale più redditizio tra gli affari più loschi delle mafie. L’India è sia un Paese di origine, sia di destinazione della tratta di esseri umani. Il sistema indiano “Hawala” o “Hundi” è utilizzato anche nella provincia pontina per trasferire il denaro sporco attraverso canali non ufficiali, normalmente al di fuori dei canali bancari utilizzati dagli uomini d’affari. 

Sistema consolidato grazie alla complicità tra mafia e professionisti

L’uso dei metodi investigativi tradizionali per combattere la criminalità organizzata transnazionale è inefficace nella lotta contro questo tipo di crimini. Le mafie pontine con l’aiuto della ‘ndrangheta e della camorra hanno creato un sistema di potere transnazionale perfettamente organizzato, composto di rapporti internazionali tra India e Italia anche attraverso le complicità di tanti professionisti, sindacalisti, ispettori del lavoro, pubblici funzionari che consentono a questo sistema di funzionare e di garantire arricchimento per tutti i soggetti coinvolti.  La filiera agricola resta dunque una vocazione originaria per le mafie locali che oltre a sfruttare esseri umani è utilissima anche per riciclare denaro sporco soprattutto con l’accaparramento di fondi dell’Unione europea. C’è ormai un consolidato sistema di sfruttamento dei lavoratori che obbliga migliaia di braccianti, soprattutto indiani, a vivere condizioni di schiavitù e disumanità. Molte aziende sfruttano prestanomi e teste di legno, ma in realtà queste imprese appartengono di fatto a vari clan mafiosi egemoni nella zona. Il Pontino risente della presenza delle famiglie sinti come i Di Silvio e i Ciarelli, ormai radicati nel territorio. Va evidenziato, tuttavia, che senza importanti referenti istituzionali questi clan mafiosi non potrebbero mai avere il potere che hanno attualmente. Di questi nuovi clan fino a pochi anni fa non se ne conosceva nemmeno l’esistenza, oggi, invece, se ne parla come di “mafia”. Il punto è che se oltre la loro forza criminale non si colpisce anche il livello politico istituzionale e imprenditoriale a Latina difficilmente le cose potranno cambiare. Le mafie sono sempre più potenti perché ottengono legittimazione politica, economica, sociale e culturale. Fino a quando questo tipo di mafia non sarà riconosciuta come un cancro da estirpare, la criminalità organizzata non sarà mai sconfitta.

Vincenzo Musacchio, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA) e ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera, il giurista è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80. 

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